Guida essenziale all'Italian Occult Psychedelia

Una piccola mappa per comprendere le coordinate geografiche e musicali dell'Italian Occult Psychedelia, da Thalassa in poi

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Pensare che c’è su Wikipedia una voce in inglese che ne parla, ma nulla in italiano. Ne ha scritto perfino Simon Reynolds, il maggior critico musicale vivente. Il Liverpool International Festival of Psychedelia, a settembre 2014, ci ha dedicato una serata dibattito, “Dark Arts Of The Eternal City”, invitando a parlarne con Joseph Stannard di The Wire il romano Nicola Giunta dei Lay Llamas (che ovviamente al festival hanno pure suonato). E a Roma sono due anni che si tiene un festival ad essa dedicato, il Thalassa, puntualmente recensito dal solito The Wire. È l’Italian Occult Psychedelia.

Eppure in Italia pochi sanno cosa sia e quasi nessuno l’ha sentita nominare. Per forza: nulla di più lontano da quanto va per la maggiore dalle nostre parti. Altro che il peggior mainstream mai visto dagli anni '50 in poi; altro che i logorroici fiumi di parole dei cantautori e dei rapper nostrani (e non a caso le barriere tra i tre mondi paiono cadute in una corsa al ribasso della qualità artistica). Qui ci sono musiche oscure, evocazioni primordiali, esoterismo cattolico, musicisti dai volti coperti da maschere e cappucci, ammiccamenti a Poe, misteri antartici, arcani egizi in salsa vittoriana.

Ma andiamo con ordine e diamo a Cesare quel che è di Cesare. Il merito di aver riunito in una definizione calzante ed efficace una pletora di band che si muovevano in territori sonori contigui e in immaginari similari è tutto di Antonio Ciarletta, che vi dedicò un lungo servizio su Blow Up a gennaio 2012, seguito da un aggiornamento sullo stato delle cose ad aprile 2014. Ma da dove nasce l’IOP?

Il retroterra

Il retroterra sonoro dell’Italian Occult Psychedelia non è quello su cui è tradizionalmente cresciuta la psichedelia storica, e cioè quella commistione di canzone rock, base blues, ritmi, attitudini improvvisative e scale entrambe provenienti dal jazz. Una sola tra le grandi band della psichedelia classica è da considerarsi un riferimento: i Pink Floyd. Ma meno per le stralunate ballate di Syd Barrett (l’album “The Piper At The Gates Of The Dawn”, 1967, e i 45 giri ad esso connessi) e più per i lunghi brani costruiti come spazi da esplorare sonicamente che compaiono nel periodo successivo, fino ad “Obscured By Cloud” (1972). Non a caso, Waters, Mason e Wright erano tutti studenti di architettura.

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Le atmosfere cupe che caratterizzano l’IOP vengono però giù dritte dritte da tanta new wave gotica degli anni '80. Come quella di “Faith” e “Pornography” dei Cure, per restare sul noto.

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Altro riferimento principe è il krautrock tedesco: tanto per il suo lato tribalistico, di un tribalismo raramente influenzato dall’ Africa e molto dalle radici europee (Can, Faust, Amon Düül II, Popol Vuh, Neu!), quanto per quello elettronico (Kraftwerk, i Tangerine Dream e Klaus Schulze), importante specie per la tendenza a costruire droni, ovvero a utilizzare lunghe note come una specie di basso continuo. Decisive, in questo senso, anche le esperienze di artisti elettronici e non come Robert Fripp, Brian Eno, Terry Riley, La Monte Young e Sunn O))).

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Ok, questo per il lato psichedelico e per quello occulto. Ma quello italiano? Sta nel recupero di materiali come le colonne sonore dei b-movies italiani, specie quelli del genere cannibalesco (“Cannibal Holocaust” di Riz Ortolani vi dice qualcosa? Ma anche certo Morricone non scherza…); come la cosiddetta “hauntology”, cioè l’insieme di musiche strane che la tecnologia ha messo a disposizione dei retromani; come la “library music”, cioè la musica creata per sonorizzare documentari, notiziari, sceneggiati radio, film TV, ecc.; l’“hypnagogic pop”, musica lo–fi ma con un alto grado di reminiscenza del pop più leggero dei tempi che furono. In fondo, tutti effetti della grande sbornia per la lounge e l’exotica di venti anni fa, in un mondo in cui, alla fine, non c’è differenza tra la musica pubblicata 100, 50, 25 anni fa, ieri od oggi, per quanto riguarda la sua reperibilità e quindi il suo costituire il panorama sonoro in cui ognuno di noi sceglie di muoversi.

