La Torino-HC: una conversazione tra i Linea 77 e gli Arsenico

(Le foto sono di Ivan Rachieli)

Si conoscono, hanno condiviso molti palchi, e soprattutto un'attitudine. Che a Torino il percorso è quello: partire da soli e crescere con le proprie forze. E se questo vuol dire far parte o no di scena è di minore importanza. Abbiamo chiesto agli Arsenico e ai Linea 77 di farsi una birra insieme in un pomeriggio, registratore acceso, carta bianca sugli argomenti di cui parlare. Ne è uscita una chiacchierata di quasi un'ora. Vi riassumiamo i punti più salienti.



La Torino-HC

Paolo (Linea 77): Ci chiedono di parlare della Torino del passato, vi lascio l'onore di cominciare…
Turi (Arsenico): Noi arriviamo dalla scena hardcore torinese, sono 10 anni di esperienza do it yourself. Per noi è un'attitudine, una scuola che è stata formativa, che parte dal quotidiano. I gruppi fondamentali, per noi, sono i Bellicosi, i Church of violence, i Frammenti, gli Arturo.

Paolo: L'altro giorno parlavo di voi ad un giornalista di Torino Sette (inserto settimanale de La Stampa dedicato a Torino, NdR), mi è venuto naturale citare i Negazione. Se dici Torino e hardcore, la terza parola è Negazione.

Fabio (Arsenico): Certo sono stati i precursori…
Paolo: Sono quelli che hanno dato un coraggio a molti di intraprendere un certo discorso.

Fabio: Si, tutto nasceva con i Negazione, con i 5° Braccio, i Blue Vomit e poi è evoluto con Bellicosi e C.O.V.

Emiliano (Linea 77): Frammenti, Kina, C.O.V, sentivi di far parte di un piccolo mondo, erano i gruppi che beccavi a scuola, ci scambiavamo le demo. E poi c'erano centri sociali come il Delta House e L'Isabella. Era un ritrovarsi.

Fabio: Infatti… c'era una scena hardcore, ma semplicemente non sentiva il bisogno di chiamarsi scena, esisteva punto e basta. Come dicevi tu, era un giro di amicizie che condividevano gli stessi luoghi ed esperienze. Per noi era più importante pulire il cortile del Paso (altro storico centro sociale torinese, NdR) la domenica pomeriggio piuttosto che organizzare concerti dove si gridava ad alta voce di appartenere alla Torino-HC. Cosa che invece poi è venuta negli ultimi anni…

Locale e quotidiano: il qui non esiste

Emiliano: C'era chi seguiva la cosa per una scelta individuale, chi per un'idea più ampia, politica. Credo che nei Linea l'aspetto politico non ci sia mai stato. Preferivamo ampliare le nostre diverse individualità, e probabilmente ai tempi era vista come una cosa negativa. A Torino si tende ad essere corportativi, ad avere legami forti. Forse la nostra esperienza è stata anche un modo per emanciparsi da questo tipo di clima culturale.

Paolo: Però adesso è diverso, un ragazzo di quattordici anni ha molti meno punti di riferimento. Avranno anche più canali per esprimersi ma tutto è più stereotipato, esiste già il prototipo del giovane ribelle… allora si sfuggiva alle categorie merceologiche.

Fabio: Io non smetterò mai di consigliarlo ai ragazzini che si mettono a suonare… bisogna imparare a rapportarsi a quello che stai per fare. Ci sono gruppi che mandano il demo all'etichetta senza nemmeno aver fatto un concerto. Il Diy invece serve a formarti come band, a dipendere il meno possibile dagli altri, è una spinta in più, ti dà la possibilità di inventare cose nuove. Quello che nasce come una cosa pratica, di necessità, diventa poi una forma creativa, uno stimolo. Oltre a ribadire che per noi i C.O.V erano una vera ispirazione, erano un gruppo della nostra città, volevamo fare il loro stesso percorso.

Paolo: Ti dava la speranza che un giorno ce l'avresti fatta anche tu.

Emiliano: Esatto… è cambiato il sistema di riferimento, i C.O.V erano introdotti in una struttura, una dimensione locale, cittadina. Oggi un ragazzino può conoscere 20.000 band, ma non ha un luogo di riferimento. In rete il "qui" non esiste.

Paolo: Locale e quotidiano sono due parole chiave: oggi un ragazzino di Venaria (città della cintura torinese, NdR) può ascoltare un gruppo neozelandese. Per lui può essere importante e comunicargli molto, non lo metto in dubbio, ma quanto c'entra con la sua vita quotidiana?

Fabio: Ve lo chiedo perché avete più esperienza, non avete paura che si perda il contatto umano?

Paolo: Non ho preoccupazioni in quel senso per una motivazione semplice: anche nella più avanzata era digitale, l'unica cosa che non potrà mai scomparire sarà il concerto.

Emiliano: Siamo animali sociali, che hanno bisogno di trovare dei momenti, dei luoghi, degli spazi.

Liba (Arsenico): Oggi è più dura… secondo me è finito tutto con la comparsa del dj, non c'è socialità in una serata in discoteca.

Emiliano: Dai, c'è nel ballare.

Fabio: Ci sono ambienti e ambienti, quando al Delta House Samuel dei Subsonica condivideva il palco con Bellarosa dei C.O.V nascevano delle jam stupende.

