Qualche settimana fa vi abbiamo raccontato del (mancato) supporto che forniscono le nostre istituzioni alla musica italiana che cerca di farsi ascoltare anche all'estero. Persi tra vari siti istituzionali, molti dei quali dei veri e propri reperti archelogici di internet, siamo finiti ad un certo punto sul sito della Discografia Nazionale della Canzone Italiana e ci siamo trovati un po' disorientati.
Con un'indimenticabile grafica bianco-arancione, già vecchia anche per essere di dieci anni fa, il portale sembra una sorta di grotta dell'Internet strapiena di informazioni su migliaia di opere di musica leggera italiana. Fa più o meno l'effetto che fa andare in cantina dalla nonna e inciampare nello scatolone dei 45 giri, trovandosi all'improvviso circondati dai faccioni impolverati di Dalida e Rita Pavone.
(La grafica della homepage della Discografia Nazionale Italiana)
Il sito è uno dei cataloghi monografici dell'Istituto Centrale per i Beni Sonori ed Audiovisivi, l'ente che dal 2008 ha preso il posto della Discoteca di Stato (che non è dove vanno a ballare i deputati, no). L'ICBSA è un archivio con sede a Roma in cui si "documenta, valorizza e conserva il patrimonio sonoro e audiovisivo nazionale", nato per legge nel 1928 per l'impegno del cantante Rodolfo De Angelis (un simpaticone noto nel mondo del teatro e del futurismo, compositore di canzonette di questo tipo) e arrivato fino ad oggi attraverso vari aggiornamenti di compiti e persino una momentanea soppressione nell'ambito della Spending Review del 2012, poi ritirata in seguito a una mobilitazione.
L'Istituto conserva oltre 450.000 supporti, dai cilindri di Edison agli ultimi supporti digitali. Si tratta insomma della memoria audio dello Stato Italiano, che mantiene per il futuro le voci di Marconi, di Cadorna, di Battisti e di qualsiasi artista che, per legge, deve depositare presso un ente statale una copia di ogni prodotto artistico appena inizia a distribuirlo.
La Discografia Nazionale attinge a questo patrimonio (ma anche alle Teche Rai, a quanto pare) per stilare una lista di tutte le informazioni catalogabili sulle opere degli artisti italiani, in un'ottica retrospettiva. Ma chi c'è dietro a questo enorme lavoro che, a giudicare dalla home, sembrerebbe fermo da parecchio tempo?
Massimo Pistacchi, presidente dell'ICBSA, ci ha confermato che il progetto è vivo e vegeto, e anzi continua a servire a chi deve svolgere ricerche. Il sito della Discografia Nazionale non è stato accantonato come pensavamo, e il lavoro di aggiornamento prosegue piano piano, compatibilmente con la disponibilità del responsabile dietro a tutto questo: Luciano Ceri, che non lo fa per lavoro, perché al momento è impiegato in una scuola.
Cosa c'entra un collaboratore scolastico con uno degli archivi musicali più importanti d'Italia? Ceri, in realtà, ha un rapporto stretto con la musica leggera: oltre ad esserne un grande esperto (ha scritto un libro sul beat, una discografia commentata di Battisti, è giurato del Premio Ciampi), è egli stesso un musicista. Ha fatto parte negli anni '70 di una band chiamata Grosso Autunno, che ha esordito al Folkstudio di Giancarlo Cesaroni e ha pubblicato due dischi per la EMI, in seguito a un contatto inziale con la RCA tramite Edoardo De Angelis, produttore di Francesco De Gregori. Dopo i Grosso Autunno Luciano ha continuato a frequentare il Folkstudio e nel 1987 ha pubblicato un disco solista, "Corrente del Golfo".
Abbiamo deciso di contattarlo per capire come si fa a passare dal Folkstudio ai corridoi di una scuola pubblica, e da una scuola alla gestione della Discografia Nazionale.
Salve Luciano, ci può spiegare come è iniziata la collaborazione con l'Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi?
È iniziata dopo la scomparsa di Giancarlo Cesaroni, che era l'ideatore e conduttore del Folkstudio. Io facevo parte di un gruppo di suoi amici che lo avevano seguito e, all'indomani della sua scomparsa, si pose il problema di cosa fare dell'archivio che aveva lasciato, che è un archivio di registrazioni sonore, di dischi personali della sua collezione, di audiocassette, di manifesti. Si decise di donare tutto alla Discoteca di Stato (che allora si chiamava ancora così) in modo da poterne poi permettere una fruizione da parte del pubblico. Io fui incaricato dalla Discoteca di seguire il trasferimento dai nastri analogici al formato digitale di tutto il materiale audio, in modo da costituire un fondo che è a tutt'oggi disponibile; quindi chi voleva ascoltare parte di quei concerti (perché naturalmente non c'è la testimonianza di proprio tutta l'attività del Folkstudio in quei nastri) avrebbe potuto farlo, cosa che è avvenuta e ancora adesso è in essere. Dopodiché, con l'occasione, ho conosciuto delle persone all'interno della Discoteca di Stato, soprattutto il direttore Massimo Pistacchi, al quale presentai questo progetto della Discografia Nazionale, che lui sposò con grande entusiasmo. Quindi chiesi al Ministero della Pubblica Istruzione (io lavoravo a scuola in quel periodo) un comando per poter lavorare al Ministero dei Beni Culturali, dal quale dipende la Discoteca di Stato, e così è iniziata l'avventura della Discografia Nazionale.