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Ovviamente, non bisogna dimenticare il Franco Battiato del periodo 1972-1978, tra suggestioni kraut, elettronica e musica colta, che è recentemente tornato a ruggire con il Joe Patti's Experimental Group.

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I precursori

Sono di due tipi: gli apripista, che non fanno parte a stretto giro del movimento, per alcuni riferimenti diversi, e quelli che facevano già IOP decenni prima che questa fosse inventata e vi sono recentemente stati ascritti.
In questo che vuole essere un volo d’uccello senza particolari pretese di esaustività, come non citare tra i secondi i romani Gustoforte, che già trent’anni fa si muovevano tra elettronica e musica concreta?

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O i parmensi Dream Weapon Ritual, formatisi nel 2006, per opera di Simone Balestrazzi (uno che è musicalmente in giro dal 1986) e Monica Serra, entrambi anche nel T.A.C. (Tomografia Assiale Computerizzata)? Pulsazioni elettroniche, iterazioni ipnotiche, tribalismi freddi e voci straziate:

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Tra gli apripista citerei i torinesi My Cat Is An Alien, il cui album del 1999 “Landscapes Of An Electric City” viene citato da Ciarletta come anticipatore del movimento. Duo costituito dai fratelli Opalio, finiti anche sulla copertina di The Wire nel giugno 2011, My Cat Is An Alien si distacca dall’IOP per una maggiore contiguità con il noise. Eppure, di sicuro, le atmosfere cupe non mancano: 

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Maggior titolo hanno i padovani Jennifer Gentle, e per diversi motivi. Uno, sono stati tra i primi a mostrare il lato da incubo delle filastrocche candite di Syd Barrett. Due, hanno sviluppato in tempi non sospetti una passione insana per la hauntology, anche se non italiana, tanto da contribuire nel 2008 con un brano alla colonna sonora del film “A Life In The Death”, dedicato al leggendario produttore weird Joe Meek. Tre, sono stati fondati, insieme a Marco Fasolo, da Alessio Gastaldello, che se ne è andato dalla band nel 2007 per fondare i Mamuthones, una delle band più rappresentative dell’IOP. Le atmosfere strane e maligne, da rituale vittoriano, di certo non mancano nella produzione dei Jennifer Gentle, se sentite bene (in questo caso con un preciso ricordo di “Astronomy Domine” dei Floyd):

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Le band

È proprio con il primo album dei padovani Mamuthones che nasce tutto: atmosfere arcane ed esoteriche, tribalismo messianico, krautrock a manetta, musiche ora meditative ora apocalittiche e furiose, e riferimento esplicito fin nel nome della band alle tradizioni italiane (i mamuthones sono maschere del carnevale sardo di Mamoiada, dal significato incerto, ma che hanno la funzione di scacciare gli spiriti maligni, nonostante o proprio per il loro aspetto mostruoso). Nati come solo project di Gastaldello, dilagano: diventano una vera band e la stampa li acclama in Inghilterra, dove il Guardian ha dato cinque stelle al loro album omonimo del 2011 e tre all’esordio dei Beady Eye, nella stessa pagina, e li accosta al satanismo progressive di Antonius Rex, benché Gastaldello sia fortemente credente. Il gradimento degli inglesi è confermato da “Collisions 04”, lo split con gli albionici The Evil Blizzard in uscita per la britannica Rocket Recordings. La formazione è variabile, ma a volte diventa una all-star, riunendo, oltre a Gastaldello, Fasolo dei Jennifer Gentle, Maurizio Boldrin, 67enne ma possente batterista dell’epoca beat e del Pino Donaggio di “Carrie, lo sguardo di Satana”, e Matteo Polato degli Slumberwood. Ascoltate come Popol Vuh, Cure, Einsturzende Neubauten si uniscono in una evocazione ancestrale di qualche evo fa: 

