Storia dell’Asilo: la cultura che resiste a Napoli

Nel cuore antico della città, un esempio di partecipazione e autogestione. Occupato dal 2012 e istituzionalizzato dall’amministrazione De Magistris, il racconto di un luogo di sperimentazione dove l’arte viene compresa e condivisa. Per provare che un modo diverso di stare al mondo è possibile

L'ingresso dell'Asilo - Ex Asilo Filangieri di Napoli - foto via Facebook
L'ingresso dell'Asilo - Ex Asilo Filangieri di Napoli - foto via Facebook

L’asilo resta uno spazio di cura

Cerchiamo alternative ai sentimenti di colpa e di paura

Non isoliamoci, ma collaboriamo alla creazione di uno spazio di incontro, di lotta e di amore

Con queste parole (affisse a una delle porte d’ingresso), sono stata accolta e introdotta nella storia dell’Ex Asilo Filangieri di Napoli. In città lo chiamano l'Asilo, e sarà con questa semplicità che lo chiameremo anche noi: un luogo essenziale, vitale, diventato nel tempo uno dei centri della cultura e della vita sociale napoletana. Un luogo che avevo già incrociato di sfuggita, quando una decina di giovani si ritrovarono proprio qui, presso l’Asilo, per ricordare Emon Haze, lo stesso giorno in cui venne pubblicato e presentato postumo il suo primo album, L’Anima della Strada.

Foto di Mariasofia Toraldo
Foto di Mariasofia Toraldo

Parte del complesso cinquecentesco di San Gregorio Armeno nel cuore antico della città, dopo il terremoto del 1980 l’Asilo fu abbandonato del tutto. Fino al 2012, quando l’edificio venne occupato da un collettivo di operatori dello spettacolo e della cultura in segno di protesta contro il restauro e nuovo abbandono dei locali che avrebbero dovuto ospitare la sede del Forum delle Culture 2014, mai partito.

Riconosciuto ufficialmente dal Comune di Napoli, dichiarato "luogo di cultura" senza scopo di lucro e come tale restituito alla comunità, dal 2 marzo 2012 l’Asilo è un luogo aperto, di condivisione, di solidarietà, di arte libera e accessibile a tutti e a tutte. Dove la fruizione degli spazi e la programmazione degli eventi avvengono in maniera partecipata e trasparente, ovvero attraverso un’assemblea pubblica di gestione che tende a favorire l’incontro e lo scambio tra gli artisti e chi frequenta e tiene in vita questo luogo. 

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In parte istituzionalizzato dall’amministrazione De Magistris, l’Asilo negli ultimi otto anni si è trasformato in un esempio internazionale nell’ambito dei commons: "Non sappiamo che tipo di posizione assumerà il prossimo sindaco – spiega Fabrizio Elvetico (musicista, insegnante al Conservatorio di Musica G. Martucci (SA) e responsabile musicale dell’Asilo) – e, per quanto la pratica dei 'beni comuni a uso civico' sia molto difficile da attaccare, basta guardare quello che è successo in altre città per sapere che potere e interessi sanno essere ciecamente distruttivi nei confronti delle realtà autogestite, seppur virtuose".

L'autogestione, l'autocostruzione e l'autofinanziamento sono da sempre i principi base su cui si fonda l’Asilo. Connessi a una rigorosa policy relativa all'accesso, secondo cui non è mai escluso nessuno, che si tratti di pubblico o di artisti in prova: "Per esempio, per organizzare gli spettacoli si è sempre mantenuto il criterio del contributo popolare e soprattutto non vincolante", continua Fabrizio.

Comporta fatica e impegno gestire una realtà autonoma e complessa come quella dell’Asilo, senza che nessuno degli abitanti si metta mai in tasca un soldo. E non c’entra Napoli. Il punto è che non ci si può permettere mai di "accomodarsi sugli allori", come dice Fabrizio.

Vista dall'Asilo su Napoli - foto via Facebook
Vista dall'Asilo su Napoli - foto via Facebook

C'è sempre bisogno di nuovi input e arriva il momento in cui ci si chiede se un'impostazione del genere sia alla lunga sostenibile. "Io credo di sì: modalità diverse di stare al mondo sono possibili. Qui non conta essere indipendenti, ma interdipendenti. Solo in questo modo la comunità dell'Asilo si rigenera e mantiene i suoi confini indefiniti", risponde sereno Fabrizio.

Ma chi frequenta l’Asilo? Cosa cerca in questo luogo? Innanzitutto, artisti di ogni genere. Che possono fare affidamento su spazi attrezzati per le arti visive, la musica, il teatro, la danza, il cinema, oltre che sulla cura e l’accoglienza. Poi, studenti e ricercatori. Che, oltre ad animare la biblioteca all’interno della struttura, hanno spesso centrato il loro lavoro proprio sul processo in atto nell'Asilo: "Sono ormai decine gli studi pubblicati nel mondo sull'argomento", spiega Fabrizio.

Oppure giovani che semplicemente attraversano questo luogo per curiosità, e lo frequentano attratti dagli eventi e dalle iniziative che vengono organizzate. Come Mariasofia Toraldo, giovane studentessa che vive vicinissima all’Asilo e ha scattato per noi alcune delle foto che vedete in questo articolo.

