L’incantesimo di una notte assieme a Sinéad O’ Connor

Santo Stefano di Magra, nella più grande fabbrica di ceramica d’Europa. Il ricordo di un indimenticabile live italiano dell’artista morta in queste ore. Una donna piena di magia nella voce e fantasmi negli occhi, un’eretica che il mondo (e l’Italia ancora di più) aveva deciso di condannare

Sinéad O' Connor live nel 2014, foto di Bryan Ledgard
Sinéad O' Connor live nel 2014, foto di Bryan Ledgard
27/07/2023 - 10:33 Scritto da Simone Stefanini

L'Italia non perdona chi strappa la foto del papa, chi bestemmia in tv, chi dice qualcosa contro la religione cattolica. Quella volta non lo fece nemmeno il mondo. Era il 3 ottobre del 1992 quando Sinéad O' Connor, star in ascesa dopo un album di debutto che non suona come nient'altro e che ancora oggi è avanti anni luce, The Lion and The Cobra, e di quel successo planetario che è I Do Not Want What I Haven't Got, che contiene la canzone scritta da Prince per cui è diventata famosissima, Nothing Compares 2 U, immolava la sua carriera di astro nascente per un gesto spontaneo e sofferto di cruda verità personale.

Dopo aver cantato a cappella War di Bob Marley e aver cambiato le parole per mettere sotto accusa la pedofilia nella chiesa cattolica, strappo' la foto di papa Giovanni Paolo II durante il Saturday Night Live, dicendo "Fight the real enemy". Da quel momento, il suo percorso è stato stroncato, è stata criticata dai colleghi, fischiata dal pubblico americano in un concerto in onore di Bob Dylan pochi giorni dopo la trasmissione e ha dovuto ripartire non da zero, da meno uno. L'America puritana la ripudiò, l'Italia bigotta le chiuse le porte che le aveva aperto dopo che quella canzone, che tutti ricordano, aveva sbancato classifiche e spezzato cuori. 

 

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Sinéad O'Connor è morta a 56 anni e quasi tutti i media l'hanno ricordata per due cose: Nothing Compares 2 U - cioè una canzone da interprete tra decine di splendide canzoni da cantautrice - e per quando ha strappato la foto del papa. Che poi era un fatto del tutto personale: da bambina era stata abusata dalla madre molto cattolica e quando quest'ultima è morta, ha preso la foto del papa che conservava nella sua camera e ha atteso il giorno giusto per strapparla. Ma per l'Italia era ormai l'anticristo. Da noi è tornata sulle scene verso il 2000, è comparsa anche al Festivalbar, ma ormai era bollata. Meteora, isterica, pazza. Pure Roberto Vecchioni nella sua ironica Voglio una donna, dice di non desiderare la cantautrice calva, ma forse quella è una provocazione.

Sta di fatto che anche in Italia Sinéad O'Connor aveva uno zoccolo duro di fan che l'ha supportata per tutta la carriera, sia quando era facile, negli anni del successo, dei duetti con Peter Gabriel o Roger Waters, degli album memorabili, sia quando ha avuto le sbandate religiose, fino agli ultimi anni del dolore estremo, quelli della salute mentale vacillante e del suicidio del figlio diciassettenne, un evento traumatico dal quale non si è più risollevata. 

 

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L'etichetta di instabilità che le era stata affibbiata già ai tempi della foto strappata del papa era stata evidenziata dai benpensanti, che ad ogni caduta della cantautrice scuotevano la testa con un "te l'avevo detto" ipocrita e terribile. Nel paese in cui si perdona ogni tipo di delinquenza, il vilipendio al Vaticano è intollerabile. Eppure Sinéad O' Connor ha sempre continuato a cantare, anche di fronte a poche persone, mentre le colleghe meno talentuose facevano i palasport. 

Come quella volta in provincia di La Spezia, a Santo Stefano nell'area della Ex Ceramica Vaccari nel 2014, di fronte a meno di mille persone (forse parecchie meno) sedute e quiete, in una notte d'estate, per vedere di nuovo Sinéad O' Connor cantare come solo lei sapeva fare, con quella voce unica che sarebbe dovuta diventare patrimonio dell'Unesco e con quella timidezza arrabbiata con cui riusciva a squartare cuore e budella, per poi ricucire tutto con un sorriso che le illuminava gli occhi. Tutto a pochi metri di distanza, senza transenne, una cosa surreale a pensarci ora.

 

 
 
 
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Avrete capito che da teenager, di Sinéad O'Connor, ero innamorato pazzo, conservavo gelosamente cassette, poster e i VHS d'importazione di The Value of Ingnorance e The Year of The Horse, imparati a memoria. Ero attratto dalla sua fragilità, la sentivo così vicina alla mia. Insomma, per non annoiarvi oltre, quella volta nel 2014 andai a vederla dal vivo e certo, aveva molti anni in più sulle spalle, il tatuaggio sul petto di quello strano Gesù, nel frattempo era diventata pastore indipendente, aveva flirtato con il rastafarianesimo e con altre religioni - argomento che l'ha ossessionata sempre - aveva perduto e ritrovato sprazzi di serenità che l'avevano portata a pubblicare il suo ultimo album, I'm Not Bossy, I'm the Boss, che già dal titolo prometteva e manteneva attitudine e belle canzoni, ma che voce, che grazia, che anima.

Era estatico vederla prepararsi per il live ascoltando reggae e raccogliendo le energie per esibirsi, lasciando il pubblico senza fiato già dalle prime note della prima canzone, la sua cover di Queen of Denmark di John Grant, per poi spaziare tra le canzoni più rrecenti come Take me to Church o Kisses Like Mine e quelle del glorioso passato come The Emperor's New Clothes o l'indimenticabile The Last Day of Our Acquaintance. Cantò anche quella canzone lì, quella famosa di Prince, che ormai le stava stretta come un vestito vecchio, dandole comunque un'emozione rara e potente. A ripensarci vengono ancora i brividi.

Forse quando la notizia della sua morte si è diffusa, qualcuno di noi ha pensato che quel tormento che l'ha accompagnata sempre, finalmente ha trovato pace. Eppure pensare che la sua voce, quel dono splendido che sembra venir fuori da un altro universo, non potrà mai più cantare una nota, ci fa rendere conto di quanto siamo stati distratti con la sua musica negli ultimi anni. Oggi potremmo renderle omaggio ascoltando i suoi dischi, anche quelli semi sconosciuti, e se abbiamo proprio voglia e necessità di versare una lacrima, lasciamo in pace quella canzone di Prince e ascoltiamo Troy in versione live, Drink Before The War, Feel So Different o la commovente Only You, colonna sonora di Young Victoria che Sinéad O' Connor canta con un filo di voce che non si spezza mai, ma che è capace di spezzare te. 

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L'articolo L’incantesimo di una notte assieme a Sinéad O’ Connor di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2023-07-27 10:33:00

Tag: addio

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