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Il Veneto da cui vengono i Mamuthones è terra ricca di IOP. Ad esmepio i citati Slumberwood, anch’essi padovani e nel giro Mamuthones, dalle atmosfere oniriche, ma meno danzabili, e il cui secondo album “Anguane” (2012) è significativamente prodotto tanto da Marco Fasolo dei Jennifer Gentle quanto da Federico Zanatta dei Father Murphy, che praticano un incrocio malato tra avant-blues, ritmiche celtiche, zone oscure della psiche che a qualcuno li ha fatti avvicinare agli Swans.

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Da non dimenticare poi Be Invisible Now!, progetto solista di Marco Giotto, sulla falsariga della musica cosmica tedesca degli anni '70 (Tangerine Dream e Kluster). Lo stesso Giotto, in coppia con il cugino Andrea, dà vita agli Squadra Omega, che uniscono il krautrock e la lezione dei Floyd al free jazz cosmico e psichedelico di Sun Ra. Tutte band, con l’eccezione di Jennifer Gentle e Slumberwood, che incidono per Boring Machines, etichetta di Castelfranco Veneto (Treviso), particolarmente concentrata sul genere.

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Scorrendo verso ovest la Val Padana, si incontra un altro nucleo di IOP nel bolognese. Da qui viene BeMyDelay, progetto solista di Marcella Riccardi (Blake/e/e/e, Franklin Delano, Massimo Volume), che fonde blues arcaico e droni vocali in una musica arcaica, spettrale, ipnotica (e sempre su Boring Machines). In questi dintorni, a Imola, è il covo dei Fulkanelli, collettivo alchemico già dal nome, che sviluppa atmosfere grottesche e favolistiche, partendo da una disarticolazione sonora che ricorda a tratti l’operato degli Area più oscuri. E qui è una delle basi degli In Zaire, quartetto di casa anche a Berlino e Gemona (Udine) che sviluppa il kraut più ipnotico su selvagge ritmiche tribali, un mix pure ballabile.

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La colonna milanese è meno numerosa: oltre agli arcanamente tribali e grotteschi Eternal Zio, in un qualche senso affini ai Fulkanelli, ma più krautrock e con qualche vicinanza ai Floyd di “Set The Control For The Heart Of The Sun”, segnaliamo i Satan Is My Brother (altra band Boring Machines), che immettono accenti free jazz alla Albert Ayler in atmosfere cupe e solenni: 

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Anche a Torino le band IOP son poche, ma non per questo immeritevoli. Se i Psalm’n’Locker praticano rituali a base di droni elettronici, Stefano Isaia dei Movie Star Junkies ha dato vita, col nome d’arte di Gianni Giublena Rosacroce, al progetto La piramide di sangue, prima album solista, nel 2011 (su cassetta), più band vera e propria, con all’attivo due album, “Tebe” (2012) e “Sette” (2014), entrambi su Boring Machines. Ancora una volta suggestioni kraut e di tribalismo pseudoetnico, che riportano tanto ai Can, quanto ai Faust e (forse) ai Guru Guru: ma stavolta si incrociano con melodie mediterranee e ricordi di Nino Rota.

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Scendendo a Roma si incontra un altro nucleo forte di IOP, meno numeroso di quello veneto, ma capace di catalizzare il movimento grazie al già citato Thalassa Festival. Sulla scorta degli antenati Gustoforte, ecco i droni elettronici di Mai Mai Mai, progetto solista di Toni Cutrone, e le atmosfere cupe che condiscono l’immaginario porno dei Creapopolvsqve. Ma le punte di diamante della scena romana IOP sono innanzitutto gli Heroin in Tahiti (ancora su Boring Machines), in cui milita Valerio Mattioli (il giornalista) e i cui echi morriconiani sono palesi e sospesi in mari di elettronica.

