"La guerra è finita" dei Baustelle, o di quanto sappiamo farci del male

In questi giorni ferocemente dolorosi per tutti, grazie allo scrittore David Marte e al suo "Parole di Baustelle, analizziamo il testo di uno dei brani più celebri della band toscana. Che ci dice molto delle profondità a cui può calarsi l'animo umano

Baustelle - foto di Cosimo Nesca
Baustelle - foto di Cosimo Nesca

Davide Marte ha scritto Parole di Baustelle, un saggio sui testi di diciotto canzoni dei Baustelle, un atto d'amore nei confronti della band di Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi, scelte da una propria "Trilogia della vita” del gruppo toscano: cinque pezzi dall’album La Malavita (2005), sette da Amen (2008) e sei da I Mistici dell’Occidente (2010).

La Malavita appare così una raccolta di storie densa di malesseri esistenziali e disagi, con tematiche legate al suicidio, alla follia (anche nella sua accezione ‘poetica’), alla vendetta e alle miserie umane; Amen si mostra invece focalizzato sulla società occidentale moderna e su temi politici, e si respira tra i testi un rassegnato pessimismo storico e una critica all’esasperato individualismo; neI Mistici dell’Occidente si affronta un discorso più improntato all’azione e al cambiamento, invitando l’ascoltatore a guardare oltre, al di là del soddisfacimento dei bisogni materiali, e a pensare che ci possano essere altre realtà possibili e altri valori. Del suo libro ci regala l'analisi di La guerra è finita, una delle canzoni più intime e popolari della band, una storia vera di depressione e suicidio in salsa pop con la guerra sullo sfondo, tragicamente attuale di fronte al dramma che si sta consumando in Ucraina.

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Non occorre inventare nulla, si parte dalla realtà. Cronisti nel grado zero dell’esperienza. Come un uomo che vede, un giornalista che osserva, e poi un autore che immagina e trascrive, ossia romanza e ricrea: raccontando la sua realtà. Secondo gli psicologi, chi si uccide muove guerra contro sé stesso. Le ragioni per arrivare a questo gesto estremo possono essere tante, ma di certo "i motivi che spingono una persona a muovere guerra contro se stessa non risiedono solo nel mondo interiore ma anche in quello relazionale perché il suicidio è anche un messaggio per gli altri" (Mario Polito, Suicidio. La guerra contro se stessi).

La sedicenne protagonista della prima storia di mala-vita è una ragazza conosciuta personalmente che decide di togliersi la vita, lasciando un messaggio: “Vivere non è possibile, La guerra è finita / Per sempre è finita  / Almeno per me”. Così è andata la faccenda, questi sono i fatti. Io autore ne sono testimone e trascrittore. Lo riporto e lo suggello: lei Scrisse così. Chiuso. Ma poi questa storia ricorda quella di un’altra persona conosciuta personalmente che decide anch’essa di togliersi la vita, e queste due storie ricordano tutte le storie molto diverse ma molto simili di altri adolescenti che hanno deciso di togliersi la vita. Perché uccidersi? Una possibile risposta viene posticipata alla traccia nove, Perché una ragazza d’oggi può uccidersi?. Il discorso si ampia, si astrae e si cerca di comprendere: "Forse perché non le piace la gente / O quella festa che ha dentro di sé / Quando vorrebbe la tranquillità / Il niente". Qui intanto si dipinge un ritratto, da fuori. Stavolta, caso unico nell’intera galleria dei ritratti, in terza persona.

Le parole autografe della suicida lasciate sul biglietto aprono e chiudono il testo, “Vivere non è possibile”, “La guerra è finita”, e tornano nel ritornello “La guerra è finita / Per sempre è finita / Almeno per me”, inserendosi in un contesto che sposta la tragedia dalla dimensione personale al piano storico-sociale: le bombe vicine, le mine, Belgrado, l’America e Bush. Il riferimento è alle guerre jugoslave: prima metà degli anni Novanta, appena al di là dell’Adriatico, terre vicine a noi. Durante questo conflitto i territori di Croazia e Bosnia-Erzegovina furono disseminati di micidiali mine antiuomo che andarono a colpire prevalentemente la popolazione civile: "E nonostante le bombe vicine e la fame / Malgrado le mine".

