Gulino: la vita da solista, mia figlia e i Marta sui Tubi

Nel suo primo disco solista, "Urlo Gigante", il frontman della storica band esplora un nuovo lessico, fatto di assordanti e dolcissimi vagiti

Gulino, foto di Lorenzo Arrigoni
Gulino, foto di Lorenzo Arrigoni

È surreale la Milano di questi giorni. Le strade sono svuotate, anche se più di qualcuno in giro c’è, e fa strano salire in metro e trovare posti vuoti a sedere. O metterci la metà del tempo nel tornare a casa dalla redazione. Non direi che la città si è fermata, ma è come se andasse al rallentatore.

In questo clima di torpore generale anche la musica ha subito un bel contraccolpo, con tutti gli eventi bloccati fino al 3 aprile. A subire le conseguenze di questo momento particolare c’è anche Giovanni Gulino, già voce dei Marta sui Tubi e ora lanciato nel suo progetto solista, chiamato semplicemente Gulino. Il tour del suo esordio discografico Urlo gigante, pubblicato oggi, è cascato proprio in questo difficile periodo.

L’ho incontrato in un grigio pomeriggio meneghino per farmi raccontare questo nuova svolta nella sua carriera, fra gli stimoli della musica contemporanea, le sfide quotidiane in famiglia e il passato (e futuro?) con i Marta sui Tubi.

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Cos’è successo dalla pausa con i Marta sui Tubi a oggi?

Nel gennaio 2017 ci siamo congedati: Carmelo (Pipitone, ndr) aveva già altri progetti, io avevo una bambina piccola di un anno e volevo dedicarmi a lei dopo 15 anni di attività praticamente ininterrotta. Poi il tempo è passato veloce, io mi sono occupato di MusicRaiser, ho fatto il direttore artistico per una piccola casa discografica, insomma da fare ne ho avuto. Nel frattempo non ho smesso di scrivere, per me è un processo naturale. L’anno scorso mi sono trovato con davvero tanto materiale e non sapevo bene come gestirlo, però volevo fare qualcosa da solista, non volevo aspettare gli altri e pensavo che i tempi fossero maturi. Per uno come me stare tanto tempo lontano dai palchi era qualcosa di castrante, sentivo proprio il bisogno di rimettermi in gioco.

Cos'ha di diverso Gulino?

Questa dimensione da solista mi ha dato la possibilità di esplorare tanti territori musicali. Mi sono sbizzarrito nel cercare i suoni che mi piacevano di più, con l’aiuto del produttore Fabio Gargiulo e del pianista Andrea Manzoni, coautore delle parti musicali di cinque brani del disco. Prima tutto accadeva in sala prove e si andava in studio solo per finalizzare il lavoro, questo disco invece è tutto frutto del lavoro in studio. Una grandissima mano l’ha data Fabio nell’andare a cercare il DNA dello spunto, conservarne l’autenticità proiettandolo su sonorità contemporanee, senza però inseguire nessun trend. Essendo sempre stato abituato a far parte di una band, per me era davvero strano fare qualcosa e metterci la faccia in prima persona, avevo anche un po’ di timore di non sapermi esprimere al 100%. Però alla fine penso fosse una cosa necessaria.

L'essere diventato padre come ha influenzato il disco?

Prendersi cura di una parte di te che però è staccata da te ti fa capire tante cose. Io ho sempre pensato che la mia vita avrebbe avuto un inizio e una fine, il fatto di avere un figlio ti proietta in una sorta di immortalità, devi pensare al di là della tua esistenza e di quelli che sono i tuoi bisogni. Ti accorgi anche del significato di essere figlio, perché capisci il significato di determinate scelte e determinate attenzioni che i tuoi genitori hanno avuto nei tuoi confronti. La sorpresa di poter stare a contatto con una creatura così pura che si diverte ogni giorno a giocare al gioco della vita è una cosa che mi apre la mente e mi fa stare più attento in quello che dico. Se prima pensavo di potermi permettere di dire e fare quello che volevo, oggi so che quello che faccio e che dico lo vedrà anche mia figlia, quindi ci tengo a dare un’immagine di me quanto più appropriata.

Parli di lavoro speleologico, quanto hai dovuto scavare?

Ho dovuto sporcarmi le mani cercando dentro me stesso, ho dovuto capire chi ero e cosa rappresento per chi mi è vicino. Ho capito che non è semplice essere padre, compagno, figlio e amico allo stesso momento. Non avendo tanto viaggiato in questi anni, l’ispirazione viene da casa e dalla quotidianità.

Urlo gigante cosa significa?

È l’anagramma del nome e cognome di mia figlia. Poi assume anche un altro significato: un urlo gigante è anche il primo vagito di un bambino e si ricollega al mio debutto musicale. Il mio vagito è questo disco.