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Come loro, più di loro, da segnalare i Lay Llamas, i più dance del lotto, con evidenti reminiscenze del funky bianco e destrutturato dei primi Talking Heads. La loro attitudine pop e dance, unita al fatto di essere una delle poche band IOP ad avere un cantato “tradizionale” nei propri pezzi, ne ha fatto subito una delle band più note all’estero, come il citato invito al Liverpool International Festival of Psychedelia dimostra e come il contratto con l’inglese Rocket Recordings conferma. Permangono ovviamente sospiri, echi, presenze misteriose, che in qualche modo fanno assomigliare la loro musica a un ammaliante ibrido tra i Floyd di “The Wall” e certe produzioni acid house inglesi di fine anni 80, come “Pump Up The Volume” dei MARRS.

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Nel centro Italia, l’altra colonna molto meno numerosa di IOP è in Sardegna, dove dall’esperienza degli 8 afrodisiaci fatti in casa (“punk primitivo con venature free”, secondo Ciarletta) è nata la Hermetic Brotherhood of Lux-or (ancora un marchio esoterico), la cui psichedelia acida porta evidenti le tracce dei Cure più gotici e delle band consimili degli anni 80:

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A sud sono tre le tappe da compiere. A Salerno ci attende la Spettro Family, progetto di Stefano Iannone della label Vade Retro, il cui nome mantiene quello che promette, evocando presenze ectoplasmiche in atmosfere che fondo la wave elettronica alla lezione dei Goblin

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In Puglia, a Bari l’etichetta Ultramarine Records fa capo a Silvia Kastel, il cui “Love Tape” rimanda chiaramente al rumorismo di marca Throbbing Gristle. In coppia col chitarrista catanese Ninni Morgia ha fondato prima i Right Moves, che uniscono l’influenza della ex band di Genesis P-Orridge alla lezione del John Coltrane free jazz, e poi i Control Unit, che recuperano l’elettronica scura degli anni 80 dei primi Cabaret Voltaire.

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Più consistente la scena tarantina, dove si agitano la psichedelia trascendente di Valerio Cosi e la trance magica delle numerose incarnazioni Jooklo (Golden Jooklo Age, Jooklo Danish Group, Jooklo Duo, Jooklo Finnish Quartet, Jooklo Quartet, Jooklo Stellar Tribe, Neokarma Jooklo Experience, Neokarma Jooklo Octet, Neokarma Jooklo Sextet e New Jooklo Age), ma dove, a mio modesto parere, è soprattutto da segnalare il percorso di Gaspare Sammartano e Donato Epiro, prima coi propri nomi, tanto da soli quanto in coppia, poi con la sigla che ne esprime al meglio l’ispirazione, ovvero Cannibal Movie. Elettronica cupa e dal sapore slavo di Laibach e Borghesia, atmosfere tribali denaturalizzate, un senso di pericolo incombente: ecco il piattino freddo che i due ci servono con un ghigno sornione.

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Le differenze sono evidenti, certo. Ma sono più forti le somiglianze: l’Italian Occult Psychedelia è la colonna sonora dell’Apocalisse, di quell’Apocalisse discreta e in tono minore che si abbatte ogni giorno sulle nostre vite e sulla nostra nazione. È la musica che meglio esprime la lenta e apparentemente inarrestabile corrosione della nostra epoca, delle nostre esistenze, delle nostre speranze e dei nostri sogni. Da un lato fotografa l’orrore, dall’altro fugge, in modo più o meno consapevole (che importa?) dal nostro marcescente presente proiettandosi in lontananze abissali, evocando in musica rituali esoterici che possano forzare il muro della realtà che ci circonda proiettandoci in epoche e luoghi dove l’orrore è più palese di quello che circonda, ma ha il pregio di mostrarsi per quello che è, forza ctonia di Chtuhlu. 

 

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L'articolo Guida essenziale all'Italian Occult Psychedelia di Renzo Stefanel è apparso su Rockit.it il 2015-01-16 13:00:00

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COMMENTI (3)

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  • indienick 9 anni fa Rispondi

    interessanti i Lay Lliamas

  • Panoramico 9 anni fa Rispondi

    Vi ringrazio non conoscevo nessuna band italiana di questo genere di nicchia!

  • pain 9 anni fa Rispondi

    Articolo (esotericamente) interessante :)