Con che fine è nata la Discografia, e con quale idea l'ha iniziata?
È un'opera utile non soltanto a chi ricerca, ma anche a chi si diletta, per puro piacere, nel seguire le vicende della discografia nazionale della canzone italiana. È nata perché c'è un'associazione europea che si chiama IASA (International Association of Sound and Audiovisual Archives), che raggruppa tutti gli archivi sonori nazionali delle varie nazioni europee, di cui fa parte anche l'Italia con l'ICBSA. Tra le raccomandazioni che la IASA fa ai suoi associati, c'è quella di curare una discografia nazionale corrente e retrospettiva. La discografia nazionale corrente è data, in realtà, dal catalogo della Discoteca di Stato, perché - come molte altre istituzioni analoghe europee - la Discoteca ha il diritto di deposito. È la stessa cosa che avviene con i libri: una casa editrice, una volta che pubblica un libro, deve depositare copia alla Biblioteca Nazionale. Così funziona anche per i prodotti audiovisivi: una qualsiasi azienda che produce audiovisivi (quindi CD, DVD e altri formati in cui si registrano immagini o suoni), ha l'obbligo, prima di pubblicare, di depositare tutto presso l'Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi. Questo materiale viene catalogato e quella costituisce la discografia nazionale corrente.
Mancava, invece, una discografia nazionale retrospettiva che cercasse di trattare il percorso delle pubblicazioni discografiche in Italia. Ci eravamo resi perfettamente conto che fosse un'impresa molto impegnativa, però ci siamo anche detti che se non avessimo cominciato subito, non ci saremmo mai riusciti. Il direttore Pistacchi ha sempre continuato ad appoggiare l'iniziativa e adesso siamo arrivati a quasi 10 anni di attività, tra varie difficoltà di contributi perché, come spesso succede, le istituzioni culturali sono state un po' colpite dai tagli della spesa pubblica; ogni anno siamo riusciti tuttavia ad avere un finanziamento che consentisse l'attività di rilevazione dei dischi e di pubblicazione sulla Discografia Nazionale. È nata, indubbiamente, da un interesse per la materia, ma anche da un compito preciso che un archivio sonoro nazionale ha, che è quello di documentare la produzione discografica.
(Gianni Meccia, l'interno di "Io, chi sono io?")
Quante persone lavorano con lei alla discografia e in cosa consiste il vostro lavoro?
La rilevazione dei singoli supporti (i singoli dischi a 45 o a 33 giri, o anche nei rarissimi formati di 16 o 78 giri, ancora più vecchi) è stata fatta fino ad ora sfruttando, in parte, il materiale depositato presso la Discoteca di Stato, che purtroppo non riceveva dalle case discografiche tutto ciò che si produceva non essendoci prima una legge sul deposito legale: le case discografiche erano obbligate a fornire il materiale soltanto su richiesta della Discoteca e non avveniva spesso che queste richieste venissero estese a tutto il materiale pubblicato. Quindi è stato necessario appoggiarsi anche a una rete di collezionisti che potessero garantire la documentazione dei dischi pubblicati.
Nel sito c'è una parte amministrativa a cui possono accedere i rilevatori, c'è un form di inserimento dei dati e ogni disco viene rilevato con le informazioni richieste: i titoli, le matrici (che è un elemento molto importante per definire esattamente il fonogramma, cioè la canzone o il disco di cui ci stiamo occupando) e poi gli autori, gli arrangiatori... insomma una serie di informazioni che possano essere il più complete possibili per documentare quel singolo supporto che ogni rilevatore ha davanti.
