La globalizzazione ha finito per farci ascoltare solo musica italiana

La musica in lingua inglese ha perso la sua egemonia: non funziona così solo da noi, ma un po’ ovunque. Il parallelo con le classifiche oggi e 10 anni fa lo rende palese: ora che abbiamo accesso alle canzoni da ogni parte del mondo, ci siamo “rintanati” nel suono di casa nostra. Ecco perché

Lazza, Blanco, Drillionaire e Sfera Ebbasta, in testa alle classifiche
Lazza, Blanco, Drillionaire e Sfera Ebbasta, in testa alle classifiche
17/07/2023 - 10:17 Scritto da Simone Stefanini

Un articolo del Financial Times esordisce così: "La Gran Bretagna può affermare con orgoglio di essere uno dei soli quattro esportatori di musica al mondo, insieme a Stati Uniti, Svezia e, più recentemente, Corea del Sud. Eppure, mentre per la maggior parte degli anni scorsi sfornavamo una star globale, non abbiamo prodotto un vero successo mondiale da Dua Lipa nel 2017. Cosa è cambiato? Glocalizzazione: uno scioglilingua ibrido di globalizzazione e localizzazione, le cui ramificazioni si faranno sentire negli anni a venire nell'industria musicale e oltre". 

Una bella bomba che innesca una serie di riflessioni geolocali  tra cui la nostra, riguardo la musica italiana in Italia e nel mondo, ma ci arriviamo. Intanto una certezza: la globalizzazione sta perdendo. Il mondo piatto in cui i brand e le arti sono imposte dai paesi ricchi a svantaggio di quelli più poveri si sta rivoltando contro sé stesso e, specie nelle arti, il piedistallo su cui ha poggiato negli ultimi 50 anni la lingua inglese a discapito di tutte le altre si sta pian piano sgretolando.

 

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Nel nostro paese, basta dare un'occhiata alle classifiche FIMI, quelle ufficiali, degli ultimi 3-4 anni per non trovare uno straniero in Top Ten, e questo è un dato che detona. Rileggiamo la top 10 dei singoli del 2013, dieci anni fa esatti: Daft Punk, Avicii, Mengoni, Robin Thinke, Pink, Will.I.Am feat. Britney Spears, Likke Li, Imany, David Guetta, Bastille. Era il tempo di Get Lucky, I Follow Rivers, Blurred Lines e via andare, l'unico nel mezzo il nostro Marco Mengoni col pezzo sanremese L'essenziale.

Confrontiamola con i dati del 2022.

Top ten degli album più venduti del 2022:

1. Sirio – Lazza
2. Taxi driver – Rkomi
3. Blu celeste – Blanco
4. Noi, loro, gli altri – Marracash
5. Il giorno in cui ho smesso di pensare – Irama
6. C@ra++ere s?ec!@le – thasup
7. Salvatore – Paky
8. Materia (Pelle) – Marco Mengoni
9. Caos – Fabri Fibra
10. X2 – Sick Luke

Top ten dei singoli più venduti del 2022:

1. Brividi – Mahmood & Blanco
2. Shakerando – Rhove
3. Dove si balla – Dargen D’Amico
4. Farfalle – Sangiovanni
5. La coda del diavolo – Rkomi & Elodie
6. La dolce vita – Fedez, Tananai & Mara Sattei
7. Giovani wannabe – Pinguini Tattici Nucleari
8. 5 gocce – Irama feat. Rkomi
9. Baby goddamn – Tananai
10. Ciao ciao – La Rappresentante di lista

 

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Notate qualcosa? Ah sì: non c'è nemmeno un artista straniero. E se pensate che questo trend sia cambiato, questa settimana in top ten ci sono Drillionaire con Lazza e Blanco, Capo Plaza feat. Ava e Anna, The Kolors, Fedez & co., Tedua feat. Sfera, Annalisa, Pinguini Tattici Nucleari, e ancora Drillionaire, che si becca pure io secondo posto negli album, prima di Geolier e dopo Tedua pigliatutto. Il primo straniero che troviamo in classifica album è Lil Uzi Vert al 18° posto mentre tra i singoli c'è Bad Bunny al 24° posto. 

Il nostro paese non è l'eccezione: in Germania, Svezia, Francia, Corea del Sud, in tutta l'America Latina che parla spagnolo, il mondo musicale anglofono esiste sempre meno, soppiantato da quello che parla la lingua autoctona. I motivi dietro questo drastico cambiamento sono di varia natura, a partire da quella sociologica e antropologica: è fisiologico e inevitabile che decenni di esterofilia musicale sarebbero prima o poi implosi, perché sempre più somiglianti a sé stessi sotto ogni punto di vista, creando quel cortocircuito di globalizzazione di cui parlavamo in apertura. 

