Lil Kvneki ha imparato a cantare

Perché Kvneki è da solo? Che fine hanno fatto gli Psicologi e chi sono questi American Boyfriends che lo accompagnano? Perché non rappa più? A queste e altre domande che sconquassano il fandom dell'artista romano ha risposto lui stesso, e sembra che in realtà vada proprio tutto bene

Lil Kvneki, foto di Diego Pignattini
Lil Kvneki, foto di Diego Pignattini

“Facciamo nel pomeriggio, siamo sicuri che sia sveglio”. È il messaggio con cui fisso l’orario dell’intervista al fratellino Lil Kvneki, la metà romana del duo cloud-rap Psicologi. È da poco uscito con il singolo d’esordio solista - brillante, cantatissimo e pieno di chitarrine - e ho voglia di raccontarne il nuovo inizio e di capire cosa stia succedendo con Drast

Alessio è un personaggio amabile e fragile, sembra che abbia sempre una nuvoletta nera sopra di sé. Maestro nel buttarsi giù, riporta inconsapevolmente in auge una parola che ben incorniciava un fenotipo grunge anni Novanta: lo slacker, quel giovane sognante, disilluso, apparentemente senza obiettivi nella vita.

In realtà è molto diverso da così. Dietro quel primo strato c’è un ragazzo classe 2001 che sorprende con plot twist inaspettati. Che lascia per un attimo da parte una cosa che sa fare molto bene, il rap, per provare a realizzare un suo desiderio. Che continua a cercare la sua strada, alla sua maniera.

 

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Primo singolo solista: Solo come un cane. Non credo ci sia niente da aggiungere.

È un messaggio chiaro (Ride, NdI) Questa roba nuova nasce da una mia ricerca, dalla mia voglia di trovare un modo di cantare. Per qualche tempo ho provato a fare - da solo ma pure con Psicologi - delle robe più pop, con autotune. Però non mi piacevano, non mi convincevano e non riuscivo a farle sentire a nessuno. Alla fine ho trovato questa chiave strascicata, senza particolari effetti nella produzione.

Che cosa ti ha spinto a cercare un modo? 

In questo periodo sto finalmente vivendo delle prese bene a livello personale, però ci sono stati anni in cui sono stato solo come un cane, appunto. Sentivo il bisogno di fare un disco mio. Sono stato un po’ preso male, mi sono sempre sentito come se non riuscissi a trasmettere ciò che volevo. Come per esempio quando mandavo i provini a Davide (Caucci, suo A&R in Bomba Dischi, NdI) non è che me s’enculava più di tanto (Ride, NdI) È una sensazione che ho tutt’ora nella mia testa, e non dipende da Drast. 

Da cosa nasce questa voglia di cantare e non rappare? 

Io amo il rap, sono un botto fan del genere, ma dentro di me ho sempre voluto cantare. Sono super fan di Tenco, di De Andrè, dei Cani. Ma anche degli Strokes, o di gruppi tipo Megadeth o Motorhead. All’inizio però non ci riuscivo, sentivo di non avere le doti per farlo. È per questo che ho iniziato rappando: a livello di intonazione è diverso, non devi inseguire le linee melodiche e spesso basta tenere una sola nota. 

Foto di Diego Pignattini
Foto di Diego Pignattini

Ti sei messo a studiare?

Ho fatto lezioni di canto, anche se non sembrerebbe (Ride, NdI) È da due anni che ci sto sotto. Per cercare di riuscire a cantare. 

Musicalmente, l’indie rock chitarristico alla Strokes sembra aver tracciato la linea d’ispirazione di questo disco. Tu nascevi quando usciva il loro primo disco, Is This It, anno 2001.

Fa impressione. Mi piacerebbe riuscire a vederci un collegamento, se non fossero solo date. Diciamo che a me piace pensarla così: siamo figli del 2000-2001, di tutte quelle pubblicità incredibili che hanno distrutto generazioni nel consumismo. E anche di quella musica.

Con cui Roma ha un rapporto speciale.