Vietta esterna all'Asilo - foto di Mariasofia Toraldo
Vietta esterna all'Asilo - foto di Mariasofia Toraldo

Oppure Gaia Grimaldi, studentessa che fa politica nella città e collabora con la radio universitaria: "Ricordo ancora la prima volta in cui capitai all’Asilo. Era in occasione di un festival che organizzano ogni anno, il Grande Vento, in cui per giorni ci sono installazioni artistiche, performance teatrali e musicali, laboratori di attività artigianali e artistiche di vario tipo. É stata un'esperienza davvero stimolante. L'atmosfera era quasi mistica", racconta.

"L’Asilo è un posto davvero peculiare perché ospita attività di tutti i tipi", commenta Gaia, "dagli sport acrobatici al teatro e la musica, dalle assemblee politiche cittadine, dai laboratori artigianali ad attività di volontariato. É un luogo che vive delle persone che lo attraversano e che hanno voglia di condividere e condividersi".

Per Francesco Caricati, digital artist, producer e rapper 29enne noto come Sigiu Bellettini (parte del progetto Addolorata e del collettivo Hell On Mask), l’Asilo è il luogo dove ha visto Lo Stato Sociale in concerto, qualche anno fa: "Una realtà unica nel panorama culturale del nostro centro storico, che purtroppo non ha molti spazi sociali indipendenti come questo", commenta.

Interno dell'Asilo - foto via Facebook
Interno dell'Asilo - foto via Facebook

L’Asilo è popolato da una comunità informale eterogenea che attrae sempre più persone, con un target decisamente trasversale: "La cosa che mi emoziona sempre tanto è veder partecipare alle iniziative anche uomini e donne avanti con gli anni, che non si sognerebbero mai di mettere piede in un centro sociale, che di fatto l’Asilo non è", dice Fabrizio. "Con tutto il rispetto per una storia gloriosa, la tipologia classica del CSOA è ormai improponibile", commenta.

Il legame con la musica si è consolidato e trasformato nel tempo: "In genere i concerti sono la principale fronte di autofinanziamento, è così è stato anche per l’Asilo per i primi anni", ricorda Fabrizio. Nel frattempo, si è definita una struttura organizzativa con "tavoli tematici" che, in connessione con l'Assemblea (l’unico organo decisionale di questo spazio), potesse seguire e progettare iniziative nei vari ambiti.

Tra questi, il Tavolo Infrasuoni, un gruppo che si occupa prevalentemente dell'ambito musicale e sonoro, presieduto da Fabrizio Elvetico e Renato Fiorito. Il gruppo gestisce la programmazione di eventi, i contatti, la comunicazione e gli aspetti tecnici nell'Asilo:

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Al Tavolo si sono seduti nel tempo tanti musicisti, ma anche semplici appassionati: "Lo spirito dell’Asilo spera sempre di coinvolgere quante più persone possibile, senza nessun criterio di selezione, se non l’antirazzismo, l’antifascismo e l’antisessismo", spiega Fabrizio.

Da un certo momento in poi e dopo un gran numero di "live one-shot" (alcuni anche piuttosto affollati), si è scongiurato il pericolo di trasformare l’Asilo in un locale per concerti. A favore di rassegne che mettessero al centro non tanto la qualità della musica (o la bandiera di coloro che si dichiarano "in opposizione" alla società consumistico-capitalistica), quanto ciò che nasce dagli incontri e dalle relazioni. In un'ottica orizzontale, mutualistica e non competitiva, qual è il modo di operare per l'Asilo in toto.

Interno dell'Asilo - foto via Facebook
Interno dell'Asilo - foto via Facebook

"Da questo punto di vista i risultati migliori e in molti casi sorprendenti li abbiamo ottenuti con Geografie del suono", racconta Fabrizio. Una rassegna nata nel 2013 e arrivata prima della pandemia al cinquantanovesimo appuntamento. L'idea è quella di intercettare musicisti di ogni provenienza geografica e stilistica per metterli in relazione con artisti dell'area campana.

"Come puoi immaginare, il fatto che questa interazione si sia potuta attuare innanzitutto per mezzo dell'improvvisazione, ha incoraggiato tanti musicisti molto radicali a proporsi all'Asilo. Ai primi appuntamenti di Geografie del suono si sono presentate una decina di persone soltanto, ma non ci siamo fatti scoraggiare e abbiamo insistito, puntando tutto sulla messa in scena dell'incontro e della relazione", precisa Elvetico.

Tenacia e pazienza, il segreto dell'Asilo - aspetta 'nu mumento! - foto di Mariasofia Toraldo
Tenacia e pazienza, il segreto dell'Asilo - aspetta 'nu mumento! - foto di Mariasofia Toraldo

La tenacia e la pazienza hanno ripagato sempre l’Asilo, e negli ultimi anni non c'è stato concerto della rassegna Geografie che avesse meno di un centinaio di persone di pubblico, curiose e attentissime. Con punte clamorose per concerti di musica sperimentale, come nel caso del migliaio di presenze per Alvin Curran e l'Oeoas.