Anch'io ho fatto una parte delle rilevazioni, però mi sono occupato soprattutto di coordinare tutta l'attività e di assegnare ai vari collaboratori, o al personale che ha lavorato sulla collezione della Discoteca di Stato, i dischi da rilevare. È così che si è costruito questo insieme di supporti: siamo arrivati quasi a diecimila dischi schedati, ed è un buon risultato. Avremmo potuto fare di più, ma ci sono stati problemi di finanziamento che hanno un po' rallentato, senza mai fermare, il percorso. Anche da un punto di vista di fruizione la cosa ci ha sempre gratificato come ritorno, perché è vero che si tratta di un sito specializzato, ma è consultato non soltanto in Italia, dove avviene la maggior parte delle consultazioni online, ma in tantissimi paesi del mondo. Quotidianamente ci sono collegamenti dai paesi che tradizionalmente sono attenti alla realtà della musica leggera italiana e quindi il Giappone, la Francia, la Spagna, la Germania, gli Stati Uniti d'America soprattutto, ma anche altri paesi europei ed extraeuropei, come testimoniano i metodi d'analisi per i flussi sul sito. Immagino che molti siano studiosi ma anche semplici appassionati o fan di determinati cantanti alla ricerca di informazioni sul loro cantante preferito.
Il vostro lavoro si basa dunque sui finanziamenti che arrivano all'ICBSA dallo Stato?
C'è il bilancio annuale dell'Istituto dal quale si estrapola una somma che è destinata a pagare i rilevatori e portare avanti il progetto, quindi sì. I finanziamenti ci sono sempre stati, in alcuni anni minori in altri maggiori, adesso stanno ricominciando con un po' più di consistenza. Insomma, finché la direzione sposa il progetto, certo andremo avanti... mi auguro che anche nel caso in cui il direttore dovesse passare di mano la direzione, il suo successore sia favorevole al progetto. Penso di sì, visto i buoni risultati finora avuti.
C'è una periodicità nell'aggiornamento dei dischi?
No, l'aggiornamento è continuo, perché quando arriva un finanziamento parte la nuova stagione di rilevazione e appena finisce quello ce n'è subito un altro, quindi finora non ci sono state interruzioni. Tra un affidamento e un altro, tra uno stanziamento e un altro, ci sono dei meccanismi burocratici per cui può passare un mese, un mese e mezzo, però poi il lavoro procede giornalmente.
Il principale difetto del sito è la veste grafica, decisamente obsoleta. È in vista un aggiornamento?
Della grafica se ne è occupata una persona, non propriamente il webmaster... la persona che si occupò di ideare la maschera grafica con cui appariva sul sito pubblico il formato di immissione dati. Sì forse probabilmente bisognerebbe aggiornarla, curare un nuovo aspetto grafico. Per ora non se ne è parlato ma non è escluso che se ne parli nei prossimi mesi. Finora abbiamo cercato soprattutto di andare avanti a documentare la presenza dei supporti.
Cosa pensa possa fare lo Stato, anche attraverso enti come l'ICSBA, per valorizzare il patrimonio culturale che costituisce la canzone italiana? Magari non solo in un'ottica di conservazione, ma anche di valorizzazione e di supporto alla nuova musica italiana
Sicuramente potrebbe prendere esempio dalla Francia dove la valorizzazione della canzone francese avviene a vari livelli: sia attraverso una parte di finanziamento delle attività che producono musica, che producono canzoni, sia attraverso una serie di vincoli per permettere alla canzone di essere presente nella programmazione radiofonica delle reti nazionali, o creando vetrine - anche internazionali - attraverso le quali far conoscere la canzone. Non è necessario andare oltralpe, basterebbe interessarsi al modello che, per esempio, ha costruito in questi ultimi anni una realtà come il Puglia Sounds, che è diventata una specie di agenzia per la diffusione e la valorizzazione dei musicisti e delle realtà musicali della Puglia. Quella è un'attività meritoria! Oltretutto è un'attività che genera anche un indotto economico, perché non è soltanto un finanziamento a fondo perduto, ma ha saputo creare un circolo virtuoso di contatti, soprattutto internazionali, per cui è sicuramente un veicolo di valorizzazione della realtà musicale pugliese attraverso i generi, dalla nuova musica popolare, alla musica d'autore, al jazz...
Nel frattempo, lei lavora ancora come collaboratore scolastico?
Sì, io sono stato comandato appunto presso il Ministero dei Beni Culturali all'inizio di questo progetto, poi ho dovuto abbandonare il comando, perché sono tornato a scuola. Io lavoro in una scuola, sono dipendente del Ministero della Pubblica Istruzione. Questo comando è stato possibile proprio perché faccio parte dell'amministrazione pubblica, e all'interno di essa è prevista questa possibilità di essere comandati presso un'altra amministrazione. Però ho continuato a seguire il progetto anche al di fuori del Ministero dei Beni Culturali, presso il quale ho prestato servizio per sette anni.
Quindi sì, il mio lavoro è in realtà in una scuola, sono assistente amministrativo, non sono un professore. Poi ho sempre seguito la musica leggera, ho scritto qualche libro, mi sono sempre mosso in quell'ambiente, ho lavorato alla radio, per Radio Rai, per tanti anni, quindi il mio ambito di indagine è sempre rimasto legato alla canzone, alla musica leggera.
