Liberato ha perso il tocco magico

Non basta il fantastico video di “Partenope” né il tentativo di uscire dall’urban e abbracciare la tradizione di Napoli, “Liberato II” questa volta non va a bersaglio. Perché gli esaltanti guizzi degli esordi rischiano di diventare cliché, e la contaminazione confusione

La copertina di "Liberato II"
La copertina di "Liberato II"

Questa volta è arrivato nel silenzio assoluto. Anzi, ormai il grosso dei fan probabilmente aveva smesso di pensarci ed era già a letto da un pezzo quando, proprio allo scadere del 9 maggio, si presenta l'entità che si sperava si manifestasse nella sua giornata. "Liberato canta ancora", il lapidario messaggio. Fermento, scalpore, urletti di gioia, solito effetto straniante della pioggia di commenti su Instagram e YouTube che si moltiplica a ogni refresh. È proprio vero, è tornato Liberato, questa volta con un nuovo disco: Liberato II, con l'immancabile rosa in copertina, questa volta come se fosse parte di una scultura di marmo.

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Ad accompagnare il disco c'è il videoclip di Partenope, traccia d'apertura del disco, che vede il ritorno alla regia di Francesco Lettieri e con protagonista l'attore Giacomo Rizzo, protagonista (tra le altre cose) de L'amico di famiglia di Paolo Sorrentino. Un video ambizioso, ancora di più di quello che avevamo visto fino adesso, come a rispondere a quello di E te veng a piglià di Enea Colombi dell'anno scorso. Se quello era proiettato in un futuro fantascientifico, questo ci porta nella Napoli settecentesca, con un lavoro curatissimo nei costumi, nell'immagine e nella coreografia. Ci sono le atmosfere cupe del Suspiria di Luca Guadagnino mischiate a quelle di Eyes Wide Shut di Kubrick, danze ipnotiche che uniscono tradizione e contemporaneità, un attaccamento alle radici che detta subito la direzione del disco, andando ancora di più nel passato napoletano. Riuscendoci, però, solo in parte.

La stessa Partenope è uno dei pezzi che meglio funziona del disco, una simil-tarantella tirata da un beat spinto e il mix vincente di napoletano e inglese a cui ci ha abituato – "'nnamurato for the first time" è il ritornello in cui i fan speravano –, ma c'è qualche segnale evidente che il giocattolo si sta rompendo, delle crepe che non si possono fingere di ignorare. Forse è l'effetto Liberato che inizia a mollare il colpo, dopo 5 (cinque!) anni da Tu t'e scurdat' 'e me, forse è la pressione di dover buttar fuori qualcosa dopo aver rimandato per due anni la doppia data di Milano, sta di fatto che il disco non sta in piedi come dovrebbe.

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Si salva la daftpunkiana Nun ce penzaNunneover sfocia in una tamarraggine reggaeton nella strumentale troppo ingombrante, riuscendo a salvarsi solo per metà, Guagliancella napulitana nel migliore dei casi annoia. Giusto 'Na storia, 'na sera rialza un po' la testa con il suo climax da dancefloor, ma non basta. Soprattutto perché arriva dopo la disastrosa Cicerenella – con tanto di visual che più del teatro di burattini ricorda Le avventure di Pwollenecienièlle su Una pezza di Lundini –, brano della tradizione napoletana che finisce per sgretolarsi sotto i colpi di elettronica schizofrenica e vocine pitchate, senza che le due dimensioni riescano ad amalgamarsi. Un'accozzaglia pura di elementi che si respingono a vicenda, mentre di Liberato fino ad adesso funzionava proprio la contaminazione sana tra mondi paralleli, il dare un senso di presente alla tradizione e per iniettare di vita il neomelodico. Così questo ponte che tanto ci aveva conquistato diventa troppo carico di luoghi comuni e di suoni kitsch un tanto al chilo, finendo per non essere più stabile come prima.

Qualcosa non torna in Liberato II. La spinta creativa che aveva reso il musicista napoletano un culto si è arrestata di colpo, non mostra segni di reinvenzione, gli elementi che lo avevano reso un unicum sono ormai talmente codificati da risultare stantii, in questo caso, mentre quello che serviva era una nuova fiamma incendiaria, uno slancio che continuasse il discorso, che aprisse orizzonti, che ci indicasse una direzione diversa. Questo non è successo, rimane un tentativo di andare verso la tradizione – che prende benissimo forma nell'associazione col partner in crime Francesco Lettieri – che si perde sulla lunga distanza, finisce col lasciarsi coprire da un'aura plasticosa troppo asfissiante, lasciando che a vincere sia la confusione. "9 maggio, t'hê scurdato".

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L'articolo Liberato ha perso il tocco magico di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2022-05-10 15:00:00

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