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Sia in Bambi che in Un grammo di cielo, i due singoli che anticipano il disco, parli del correre rischi. Quanto rischio c’è in Urlo gigante?

Penso di essere uscito da una comfort zone. Con i MST il tasso tecnico è molto alto, non avendo tanti strumenti cercavamo di riempire con soluzioni particolari più vicine al progressive rock, per esempio. Non volevo fare un disco dei MST senza MST, quindi ho cercato di fare qualcosa di diverso. Una certa influenza rimane, in pezzi come Albergo a ore o Dormiveglia si sente e fa comunque parte del mio DNA musicale, però l’idea è quella di aprirsi, sia in questo che nei prossimi che farò.

Questi due brani parlano rispettivamente a una figlia e a un’amante. Quanto di tua figlia e della tua compagna c’è in questo disco?

Tantissimo. Il vissuto di questi ultimi anni l’ho concentrato su di loro, questo album è la fotografia di un momento di intimità familiare che però volevo anche rendere pubblico, è la mia visione di un momento in cui si cresce, nascono i figli e la vita cambia.

Qualche artista che ti ha ispirato particolarmente?

Prima di essere un musicista sono un grande appassionato di musica, ho cercato ispirazione soprattutto ascoltando artisti recenti. Moderat su tutti, poi Sufjan Stevens, Bon Iver, ma anche elettronica più datata come Aphex Twin. Nell’ultimo anno, anche se avevo già pronto il disco, mi è piaciuto molto Andrea Laszlo De Simone. Un’esperienza che mi è servita molto è stata fare il direttore artistico di questa casa discografica, mi ha costretto ad affondare le orecchie in quello che fanno i giovani sotto i 30 anni. Ho scoperto che c’è tanto talento, magari nascosto da coltri di autotune.

Nel brano Lasciarsi insieme duetti con Veronica Lucchesi de La rappresentante di lista. Com’è stato cantare con lei?

Ci siamo incontrati in studio di registrazione perché condividiamo lo stesso produttore, mi fece i complimenti perché è una fan dei MST. Io non conoscevo bene la sua band, ma dopo averli ascoltati ho scoperto un talento immenso. Penso che sia una bellissima persona e una voce di cui la musica italiana aveva bisogno, con un’aggressività e una sensualità rare da trovare. Quando si è trattato di cercare una voce femminile per questa canzone non ho avuto dubbi.

In Fammi ridere omaggi Dalla con uno scat ispirato al suo modo di cantare. Qual era il tuo rapporto con Lucio?

Lucio l’ho conosciuto tardi, due mesi prima che se ne andasse. Ce lo siamo trovati davanti in un concerto a Bologna: tutto il pubblico cominciò a chiamarlo a gran voce, lui salì sul palco e improvvisammo un paio di suoi pezzi. Da lì cominciammo a conoscerci, lui disse di essere un nostro fan e ci chiese di collaborare con lui. Avrebbe voluto produrre il nostro prossimo album. Nacque così una reinterpretazione di Cromatica, una delle esperienze più belle con i MST. Avremmo dovuto aprire il suo tour europeo, purtroppo il destino ce l’ha portato via troppo presto.

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Com’è nata la collaborazione con Andrea Manzoni?

Un giorno mi scrive dicendo: "Ciao, sono un pianista, ho sognato che suonavamo insieme". Sul momento mi ha spiazzato, pensavo ci stesse provando con me [ride, ndr], poi sono andato sulla sua pagina per ascoltarlo e sono rimasto a bocca aperta. È una delle persone più entusiaste che conosca, un musicista straordinario, ma mi ha conquistato quando ha detto: "A me non interessa se nello spunto ti ho dato io c’è il pianoforte, l’importante è che comandi la canzone".

Ti ha disorientato non avere Carmelo e Ivan in studio come al solito?

È stato strano, ma mi sono calato subito nella nuova dimensione. Ho lasciato che l’eccitazione per la novità superasse il momento di panico iniziale. Va anche detto che Carmelo ha suonato in sette tracce di Urlo gigante, però è entrato quando i pezzi erano già stati registrati, quindi ha suonato la chitarra in una fase di arrangiamento e dove non era un elemento centrale come per i MST. L’ho voluto io, il suo è un tocco unico e io ho la fortuna di aver condiviso tanti anni con lui.

Ora su dove ti vedi più diretto?

Io continuerò a scrivere, dopodiché dove finiranno le mie canzoni lo dirà solo il destino. Questo percorso da solista mi sta riempiendo di energia, ho voglia di continuare, ma questo non vuol che non si possa fare un disco con i MST. Sono casa mia, sono la mia vita, anzi, nel tour di Urlo gigante metà repertorio saranno proprio pezzi dei MST, tutti riarrangiati sul suono di questa nuova esperienza.

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L'articolo Gulino: la vita da solista, mia figlia e i Marta sui Tubi di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2020-03-06 11:04:00

Tag: album

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