"Memorabile fu anche quella volta in cui un manipolo di musicisti napoletani riarrangiò con i ragazzi de La Rappresentate di Lista le loro canzoni, in alcuni casi stravolgendole (e Dario Mangiaracina aprì il concerto dicendo: 'Stasera potremmo anche non suonare, perché siamo felici già, per come è andata in questi giorni')", ricorda Fabrizio.

"Oppure l'appuntamento con i Suonno d'Ajere e Annalee Hooson", continua, "in cui un trio di canzone napoletana classica e una cantautrice di Chicago dimostrarono di poter letteralmente ammutolire centinaia di persone con un’interpretazione stellare di I' te vurria vasà". 

La sperimentazione musicale e artistica è al centro della ricerca culturale dell’Asilo, che spesso diventa il luogo in cui nascono collaborazioni destinate a durare nel tempo, e nuovi progetti. Ad esempio Fanali, la formazione partenopea che fu fondata qualche anno fa per partecipare a Mutiazioni, rassegna di sonorizzazioni live di film muti all’Asilo, anch’essa incentrata sul principio dell'interdipendenza.

Negli spazi dell’Asilo, recentemente il gruppo – formato da Michele De Finis, Jonathan Maurano e Caterina Bianco, tutti e tre napoletani, ndr ­– ha realizzato il video Guardati dal mese vicino all'Aprile. Una performance dal vivo senza pubblico decisamente figlia della pandemia, girata nel febbraio 2021. Che ha anticipato l’uscita del primo singolo della band, Anche, in attesa dell'album di debutto, al quale hanno lavorato assieme a Salvio Vassallo (Il Tesoro di San Gennaro, Spaccanapoli) e in collaborazione con l’artista visuale Sabrina Cirillo

"L’Asilo per noi è casa", dice Caterina, la voce della band. È qui che Fanali ha mosso i suoi primi passi, in effetti, e si è lasciato ispirare e stimolare da questo luogo meraviglioso. Dove si riuniscono flussi sonori da tutto il mondo e danno vita alla bellezza e la spontaneità dell’arte: "Non dimenticheremo mai la collaborazione con l’artista svedese Harriet Ohlson", ricordano Fanali.

Fu uno degli appuntamenti più emozionanti di Geografie del suono, il numero 51. Fanali era ancora un duo, e quella volta la Ohlson fu in grado di convincere un discreto numero di persone a "fare il gabbiano” (mimandone l’apertura alare e i versi) in pieno centro storico alle due di notte. "Fu incredibile", commenta Caterina.

Altri progetti nati in seno all’Asilo sono gli ELEM, band dark techno che Fabrizio Elvetico condivide con Marco Messina dei 99 Posse e la videoartista Loredana Antonelli. E l'Illàchime Quartet, storica band che non è nata all'Asilo, ma vi è rinata: "Dopo anni di inattività, avemmo l'opportunità tramite l’Asilo di sonorizzare dal vivo un film del 1921 della salernitana Elvira Notari, prima donna regista italiana", ricorda Elvetico.

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Sono tantissimi gli artisti che gravitano intorno all’Asilo. Si sperimenta avant-noise, elettronica rumorista, glitches e drone wave, kraut e kosmische musik. Ma per non perderci, ci limitiamo a citare innanzitutto i musicisti che hanno registrato in questo spazio: Antonio Raia e l'Orchestra Elettroacustica fondata da Elio Martusciello, ad esempio.

Senza dimenticare il legame con Bob Ostertag, artista sperimentale e attivista politico statunitense, che ha suonato due volte all'Asilo e di quell’esperienza ha scritto:

Lovely concert last night at L'Asilo, Napoli. Biggest crowd of the tour so far. Great space: vibrant, energetic collective of musicians and artists of all kinds. Napoli seems completely ungentrified, and L'Asilo is quite in keeping with that spirit

Il teatro dell'Asilo - foto via Facebook
Il teatro dell'Asilo - foto via Facebook

L’Asilo è il punto nevralgico della "resistenza culturale" napoletana. Un luogo impareggiabile dove è possibile vivere in maniera totalizzante ogni tipo forma artistica. Rinnovata e alimentata dai cittadini, gli artisti e tutte le persone che partecipano a questa realtà autogestita.

Qui l’arte viene compresa, condivisa e esaltata in un modo positivo ed edificante, difficile da trovare altrove. "Una boccata d’ossigeno, un luogo accogliente, aperto, attrezzato, vitale, animato da persone con la mentalità giusta", per riprendere le parole di Fanali, uno dei tanti progetti nati in questo spazio.

La maggior parte dei cittadini prova affetto e stima immensi per l'Asilo. Anche se non è sempre facile capire tutte le implicazioni e le sfumature di questo luogo così unico: per appassionarsi e contribuire alla sua esistenza ci vuole tempo. Fabrizio ci ha impiegato mesi, ad esempio. Mentre noi cominciamo ora: da questo racconto.

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L'articolo Storia dell’Asilo: la cultura che resiste a Napoli di Claudia Mazziotta è apparso su Rockit.it il 2021-06-01 17:30:00

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