Gli Exhibit hanno fatto un disco per i matti

Un gran disco, attenzione! “Folli rei” è l’esordio del quartetto noise punk mantovano: un lavoro ossessionato dal rumore, la pazzia e i personaggi incompresi, come Antonio Ligabue. 10 tracce tra Swans e Daughters, così nere e potenti da far perdere il fiato: ve le raccontiamo

Gli Exhibit
Gli Exhibit

“La noia della provincia e le miserabili vite che conduciamo, hanno creato in noi urgenza di fare qualcosa per non esserne inglobati totalmente”.

Exhibit

E così, chi quattro mesi fa aveva scommesso sugli Exhibit – e, in tutta franchezza, il sottoscritto non era tra quelli – dopo averli visti dal vivo sul finire dell'estate, aveva visto giusto: dal caos lo-fi di quelle esibizioni poteva nascere qualcosa di nuovo e interessante, qualcosa per cui sarebbe valsa la pena di riempire un giorno le pagine dei maggiori periodici musicali, cartacei e non, qualcosa già in grado di scomodare a gennaio un'ipotetica classifica dell'anno appena iniziato e dunque anche di circolare oltre la cerchia degli addetti ai lavori.

Non era davvero facile, allora, cogliere gli indizi del talento in mezzo a quell'accozzaglia di idee, a quello strampalato campionario di flussi di coscienza perlopiù inediti a tutti, sparati a mille con buona dose di ingenuità da quattro ragazzi su un pubblico confuso o felice, a seconda dei gusti, dal caos di suoni, voci e interferenze varie e assortite riversate poi nel fitto programma del debutto Folli Rei (2023, ControCanti), da poco uscito in cassetta colore verde petrolio. Incertezze e dubbi che gli Exhibit evidentemente condividevano con i più, tant'è che in contemporanea all'uscita del disco hanno persino provveduto ad allegare alla loro musica online un breve saggio della loro stravaganza e del loro particolarissimo modo, storto marcio, di concepire e costruire una canzone.

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Si legge: “Folli Rei ed è una ricerca viscerale nell’io più profondo. Spinge sulla creazione di una tensione emotiva e psicologica che omaggia outsider e artisti come Laccabue (Antonio Ligabue) o Fernando Nannetti. Questo lavoro è un confronto aperto sui labirinti mentali che portano ad isolarsi e a cercare comprensione in sensibilità affini, una dimensione in cui ci si cosparge di forse e ci si abbandona ai dubbi”. Riempire i nastri con frammenti di chitarre, abbozzi di canzoni improvvisate sul momento, rumori, distorsioni e libere rappresentazioni di pensieri così come compaiono nella mente di chi li pensa costituisce uno dei passatempi preferiti dell'indagine rock votata al noise, un hobby oramai sdoganato come l'Abc per chi è cresciuto a pane e Arab On Radar, Herry Pussy e, che so, ½  Japanese, cosa che però i mantovani non sono per i soliti limiti di età.

“Conosciamo il post-punk attuale", mi raccontano, "e non c’è mai capitato di ascoltare questa nicchia particolare del noise di un tempo che non abbiamo vissuto per la nostra giovane età. Questo però non fa di noi gente monotematica in fatto di musica, anzi, siamo piuttosto eclettici in ciò che ascoltiamo. La nostra ispirazione proviene da Gilla Band, Daughters, Swans, This Heat, ma anche e soprattutto dai macchinari industriali che parte della band è soggetta ad ascoltare quotidianamente e che cerca di replicare”.

Nascono così, invece, da sperimentazioni sonore volte a scardinare la concezione di punk nel senso tradizionale del termine e dalla voglia di suonare. Pongono al centro del loro immaginario la follia, concretizzata nell'uso non convenzionale degli strumenti in strutture compositive anomale, esaltate da testi turbati che raccontano di dipendenze, personaggi incompresi e riflessioni sul sacro. E così colpiscono “... non per la loro forma stilistica e per i loro contenuti inafferrabili (ma per questo ancora più universali), ma perché li ho sentiti miei”, come scriveva Tondelli nel 1982 dei Pere Ubu. Altre persone a cui dovrebbero molto, se solo avessero vent'anni di più.

Gli Exhibit in notturna
Gli Exhibit in notturna

Estro lunatico e surrealista, naturale attitudine a lasciarsi andare, eclettismo dei ruoli e una basilare democrazia all'interno di una compagine che fin dalle foto mette (letteralmente) tutti sullo stesso piano: questi i capisaldi della metodologia di lavoro, le fondamenta sulle quali gli Exhibit sono cresciuti in poco tempo nell'interesse mio personale e collettivo. La cassetta in sé, Folli Rei dicevamo, esprime per ora tutto il potenziale in crescendo di questa formazione. "Il risultato di due anni di compravendita di pedali d’effetto e di catarsi attraverso il medium del rumore, della percussione e del grido”, come dicono loro stessi.

L'iniziale Rovo, un indie 90's al rallenty propulso da tappeti sovrumani di chitarra e dal cupo, incessante incedere della batteria, ricorda i Marlene Kuntz fatti suonare da 16 giri ad accelerare fino alle estreme conseguenze. Il canto di Lorenzo si avvicina all'enfasi del Godano di Catartica e Il vile e le corde hanno l'approccio a dilaniare che fu dei Marlene Kuntz. La cadenza molto più groove e sludge non fa che conferire più tensione ai brani, fino a sfociare nel noise. Feedback e distorsioni dilagano che è un piacere e si accentua l'impatto ritmico con intense e improvvise scorribande collettive.

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Compatti, sperimentano selvaggiamente di chitarra (minimalismi scordati e vigorosi fraseggi) e percussioni (a tratti suonate come grancasse scalcinate) alle spalle dei testi-litanie urlati da Lorenzo che, a loro volta, retti dagli ipnotici intarsi strumentali, hanno già un loro che inconfondibile di catastrofico, di cupo, di claustrofobico e di barbaro - che neanche Le Vene di Lucretia o, che so, i Nerorgasmo. Folli Rei è pura epilessi (“Fondamentali ad alimentare il simbolismo e l’immaginario di quanto fatto sono stati anche film come Ex-Drummer, Calvaire, Gummo e Rubber Johnny”) tutta tirata a ritmi vertiginosi.

Il disco scorre all'insegna di quegli esercizi avventurosi nel campo del rock che un tempo furono di gente come Helmet o Cows o Tar o (banalizzando al massimo) i primissimi Sonic Youth. Ma quella storia, quella ricchezza si confonde eccitatamente coi segni, i colori, i suoni di una contemporaneità che pare, una volta tanto, concreta e carica di personalità. Tutto su una barricata ritmica di proporzioni monumentali, in un trionfo delle forze più sinistre della musica rock.

Exhibit spalmati
Exhibit spalmati

“Volevamo un nome bello alla pronuncia e carico di significato. Exhibit è principalmente opera d’arte, mostra, esposizione, ha però richiami macabri nel significato di reperto o prova da usare in tribunale: come se quello che suoniamo fosse oggetto di un crimine”. Vertici tragici, in senso buono, pareti di rumore, in senso ottimo, e show personali di Lorenzo che, diciamolo, sfoggia un'emotività da oratore degna di Jeffrey Lee Pierce ma in un modo più malato e meno retorico. Prodotti da Steve Albini nella prima metà degli anni '90, probabilmente ne staremmo parlando ancora adesso. Chi sa se tra trent'anni succederà lo stesso.

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L'articolo Gli Exhibit hanno fatto un disco per i matti di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2023-02-03 13:57:00

Tag: album

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