Visto che lei ha a che fare da molto con questa realtà, confrontando la situazione discografica degli anni '70 e quella di adesso, quali cambiamenti ha notato?
Be', un po' l'abbandono da parte delle case discografiche del ruolo di talent scout che avevano svolto fino a metà degli anni '80 almeno. Adesso le case discografiche, sono diventate dei centri a cui arrivano proposte produttive dall'esterno, vengono approvate, realizzate e si pubblica. Oppure, come sta facendo Sony in questi ultimi anni, si infilano dentro i talent show e cercano attraverso quelli dei talenti da seguire e produrre. Non c'è più la voglia di seguire e costruire personalmente una scuderia, come avveniva negli anni '70 attraverso i due più grandi poli discografici (quello romano con la RCA e quello milanese con la Ricordi prima e, poi, con il gruppo Phonogram e Messaggeri Musicali).
Soltanto una persona fa questo lavoro ancora ed è Caterina Caselli con la Sugar, che, forse memore dell'esperienza che ha vissuto negli anni '60 e '70, ancora se li va a cercare gli artisti, non aspetta che spuntino da un talent show. Questa è una filosofia che sicuramente ha pagato, perché sono stati rarissimi i flop degli artisti seguiti e curati dalla Sugar di Caterina Caselli. Poi è un giro vizioso utile perché gli artisti della Sugar (sto pensando a Giuliano Sangiorgi dei Negramaro) scrivono canzoni per altri artisti della Sugar, quindi si è ricreata in quel caso, con diverse forme attualizzate, la situazione che si creava appunto quando c'erano la RCA con il suo parco artistico, la Ricordi con il suo e il direttore artistico che non era semplicemente un passacarte che metteva il timbro su una produzione esterna (e questo si fa) ma curava proprio gli artisti in prima persona con un gruppo di autori e produttori che lavoravano per la casa discografica. È questa la differenza fondamentale io credo.
Inoltre c'è il discorso della custodia della memoria, come fa l'ICBSA, che è importante. Purtroppo non altrettanta attenzione alla custodia della memoria e alla conoscenza del passato musicale della canzone italiana viene data dall'informazione radiofonica, dove è sempre più difficile trovare programmi che si occupino con un taglio storico della canzone italiana. Poi purtroppo le case discografiche non hanno mai capito profondamente quanto sarebbe stato importante dedicare più tempo alla ripubblicazione di materiali del passato. Non succede neanche nel momento in cui, per informazione delle stesse, ammettono che il prodotto di catalogo sta vendendo quasi di più del prodotto delle novità. Dovrebbero curare con maggiore attenzione la pubblicazione del catalogo, non limitandosi sempre ai soliti grandi nomi (Vasco Rossi, Lucio Dalla, De Gregori o Venditti), ma includendo anche tanti altri artisti minori comunque validi, che invece non vedono riprodotto né in digitale né in forma fisica il loro lavoro. Sto pensando a un nome come Piero Ciampi, di cui non è stata ripubblicata l'opera omnia, o tanti gruppi degli anni '60 e '70 (aldilà dell'interesse per il rock progressivo che si è tradotto in una ripubblicazione massiccia di quel genere). Per molti gruppi beat o anche cantautori di non chiarissima fama, ma di elevato valore culturale, non è stata messa a disposizione del pubblico la ripubblicazione del materiale. Questa mancanza di attenzione sarebbe bello se fosse colmata in qualche modo, sia dall'informazione radiofonica che da una più attenta valorizzazione del proprio catalogo da parte delle case discografiche.
(Luciano Ceri, Fabrizio Stramacci, Rupert, Ernesto De Pascale. Immagine via)
Dalla chiacchierata con Luciano Ceri abbiamo capito un po' meglio il senso e il funzionamento della Discografia Nazionale: oltre ad una persona interessantissima abbiamo conosciuto un lavoro di catalogazione ufficiale che, con tutti i suoi limiti, serve a conservare e a rendere accessibile la memoria della canzone italiana.
Ma proprio perché uno degli obiettivi di tutto questo lavoro immenso è l'accessibilità al pubblico, non possiamo fare a meno di notare che, oltre che siti obsoleti e malfunzionanti, abbiamo davanti un catalogo scomodamente diviso in due: da una parte la discografia corrente (sul sito dell'ICSBA, dove per cercare qualcosa bisogna cliccare qui, o anche qui... insomma, è tutto un po' dispersivo), dall'altra la discografia retrospettiva (sul sito della Discografia Nazionale). Una divisione che non aiuta di sicuro la consultazione, e che può diventare chiara al pubblico solo dopo una spiegazione dei diretti interessati, come ha fatto Ceri in questa intervista.
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L'articolo Abbiamo incontrato l'uomo dietro la Discografia Nazionale della Canzone Italiana di Pietro Raimondi è apparso su Rockit.it il 2016-04-06 12:34:00
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