Lamante ha tradito i suoi antenati

Era l'obiettivo che si era prefissata, e ci è riuscita. Esce oggi il primo disco della giovane artista vicentina, "In memoria di", ed è un'ottima occasione per riflettere assieme a noi sul suo ruolo di figlia, di artista e di madre (di 11 canzoni)

09/05/2024 - 10:42Scritto da Lamante Lamante0

Lamante (CBCR di Rockit per il 2024) è una delle giovani artiste che più ci ha colpito negli ultimi anni. Si chiama Giorgia Pietribiasi, classe 99, è nata e cresciuta a Schio, in provincia di Vicenza. Qua ci ha raccontato un po' di cose su di lei e sulla sua vita "fuori dal comune" in una delle sue prime interviste. In quest'ultimo anno ha prodotto di continuo nuova musica, grazie anche al determinante incontro con Taketo Gohara. La sua Come volevi essere per noi è uno dei pezzi più belli del 2023, un'anthem disperato e potentissimo, che risente anche del suo amore per i CCCP. Ora il primo disco, In memoria di, che porta con sé alcune riflessioni molto profonde che Giorgia ha voluto condividere con noi. Ve le doniamo, in attesa di godercela live a MI AMI sabato 25 maggio.

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La pubblicazione di un album scopro essere la parte più difficile e delicata della carriera d’artista. Avevo 6 anni quando mio padre mi chiede “vuoi imparare a suonare la chitarra?”.
Io mi ribello, non ne voglio sapere che sia un altra persona a dirmi quando cominciare con la musica. La musica non è un idea, non è qualcosa che si insegna e tanto meno che si impara.
Non si FA, la musica. Ho imparato ben presto che è lei ad entrare nelle nostre vite, e non il contrario.
Quando suonavo per l’idea di fare musica, io non stavo suonando, mi esibivo, come ci si esibisce ogni giorno, postando una foto di noi mentre facciamo qualcosa. La musica non è volgarità di fare, ma potenza d’essere.
È capitato non molto dopo la richiesta di mio padre, che imbracciassi la sua chitarra e iniziassi a suonare, per una scelta che sembrava mia.
Quando ti rapporti con l’esperienza artistica scopri che esiste una linea sottile tra quello che si fa e quello che si è. Ho iniziato a scrivere per un motivo semplicissimo. Mi ero accorta che nei miei testi potevo criticare la mia famiglia, esternare il mio dolore, raccontare di fatti orribili, impronunciabili senza essere ascoltata in quanto bambina. Mi è sembrata una grandissima forma di espressione libera quando ero piccola.
Quest’album di 11 canzoni ripercorre 25 anni di vita, con un peso diverso, però. Questa volta sembra che la mia voce porti con se un ascolto, eppure, questo ascolto non influisce nella mia forma espressiva più pura, per fortuna.
Ultimamente facendo delle interviste qua e la, mi è stato chiesto che cosa differenziasse una cantante donna, da un cantante uomo. Perché noi donne nell’industria dell’arte e nello specifico quello musicale siamo un numero che non sfiora nemmeno il 15% in Italia?

Questi discorsi mi annoiano, non perché non c’è ne sia bisogno di parlarne, anzi, ma è di musica che io son fatta e di quello io voglio trattare. Il fatto di essere donna, nel mio caso specifico e in quello di tante altre non è a priori, ma a posteriori. Nel senso che, la musica vibra indipendentemente da ciò che è il mio corpo, poi sulla forma che ne esce be, quella è tutta un altra questione. Questo album tratta tantissimo nel suo insieme del mio essere donna, della mia sessualità, del mio corpo come dimora e prigione, ma non è mai stato il motore della mia ricerca, bensì un approdo tra i tanti porti della mia scrittura. Sono una donna che ha subito violenza nella sua vita in quanto donna e questo è per me un porto che devo toccare e che voglio far toccare agli altri. Sono sorella insieme ad altre due donne, di madri diverse e ho capito il peso di essere donna da un altra donna, mia madre. È uno dei primi ricordi che ho di lei mentre, da piccolina sul tavolo da cucina, mi racconta che quando mi aspettava, era un bambino maschio quello che pensava crescesse nel suo ventre. Quando il corpo di mia madre mi fece nascere e l’ostetricia disse “è un bellissimo esemplare di femmina” mia mamma non seppe cosa rispondere. Questo lavoro che è cominciato molto tempo fa,parla di memoria. Sono nata con l’idea di difenderla a qualsiasi costo, rendendo ogni fatto biografico anche da me preceduto, come un atto artistico. A oggi posso dire che quest’album ha fatto il processo contrario. Nella mia vita scagliata d’incontri importanti prettamente artistici, ne cito tre, i più importanti, i primi due mentori e padri musicali Taketo Gohara e Andrea Rodini, e il mio compagno Nicolò Bassetto, sono diventanti tramite atto artistico, fatto biografico. Quest’album racchiuso in una data: 9 maggio 2024, diventa parte della mia biografia. Mi accorgo quindi che questo processo di memorizzazione, di contatto con il ricordo e ascesa nell’archivio famigliare mentale e materiale ora è pronto ad essere lasciato.
Tradire è una parole che mi è sempre stata a cuore. Tradire nell’etimologia del termine vuol dire consegnare, concedere, concedersi. Ecco che allora tradire è molto più vicino alla parola tradizione di quanto pensassi. Lamante nasce per tradire i suoi antenati.
Chiedo perdono a loro e nel frattempo nasce in me una leggerezza distruttiva benevola. La pubblicazione rimane comunque un fatto da non tralasciare per un artista, proprio perché l’artista viene tralasciato. La pubblicazione non ha più a che fare con lui, con la musica. Diventa altro al di fuori di quella persona, come fosse un partoriente. Ecco, ora mi sento proprio come mia madre nella sala parto con la differenza che, da questo bimbo io non mi aspetto niente, se non che venga suonato.
Ciò che potevo dare, ho dato.

In fede,

Lamante.

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L'articolo Lamante ha tradito i suoi antenati di Lamante è apparso su Rockit.it il 2024-05-09 10:42:00

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