Punkreas - Festa dell’Immigrato - Gavello



Premessa: questa non è la recensione di un live dei Punkreas. Chi vi ha assistito e scrive non ne ha conoscenza sufficiente, né ha seguito l’evento con la giusta attenzione per renderne conto in questa sede. Troverete già, su questo stesso portale, materiale a bizzeffe sui Punkreas. Il punto, quindi, sarà un altro.

Perché a contare un sacco, nei concerti, è il ‘contesto’, ciò che ‘sta attorno’ alla musica che vai a vedere, con chi sei, chi vi assiste, come si sente e come si vede: innegabile, no?!?

Ed il contesto, nel caso in specie, è la “Festa dell’Immigrato”, organizzato dalla Consulta Provinciale per l’Immigrazione della Provincia di Rovigo e tenutosi quest’anno a Gavello - che poi è il mio paese: 1700 anime, mica Torino… ci siamo capiti, insomma!

Bene, se nei giorni precedenti era stato piacevole mangiare arabo, indiano, cinese, nigeriano e ritrovare sotto lo stand della greppia esponenti del mondo politico ed ecclesiastico, comuni cittadini, maghrebini e nigeriani e vario sottobosco-pensante-polesano, se lo spettacolo di danza del ventre, l’omaggio ad Astor Piazzolla, i vari incontri tra cui quello con Vittorio Agnoletto e Francesco “Pancho” Pardi - ahimè, la domenica mattina - ed il concerto di musica caraibica si preannunciavano interessanti, immaginate la curiosità di assistere ad un concerto ‘rock’, nella fattispecie dei Punkreas e per di più a Gavello. Con il palco sistemato sul campetto da tennis, giusto di fianco alla settecentesca chiesa. Poco più in là, il campetto dove il dì appresso si sarebbero tenute le sfide tra (le rappresentative di) Nigeria, Marocco, Albania (che cattivi, in campo!), Rom e… il Gavello!

Probabilmente, dal palco, i Punkreas hanno visto il solito turbinìo di teste, una data come molte altre, capace di coinvolgere un sorprendente numero di giovani punksters appositamente giunti da chissàddove (Porto Viro? Bassa Padovana? Ferrara?) per assistere al concerto - anche se non v’è dubbio che essi stessi si siano resi conto di trovarsi in un ambito un po’ particolare, certo non un Centro Sociale o un Club. Modalità, suoni, tutti i dettagli del concerto ‘in sé’ vengono qui omessi, chè la visione era un po’ più ‘da dietro’, o, se volete, ‘di ciò che stava attorno’.

E la cosa davvero divertente, signori miei, è l’effetto straniante che un paio di creste punk suscitavano negli sbalorditi occhi degli autoctoni. Non m’importa misurare o disquisire circa la bontà dei vari, coloritissimi e sloganistici ‘comizi’ del gruppo tra un brano e l’altro, quanto piuttosto godere sommamente nel sentire certe frasi - più e più volte sentite nella decennale frequentazione degli ambienti alternative e/o autogestiti etc etc - pronunziate lì. Nel vostro paese, un sabato sera.

Esterrefatti, schifati, pronti alla fuga, annoiati, incuriositi o disgustati: un vero spasso sbirciare gli autoctoni venire a contatto con una realtà come i Punkreas, che suonano sullo stesso spazio in cui, neanche 5 mesi fa, si sono esibiti i Rodigini, i Caramel (due allegre formazioni dedite principalmente al liscio, ndr) e allegra compagnia danzante per la consueta fiera annuale.

E senza rinunciare nemmeno a un briciolo della propria allegra - e all’occorrenza incazzosa - integrità ed impegno, il gruppo mandava tranquillamente in mona “quei maiali della Lega”, decantava le lodi della cannabis, e dava dei 'boari' a certi esponenti, tutto questo mentre il sindaco Diccì parlottava con qualcuno, il calzolaio si tappava le orecchie, il metalmeccanico insisteva con l’amico per correre quanto prima nella discoteca più vicina, l’assessore trentenne del paese vicino se la rideva di gusto tracannando a suo agio una biondamedia, il consigliere comunale ex-psi vagava come stranito a caccia di chiacchiere nel distorso frastuono, spaesato nel suo paese in mezzo a cotanta gioventù depravata. I pischelli di paese sembravano così ‘normali’, e si vedevano spodestati della supremazia territoriale, superati a sinistra da una sgangherata e colorita frotta di coetanei colle magliette di Rancid et similia; un altro pischello, solitamente in ghingheri, si presentava per non stonare con 501 stracciato alla bisogna, e come al solito sotto il palco si pogava. Nel complesso grandi Punkreas… ma c’è bisogno di dirvelo?

Contesti, ecco. E ‘decontestualizzare’ a volte è pratica utilissima. Ora, mettete voi, di far sentire i Punkreas laddove nessun punk è mai giunto prima. L’effetto straniante, garantisco, è davvero divertente.



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L'articolo Punkreas - Festa dell’Immigrato - Gavello di Enrico Rigolin è apparso su Rockit.it il 2003-09-27 00:00:00

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