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L’ispirazione per il testo sembra derivare da una canzone scritta da Serge Gainsbourg e interpretata dalla sua giovane lolita Jane Birkin, Il canarino è sul balcone. Anche in questo caso il titolo è in realtà composto dalle poche parole lasciate su un biglietto da una ragazza suicida con il gas:  

Prima di aprire il gas lei pensa al suo canarino / Prima di finirla una  volta per tutte / Prende la gabbia e va sul balcone / Il vento gelido  dell’inverno l’ha ghermita, trema / Ha aperto il gas e si allunga  sul letto / Sul giradischi ha messo il suo disco preferito / Sì, è un  po’ svanita / Vede dei fiori strani, dei fiori bizzarri e delle farfalle /  Mentre su Londra lentamente scende la notte / Sul tavolino accanto  alla ragazza che dorme / Si possono leggere, scritte a matita / Queste  poche parole: «il canarino è sul balcone»

In Gainsbourg le parole lasciate sul biglietto chiudono il testo ("il canarino è sul balcone"), in Bianconi lo aprono (“Vivere non è possibile”) e poi lo chiudono (“La guerra è finita”) con l’aggiunta del suggello testimoniale d’autenticità ("Scrisse così"), che a sua volta risulta in posizione inversa rispetto a quello dell’originale ("Si possono leggere, scritte a matita / Queste poche parole"). La parte finale del testo francese risulta quindi ripresa con inversione. L’anafora d’apertura di Gainsbourg ("Prima di aprire il gas lei pensa al suo canarino / Prima di finirla una volta per tutte") viene invece recuperata in parallelo quasi nella stessa posizione di apertura ("Prima di respirare il gas / Prima di collegarsi al caos").

I Baustelle dal vivo - foto di Alessandro Sozzi
I Baustelle dal vivo - foto di Alessandro Sozzi

Il ritratto tipicamente adolescenziale delle due ragazze viene attualizzato al proprio tempo ma coincide nei riferimenti, impliciti o espliciti, alla musica  (Gainsbourg: «Sul giradischi ha messo il suo disco preferito»; Bianconi:  Vagamente psichedelica / La sua t-shirt all’epoca / Prima di perdersi nel  punk) e alle droghe (Gainsbourg: "Sì, è un po’ svanita / Vede dei fiori strani, dei fiori bizzarri e delle farfalle"; Bianconi: "Prima di perdersi  nel crack"), oltre che alla giovane età della protagonista (Gainsbourg:  "ragazza"; Bianconi: "Aveva sedici anni appena").

In entrambi i testi infine è presente un riferimento, implicito o esplicito, al biglietto lasciato dalla suicida (Gainsbourg: "Sul tavolino accanto alla ragazza che dorme / Si  possono leggere"; Bianconi: "Sul foglio lasciò parole nere di vita", poi in tono più enfatico: "La penna sputò parole nere di vita"), e allo strumento usato per scriverlo: la semplice "matita" del francese diventa così la  bic profumata del toscano, un particolare che contribuisce a spostare la conclusione dall’ambito di una disadorna quotidianità entro una prospettiva vagamente melodrammatica, attribuendo alla vicenda una sfumatura più attoriale e cinematografica: 

All’inizio abbiamo scelto le canzoni che ci piacevano di più, ne avevamo una ventina, e poi ci siamo accorti che avevano questo carattere un po’ da film… inconsapevolmente, avevamo scelto quelle che rappresentavano una specie di concept. Quindi sono d’accordo con questa definizione, anzi mi fa piacere che l’album sembri un film, alla fine la musica, almeno secondo me, è più interessante quando evoca anche delle immagini. Ho un rapporto con il cinema molto ossessivo. C’è stato un periodo che uscivo dalla sala e mi sentivo quasi male perché la storia che avevo appena visto continuava anche una volta che il film era finito e mi influenzava nella vita. Un’ossessione che inevitabilmente influenza il mio modo di scrivere (ilcibicida.com).

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L'articolo "La guerra è finita" dei Baustelle, o di quanto sappiamo farci del male di David Marte è apparso su Rockit.it il 2022-03-08 10:08:00

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