Dentro ai tuoi occhi è la rubrica di Rockit che propone uno scatto dei maggiori fotografi della musica italiana, raccontato dalla prospettiva dell'autore. Oggi ad aprire i propri archivi è Luciano Rossetti: con lui raggiungiamo New York, per ritornare a un pomeriggio d'estate insieme al compositore e direttore d'orchestra Lawrence “Butch” Morris.
New York, giugno 2011
Era l’inizio di giugno 2011. La settimana seguente sarei andato con la mia compagna a New York e stavo cominciando a riordinare le idee su cosa avrei fatto una volta là.
Scrivo una mail a Butch, ricordandogli l’appuntamento per fare qualche foto.
Lui non ha mai amato particolarmente i ritratti, non gli piaceva mettersi in posa. Dalla prima volta che ci siamo incontrati nel 2001, a Lisbona, si è subito instaurato un bel rapporto e lui mi ha sempre permesso di fare quello che volevo per fotografare la sua vita musicale: prove, soundcheck, sul palco, dietro il palco, ai suoi workshop, a pranzo. A volte, era lui che veniva a cercarmi per portarmi nei camerini prima e dopo le sue conduction.
Ma i ritratti... Uhm…
Mi dà appuntamento di pomeriggio, in zona Tompkins Square Park, all’angolo di Avenue B: la via del Nublu, dove lui era di casa. Mi porta al Casimir, tra i suoi ristoranti preferiti (adesso ha cambiato gestione e si chiama Pardon My French; cucina francese, non male). Gli piacerebbe fare lì le foto, ma continua a chiedermi: "Ma sei sicuro?”.
Posto bello, c’è una stanza con un bel pavimento blu turchese e un vecchio quadro molto interessante alla parete. A quell’ora la luce che entra dalla grande finestra è fantastica, calda.
Continuiamo il giro nell’East Village: i bambini che incrociamo lo salutano e gli danno il cinque, “Hi Butch”. Lo conoscono tutti, tutti vogliono bene a Butch.
Arriviamo al Mogador, uno dei suoi locali preferiti, dove hanno anche girato alcune scene del film di Woody Allen “Basta che funzioni”. Ci racconta la storia del suo carillon: quando era giovane, si guadagnava un po’ di soldi girando tra i tavolini e lasciandone uno su ogni tavolo, che poi, puntualmente, i frequentatori del locale gli compravano. Me ne ha regalato uno e lo conservo gelosamente.
Restiamo d’accordo di trovarci al Casimir il giorno dopo alle 16:30, prima che apra il locale, in modo da poter fare le cose con calma.
Il giorno dopo siamo entrambi puntuali all’appuntamento. Butch si è messo “elegante”: calzoncini corti, camicia in tinta e ciabatte indiane. Lo adoro.
Prima qualche foto fuori, nel cortiletto interno: molto carino, ma luce non è un granché. Andiamo nella stanza che avevo adocchiato il giorno prima, la luce è bellissima. Sposto un po’ i tavolini e le sedie: ne lascio una per Butch sotto il quadro… Pronti per le foto…
Faccio un paio di scatti e Butch salta in piedi, corre alla finestra, la apre: “Hi Anthony, how are you?”. Era Anthony Coleman, pianista e compositore jazz, che stava rientrando a casa con le borse della spesa.
Proseguiamo. Silvia, la mia compagna e mio secondo sguardo (lei dice che io sono il braccio e lei la mente, ma lasciamo perdere) non trova di meglio che sedersi su una panca all’ingresso della stanza: peccato che, dopo qualche scatto, mi accorgo che le sue gambe, di un bel nobile pallore, entrano nell’inquadratura. Lei l’ha fatto di proposito, ma per me non è il massimo.
“Gentilmente” le chiedo di spostarsi, che mi sta rovinando la foto.
Butch non condivide ed è lui a riprendere subito me: “Luciano, Silvia deve stare lì: se le sue gambe entrano nella foto è perfetto, sarà sicuramente una foto interessante”.
Avevano ragione loro due, fine della storia.
.jpg?nocache=6677)
---
L'articolo Luciano Rossetti meets Lawrence “Butch” Morris di Giulia Callino è apparso su Rockit.it il 2025-11-17 09:10:00

COMMENTI