 

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Impossibile poi non pensare a un cambiamento strutturale nella fruizione della musica degli ultimi dieci anni, con la digitalizzazione e le piattaforma di streaming che permettono l'accesso a ogni catalogo nazionale e internazionale, quindi le classifiche vengono sempre meno influenzate dalle radio o dai magazine di settore e sempre più dai social, dal passaparola, dall'hype dei fan. Un discorso che abbiamo affrontato molte volte ma che contiene anche un altro punto di vista: dal lato degli artisti, oggi è possibile apparire nelle classifiche globali grazie al numero degli stream, avere accesso a case history particolari, agli algoritmi, quindi non è più fantascienza che una proposta che nasce locale, riesca a fare il giro del mondo. Abbiamo sotto gli occhi il successo planetario dei Måneskin, conosciuti grazie alla vittoria all'Eurovision con una canzone in italiano e diventati star internazionali.

Così come dalla Polonia agli USA tutti cantano le parole in italiano di Damiano e soci, di certo non stupisce più che l'artista più suonato su Spotify in tutto il mondo per tre anni di seguito sia Bad Bunny, rapper, cantautore, producer e wrestler (?) portoricano che canta spesso in lingua spagnola e che comunque riesce a diventare numero uno negli Stati Uniti. Merito della vastissima fanbase latina, ma anche del fatto che le cose stanno inevitabilmente cambiando nei mercati musicali mondiali, mai così globalizzati grazie alle piattaforme di streaming e mai così glocalizzati come reazione alla vastità dell'offerta.

Detto in parole semplici e facendo un esempio reale, la fine degli anni Dieci e l'inizio dei Venti del Duemila si sono contraddistinti a livello musicale globale per l'urban primo in ogni classifica nazionale, e per sua stessa natura è una musica che contiene entrambe le caratteristiche di cui sopra: la base globalizzata, nel senso che ormai tutti nel mondo con un computer possono diventare producer e accedere ai milioni di pezzi urban in streaming per trovare ispirazione, e la voce glocalizzata, che parla la lingua del pubblico a cui si riferisce. Quindi il pubblico italiano che smuove il mercato, dopo qualche ascolto di Kendrick Lamar torna a Marracash che gli parla in faccia e che tutti possono comprendere.

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Addirittura, per una maggiore identificazione con l'artista, c'è chi preferisce quelli di zona - Milano, Torino, Roma, Napoli etc. - che parlano direttamente dei quartieri delle città e delle problematiche o delle attività ad essi correlate. Di fronte alla vastità dell'offerta, si fa una scelta di prossimità per sentirsi rappresentati. Può essere una questione di ritorno alle origini, come per Yendry che dopo la partecipazione a X Factor Italia nel 2012 torna alle radici dominicane, una scelta spesso fatta anche da Rihanna con le isole Barbados da cui proviene. Il mercato globale che implode e crea fenomeni bellissimi di meltin' pot culturale e primi posti insperati in classifica.

L'ultimo motivo per il quale il mercato è completamente rivoluzionato risiede nel fatto che non esiste più un media globale come al tempo di MTV, capace di spingere le stesse canzoni in tutto il mondo creando e facendo finire trend. La grande (presunta) libertà dello streaming e degli algoritmi personalizzati ti fa scoprire un sacco di musica del genere che già ti piace, senza conoscere niente che vada più in là del tuo orticello, che scateni la tua curiosità e voglia di cambiamento. Quindi pro e contro, come sempre, ma è interessante seguire il fenomeno e provare a prevederne le mutazioni, nel momento in cui l'impero anglofono inizia a mostrare il fianco a tutte le lingue e le culture rimaste per decenni ai margini del mercato.

 

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L'articolo La globalizzazione ha finito per farci ascoltare solo musica italiana di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2023-07-17 10:17:00

COMMENTI (4)

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  • fgalassi 9 mesi fa Rispondi

    @fabiopiccinini: ma la cosa più curiosa e da capire, è perché il pubblico ha bisogno di identificarsi in un testo, rispetto a 20/30 anni fa. Cos è cambiamo all'interno della società?

  • StVincentByrne 9 mesi fa Rispondi

    Articolo interessante, peccato che la musica italiana sia sempre più inascoltabile. E i testi della trap italiana, neanche si capiscono. Peccato che MTV non esista più, una grande perdita.

  • fgalassi 9 mesi fa Rispondi

    @simonestefanini bravissimo, uno degli articoli più belli, non solo su Rockit.
    Incredibile che ci sia solo un commenti (2 con il mio).
    Tutto giusto, stavo pensando cosa aggiungere, ma è super completo. Ancora complimenti.

  • Frestinaka 9 mesi fa Rispondi

    È anche vero che il tipo di musica che si ascolta in questi anni è più incentrato sulle parole rispetto alle note, e ciò amplifica di molto il fenomeno di cui parlate. Se l'importante è identificarsi in un testo, ovviamente preferirò quello più comprensibile, cioè quello nella mia lingua madre