Emiliano: Non credo che le due cose siano in conflitto, il punto è che oggi ci sono forme di socialità completamente nuove. Prendi una cosa banalissima come la chat: un ragazzino oggi riesce a seguire 6-7 discussioni contemporaneamente, io vado già in crisi a seguirne una.

Critiche e autocritiche

Liba: Partiamo dalle autocritiche, siamo dei rincoglioniti.

Fabio: A parte gli scherzi, siamo passionali. Ci mettiamo troppo cuore nelle cose, è una linea di condotta molto rigida che porta a chiuderti, rimaniamo sempre solo noi quattro. Me ne sono accorto l'ultima volta che abbiamo suonato con i Dufresne all'Hiroshima. Loro avevano il camerino pieno di amici che facevano casino, noi eravamo da soli, tutti concentrati prima di salire sul palco.

Paolo: E se non viene nessuno a trovarvi quando suonate nella vostra città figuriamoci negli altri casi (ridono, NdR).

Fabio: Vi faccio una critica io: perché non avete usato "Penelope" come secondo singolo? Per me quello è un pezzo della madonna. E poi fatemelo dire, tolto Emi, siete troppo della Juve.

Paolo: Arsenico e Linea, sul fronte calcio, sono bene bilanciati.

Fabio: Un giorno ci vedremo un derby assieme, tra due o tre anni però (ridono, NdR).

Turi: Una cosa che mi piacerebbe vedere da un gruppo affermato con il vostro è un vero e proprio spettacolo: non un concerto, uno spettacolo. Intendo con video, scenografie… come fanno i gruppi internazionali più importanti. Nessuno in Italia lo fa.

Paolo: Sfondi una porta aperta, l'abbiamo sempre voluto ma non abbiamo mai trovato una sintesi efficace di quello che avevamo in testa. E poi perché sono costi aggiuntivi che vanno a ricadere sul prezzo del biglietto, abbiamo sempre preferito la politica dell'andare al sodo.

Turi: E poi, un'altra critica rispetto ai live. Ci lasciate sempre pochissime birre nel camerino (ridono, NdR).

Paolo: Questo lo cataloghi alla voce gavetta… Io invece faccio autocritica: il peggiore sbaglio? il video di "Ketchup suicide". Resta, e resterà, anche perché non penso faremo mai un'altra cazzata così grossa. Quella rimane al primo posto, neanche lontanamente minacciato dal secondo posto che non posso menzionare adesso (ride, NdR). E le critiche agli Arsenico?

Emiliano: Ecco le critiche… vi vorrei più teste di cazzo, soprattutto dal vivo… Non dovete essere amici del pubblico, dovete dire: ti sto sputando addosso tutta la mia merda.

Paolo: Sono d'accordo. Chi sta su un palco deve essere diverso da tutti gli altri, deve avere una specie di magia. E' questo che mi ha spinto a imbracciare uno strumento. Conosco il tuo carattere e posso capire dove nasca questo tipo di atteggiamento… tendi a sminuirti, a non avere quell'arroganza che un cantante, un po', deve avere. E per me c'è solo un segreto: il silenzio. Lo so che tra un pezzo e l'altro non è facile vincere l'imbarazzo, ma se non dici nulla sembri subito superiore, il pubblico inizia a interrogarsi su cosa ti passando per la testa in quel momento.

Emiliano: Fabio, ti capisco benissimo, la sensazione di essere circondati, di avere tutte quelle persone che ti guardano, pesa. A volte credi di dire una cosa intelligente invece ti esce una cazzata enorme (ride, NdR). Ti senti come un elefante in una cristalleria.

Una domanda a testa. Per i Linea: il vostro ultimo disco è andato peggio dei precedenti; c'è un motivo? Per gli Arsenico: avete finalmente trovato un management e una buona produzione, non riuscite a girare tanto; perchè?

Emiliano: Vorrei sapere cosa si intende per peggio…
Paolo: Se si associa il risultato ai dati di vendita, sicuramente è un disco che è andato peggio rispetto ai precedenti, ma se consideriamo che ai concerti c'è sempre più gente… E' un problema globale, sarebbe attribuibile ai Linea 77, agli Arsenico… a Ligabue. E' un problema di struttura, in due parole: i dischi ora si scaricano e le case discografiche si sono fatte trovare in braghe di tela di fronte al progresso tecnologico. Si sono trovati con questa cosa scoppiata tra le mani, sono andate nel panico e non sono riuscite a trovare delle politiche adatte a questo mutamento…

Fabio: Invece, nel nostro caso, qualche errore lo riconosco. Come al solito ci siamo mossi d'istinto, abbiamo spinto su alcune cose quando non era ancora il tempo di farle. Ci siamo trovati con il video fuori ma non con il disco nei negozi, e alla fine in primavera non eravamo del tutto pronti per iniziare a fare concerti.

Cervelli in fuga

Paolo: Concludiamo, andreste a vivere all'estero?

Robo (Arsenico): Ci ho pensato spesso ma ho poi ho accantonato l'idea. Sono legato agli Arsenico, che sono un gruppo, un progetto, un'amicizia.

Paolo: Io nel '94 avevo praticamente deciso, ma poi i Linea mi hanno tenuto qua. Anche se quello che vivi non ti piace fino in fondo, il fatto di poterti esprimere, di fare una cosa come suonare va a ripagare… ti dà una mano a mandare giù cose che non sopporti.



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L'articolo La Torino-HC: una conversazione tra i Linea 77 e gli Arsenico di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2009-02-08 00:00:00

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