La quiete oltre la Radura

Luca Giuseppe D’Aloia, già frontman della band milanese, trasforma le urla in sussurri nel progetto Conche Bianche. L'omonimo disco d'esordio, pubblicato in 50 cassettine, è un gioiello di cantautorato acustico tra Sufjan Stevens e Red House Painters. L'assedio sonoro è finito, arriva la pace

Conche Bianche - foto di Alice Blu
Conche Bianche - foto di Alice Blu

Sono state veramente poche le persone che hanno saputo ricostruire il glorioso periodo dell'hardcore italiano e riuscire poi a superare gli angusti seppure motivati limiti di quel sound dopo il loro apice creativo per tentare rinnovamenti o sviluppi di quel granitico suono.

L'integrità, la totale mancanza di compromessi di ogni tipo (almeno nelle tesi), la piena e viscerale convinzione nelle proprie sole motivazioni s'è raramente riflessa in un suono altrettanto coinvolgente ed esasperatamente coerente. Per cui, già dopo qualche anno dall'esplosione del fenomeno e figuratevi adesso, gli unici momenti di rinnovamento sono avvenuti da contaminazioni col metal (in certi casi assolutamente episodiche) e da ibride ed incerte creature che si son poi “thrashinate” fino alle soglie e oltre degli anni Duemila con ricerche sonore tendenti al hip-hop assolutamente prive di fermento creativo.

Conche Bianche mentre fuma allo specchio - foto di Alice Blu
Conche Bianche mentre fuma allo specchio - foto di Alice Blu

Altrettanto mitica l'etichetta provinciale (a volte in tutti i sensi) di MIHC, TOHC, VEHC, etc., ha poi pesato molto sui nomi, sugli atteggiamenti della critica, sul crudele entusiasmo dei fans, per cui la combinazione dei fattori ha scongiurato e reso quasi impossibile ogni reale slancio al cambiamento.

In una situazione del genere spicca l'atteggiamento di pochi, che, per quanto assai discussi dall'area conservatrice della scena così come da sospettosi rivali nell'area indie, son stati capaci d'uscire da quel universo sonoro per creare una nuova via altrettanto impegnativa e facilmente ammaliante come quella lasciata. Mi vengono in mente Give Vent, al secolo Marcello Donadelli, o una ventina d'anni prima Mauro Vacca detto Vanvera. Conche Bianche, pure se in altro modo, va inserito al loro fianco e al fianco di quelli che, come loro, sono stati esempio di un brillante superamento, forse come sempre tardivo e isolato rispetto al resto del mondo, ma efficace della staticità di una nazione (la Nostra) diventata simbolo del (falso) esaurimento di un genere e delle sue idee.

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Ciò che è più sorprendente è che solo a cinque anni dalla formazione e soltanto uno di distanza dal culmine espressivo e sonoro (almeno fino ora) dei Radura (Effetto della veduta d'insieme, 2021), ma soprattutto con radicale svolta musicale, la chitarra urlata dei milanesi Luca Giuseppe D'Aloia sia riuscito a plasmare un suo proprio progetto così composito, ben rifinito e definito come Conche Bianche, senza avere la minima intenzione di svincolarsi e/o liberarsi da quella pesante (nel senso sonoro) paternità.

Anzi: “i due progetti sono intimamente connessi e al di là delle diverse apparenze”, dice subito Luca interrogato a riguardo. Va inoltre detto che il ragazzo in questione, classe 1996 e assolutamente non riconducibile all'indie – come genere e soprattutto come genere odierno – di Milano, lo è per ascendente indole e inventiva del diretto interessato: “Conche Bianche uscirà in 50 cassettine numerate grazie all'aiuto dei ragazzi di Non Ti Seguo Records", mi spiega Luca, "con cui ci conosciamo da tanto e mi avevano detto mi avrebbero aiutato”.

Non contento di avermi già sorpreso con “cassettine”, aggiunge: “Allegheremo anche un oggetto di carta tipo 'zine, in collaborazione con Rami d'Edera che poi è una piccolissima piccinissima casa editrice indipendente che io e una amica,  Alice Blu, stiamo provando a tirare su”. Ecco, premettendo che se la fanzine sarà poetica e curata come il presskit arrivato, da sola potrebbe valere ½ della vostra curiosità, ulteriore essenziale anello di congiunzione-disunione con la scena è rappresentato proprio dall'etichetta con cui Conche Bianche pensa di collaborare, la Non Ti Seguo Records (la stessa al contempo di You Nothing, Maremarcio e Mother), simbolo di un'epoca in cui senza dubbio alcuno ghettizzarsi è sinonimo d'infinita imbecillità.

Conche Bianche dal vivo
Conche Bianche dal vivo

Guardando più da vicino Conche Bianche, vengo a conoscenza che i primi due lavori, Il sole d'aprile e I giorni delle mandorle, la cui datazione appare vaga come stelle dell'Orsa, escono in punta di piedi, per una piccola cerchia di amici, in una manciata di copie fatte a mano seguendo la fortunata filosofia del DIY, poi regalate o barattate. Il distacco dalle atmosfere originarie avviene però, oltre che nelle parole del chitarrista, che rifiuta giustamente ogni tipo di etichetta, da indie a varie sotto-categorie che vanno da slowcore a it-pop, soprattutto con la musica, la cui forza sta nell'indipendenza dal mercato non solo passato e nella spinta creativa e compositiva decisa a spingere il progetto in un nuovo ed estremamente vitale  universo. “Alla fine è roba acustica, solistica, cantata in italiano, malinconica e strutturata con strati di chitarre ma che per piacere, tuttavia, non necessita di essere degli scureggioni musicali come te”, nelle sagaci parole di chi me ne ha parlato per la prima volta, e sto.

L'effetto immediato è di sicuro quello della sorpresa, del totale disorientamento di chi, visti i precedenti musicali di Luca, si aspetta il solito ultra-rabbioso pestone suonato da un terzetto già psicologicamente pronto per ogni tipo di sing along. Si aprono quindi nuovi orizzonti: il minimalismo compositivo e il massimalismo della linea morale, il primitivismo se vogliamo delle strutture sonore, diventano fonti di riferimento validi per quella che è a tutti gli effetti una one-man band; eppure la consistenza delle idee musicali cresce di pari passo all'ascolto, si complicano e si completano di vena compositiva, tecnica strumentale e attitudine mentale. Gli argini sono rotti, ponendo fine a un assedio che dura decenni.

 

Conche Bianche nella natura - foto di Alice Blu
Conche Bianche nella natura - foto di Alice Blu

Non si può unire da un punto di vista sonoro, l'opera di Luca Giuseppe D'Aloia aka Conche Bianche a quella di chi come loro, anche i FBYC in tempi più recenti, perché è più screziata di influenze che vanno da Sufjan Stevens a Red House Painters, ma li si può accomunare per l'importanza nel “ruolo-guida” nell'uscita dall'aria a volte “viziata” della scena comunemente detta hardcore. “Conche Bianche l'ho preso da un frammento di una brevissima poesia che ho scritto", spiega infine Luca. "Diceva: 'Nelle conche bianche di foglie specchiare il mio corpo' ed è un'immagine di serenità, un luogo raccolto, un luogo intimo, vicino, che avvolge, che racchiude. Alla fine solo dopo tanto tempo ho capito che i vari aspetti del progetto sono in realtà tutti uniti da questo filo che già è presente nel nome: il modo in cui ho registrato, come ho condiviso la musica, come la suonerò dal vivo...”. 

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L'articolo La quiete oltre la Radura di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2022-04-22 12:01:00

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