Finisce il mondo, non i Planet Funk

Torna la band campano-ligure che ha portato il rock dentro la dance con il singolo "The World's End", ballatona electrorock figlia dei Depeche Mode e primo brano di un nuovo album dopo la scomparsa di Sergio Della Monica nel 2018. Questa è la loro storia

I Planet Funk nel video di "The World's End"
I Planet Funk nel video di "The World's End"

L’Italia non è un paese per band, tantomeno per la musica da ballo. Ce ne siamo accorti ogni volta che una band o un artista di dance, house o qualunque genere danzereccio siano venuti alla ribalta: accolti dai più come festosa eccezione di un panorama ancorato alla persona singola, al bel canto, al passato.

Nell’ultimo quarto di secolo, però, una realtà ha scardinato questi tabù, imponendosi come caposaldo della resistenza festaiola all’interno della musica italiana. I Planet Funk, dal 1999 a oggi, insistono con successo nel proporre ritmi sostenuti, inni perfetti sia per il live che per la discoteca, dischi fatti di uno scheletro cantautorale rivestito di elettronica senza mai dimenticare gli strumenti dal vivo. Uno strano animale dal cuore meccanico e le braccia sintetiche, o viceversa, che è appena tornato con un nuovo singolo, The World's End, e con un album all'orizzonte, previsto per la primavera/estate di quest'anno.

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Nemmeno una band, in verità, ma un collettivo, che nel 1999 nasce dalla fusione tra due gruppi: i napoletani Souled Out (Alessandro Sommella, Domenico Can detto GG e Sergio Della Monica) e i Kamasutra, band ligure di Sarzana (composta da Marco Baroni e Alex Neri). Questo miscuglio campano-ligure, tra Nord e Sud, tra tastiere elettroniche e strumenti dal vivo porta a una nuova concezione di dance suonata, proprio in un periodo di grandissimo splendore per la dance italiana, che anche sul versante commerciale viveva la coda lunga degli Eiffel 65, Robert Miles, Angels Of Love e il sempreverde e sempreterno Claudio Coccoluto e i suoi mille progetti. Nel canticchiabilissimo ritornello/riff di chitarra di Chase The Sun, i Planet Funk hanno scritto il paradigma di musica ballabile con un piglio strumentale molto vicino al rock&roll. Da lì in poi è una enorme playlist di successi.

Per scrivere questo articolo ho riascoltato i dischi, concentrandomi sulla raccolta uscita nel ventennale della band, 20.20. C’è Chase The Sun, certo, ma apre soltanto una lista di successi radiofonici degni di una popstar, con una voce riconoscibilissima per buona parte del progetto, quella di Dan Black su killer hit come Who Said, Inside All The People e The Switch. Produzioni per niente niente plasticose, profonde negli arrangiamenti, sintetiche solo nelle tessiture, con parti ritmiche vive e pulsanti: la musica dei Planet Funk era ed è dance di cui i rocker non si vergognavano, anzi.

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Col tempo il collettivo si è allargato, superando il concetto di band anche oltre i propri componenti, cambiando e sopravvivendo ad eventi drammatici come l’abbandono del gruppo da parte del bassista Sergio Della Monica per motivi di salute nel 2017, un anno prima della sua prematura morte a soli 58 anni. Gli altri componenti entrano ed escono – Sommella e Black lasciano nel 2005, mentre nel 2011 arriva Alex Uhlmann alla voce e alla chitarra – e i dischi sono sempre più happening, occasioni per ospitare amici e colleghi per collaborazioni eccellenti, da Lorenzo Jovanotti Cherubini a Raiz, da Claudia Pandolfi a Cecilia Chailly, fino a Giuliano Sangiorgi che canta il primo inedito in italiano del gruppo, Ora il mondo è perfetto, del 2011, perfetta canzone pop.

Spot pubblicitari, colonne sonore, soundtrack di videogiochi, grandissimo airplay radiofonico: la musica dei Planet Funk si applica a tantissimi media, con una solida base di partenza, essere elettronica con un’anima calda senza mai correre il rischio di essere musica di sottofondo. Non hanno paura di sporcarsi le mani: mischiando dance e rock, elettronica e live ma anche citando – proprio in quella memorabile Chase The Sun che iniziò la loro storia – un gigante come Morricone oppure coverizzando una hit immortale come The Boots Are Made For Walkin'. Un progetto live invidiabile, da cui i pezzi non escono depotenziati ma che suoni come un dj set in cui è tutto il gruppo sul palco a muovere le mani sui piatti, dove per piatti si intendono gli strumenti, ma il dancefloor è sempre il dancefloor. Un brand vero e proprio, capace di tirare la volata anche ad altre entità discografiche: nel 2005, l’Italia si innamora dei The Servant grazie alla voce del cantante, proprio quel riconoscibilissimo Dan Black protagonista dei primi successi epocali dei Funk.

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Così, arriviamo a oggi e al nuovo singolo, The World’s End, ballata electrorock figlia dei Depeche Mode per la melodia profonda, le armonizzazioni e il ritornellone. Il brano anticipa un nuovo album a cui ha partecipato alla composizione – proprio come per la canzone che lo anticipa – anche il compianto Della Monica: come fosse una festa con tutti gli amici invitati sul palco per una jam session, vecchi e nuovi, suonando una canzone che sembri conoscere da sempre e invece viene composta in quel momento.

L’Italia non sarà un paese né per band né per la musica da ballo. Eppure è il Paese dei Planet Funk.

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L'articolo Finisce il mondo, non i Planet Funk di Marco Mm Mennillo è apparso su Rockit.it il 2023-01-16 10:30:00

COMMENTI (1)

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  • lonelyisaneyesore 15 mesi fa Rispondi

    In Italy, we' re all slaves of a minimum wage...