Il Circolo degli Artisti, quella wave lì. Io pensa che non ci sono mai andato, ero troppo piccolo. È assurdo che sia ancora così culto: rimane nella storia e nei racconti di chi c’era. Quella cosa lì non è mai morta, forse per quelli della tua età, ma non per noi più piccoli che stavamo scoprendo un suono. 

Giacca, capello lungo: che succede? 

Sono cresciuto. Mi è sempre piaciuto portare i capelli lunghi. È una cosa naturale. Mi piace avere due mood, uno street e uno più elegante. Tanto abbiamo le nostre facce che parlano da sole (Ride, NdI)

Foto di Diego Pignattini
Foto di Diego Pignattini

Ti manca solo la chitarra elettrica.

Io non so suonare la chitarra, solo un po’. Riesco a eseguire Pioneer To The Falls degli Interpol, ma non benissimo. Me l’ha fatto scoprire Valerio Bulla. Mi ha dato una grande mano. È stata d’ispirazione.

Chi ha scritto Solo come un cane?

L’ho scritta con Bulla e Giovane Giovane. Tutto nasce da un pezzo degli Strokes, Brooklyn Bridge to Chorus, che alla fine non assomiglia al mio pezzo, però ha il piano che lo ricorda. Le parole sono venute in tranquillità, ho provato a fare linee melodiche pop ma tanto con la mia voce venivano strascicate. 

Citi più volte un ospedale, è relativo ad un fatto particolare?

Ci ho fatto pace con quel fatto. 

Chi sono gli American Boyfriends?

Questo gruppo che mi accompagna in questa esperienza indie-rock. La formazione è ancora da capire bene, ma sono quelli che mi porterò dietro in tour. 

Parliamo di Valerio Bulla, il tuo mentore su questo disco, figura trasversale fra grafica e produzione artistica, voce da doppiatore hollywoodiano, chitarrista che con eguale serenità può lavorare su dischi trap e indie.

Non vorrei risultare scontato: Valerio è geniale. Non mi piacciono molto quelle persone che per spiegarti una cosa devono costruire un castello gigante, lui è il contrario. Fa tantissime cose, è sempre stato in questo mondo musicale. In un periodo in cui andavo dappertutto cercando una persona che capisse il suono che volevo fare, con lui c’è stata subito connessione. 

Ho visto che sei in studio, cosa state registrando?

Il disco.

Titolo?

Ancora non lo so, ma quello non mi spaventa. Potrebbe pure essere Crescendo.

Che succede con gli Psicologi?

Dire che siamo in pausa non è corretto. Io avevo bisogno di fare la mia roba. Con Marco sono tutt’ora in buonissimi rapporti. Avevo bisogno di uscire dalla zona di comfort e anche di presa male. Fra i due sono sempre stato quello un po’ più sporco, volevo una nuova valvola di sfogo.

Foto di Diego Pignattini
Foto di Diego Pignattini

I vostri fan cercheranno tracce di zizzania on line.

(Ride, NdI) Marco ha postato il mio pezzo, ha messo like. Io e lui litighiamo per cazzate incredibili che non c’entrano nulla con musica e soldi. Ci offendiamo se non ci chiamiamo per uscire la sera. Non abbiamo deciso nulla al momento sul progetto. La cosa bella del nostro rapporto è che non sappiamo se usciranno pezzi nuovi subito oppure no, ma certo non abbiamo perso la voglia di fare musica assieme.

Quali sono i progetti di Lil Kvneki & The American Boyfriends?

Adesso faremo uscire un altro singolo, poi nel 2023 faremo uscire il disco. Sarebbe bello riuscire a fare un tour, dipende se qualcuno si accolla la roba.

Come nel video diSolo come un cane, che racconta un concerto senza paganti. Situazione molto indie in effetti.

(Ride, NdI) La cosa bella di tutto questo progetto è riuscire a fare la musica in questo modo, con persone che stanno bene a livello umano con me. 

Cosa fai a capodanno?

Boh, sono una persona un po’ meshta. Di base mi piacerebbe fare qualcosa, ma faccio autosabotaggio. Forse partirò con la mia ragazza.

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L'articolo Lil Kvneki ha imparato a cantare di Carlo Pastore è apparso su Rockit.it il 2022-12-15 10:11:00

Tag: singolo

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