Lyre va a caccia della bellezza più dolorosa

Un passato come attrice a teatro, il viaggio in Scozia per studiare musica (e cucinare torte) e un ep che trova la sua strada dopo la scoperta di FKA Twigs: Serena Brindisi racconta il percorso fino all'uscita di Queer Beauties, il debutto in cui convivono i Radiohead, Arca e il cinema di Lanthimos

Serena Brindisi, aka Lyre, all'inizio del video di Broken Flowers
Serena Brindisi, aka Lyre, all'inizio del video di Broken Flowers

Una donna vestita di bianco, distesa a terra, circondata da qualche fiore. Stacco. Una figura nera, con una benda di pizzo sugli occhi, la risveglia col suo canto. È così che inizia il video di Broken Flowers, singolo estratto dall’ep d’esordio di Lyre, Queer Beauties. Un brano angosciante, spettrale, dove l’amore diventa un ossessivo gioco tra predatore e preda, un bruciante rituale in cui tutti finiamo per cadere vittime.

"Sono due personaggi che noi abbiamo definito Ofelia, quella in bianco, e Iside, in nero", mi ha spiegato Lyre, aka Serena Brindisi, musicista con un passato da attrice che attualmente vive a Milano. "Ofelia si risveglia seguendo la chiamata di un desiderio fortissimo, rappresentato da questa Iside violenta e spietata. Tutte le volte in cui lei si avvicina e cerca di raggiungerla, la dea si allontana. È una sorta di caccia che si ripete continuamente. Un po’ come la ricerca artistica, in cui la chimera che stai inseguendo finisce sempre per scomparire".

La potenza evocativa di queste due figure deriva dal forte simbolismo che le contraddistingue: Ofelia riprende l’Ophelia di Millais, ripresa anche da Lars von Trier in Melancholia, mentre l’ispirazione per Iside arriva dalle fotografie di Mustafa Sabbagh. "Lui aveva fatto questa serie di foto di personaggi completamente neri ingabbiati in delle corazze, in cui emergeva un’umanità straziante. Costringere dei corpi dentro queste armature per riprenderle e guardare in profondità mi aveva colpito tantissimo. La benda, invece, l’ho presa da una scena focale di La favorita di Yorgos Lanthimos, mi sono innamorata di quel film".

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Prima di arrivare alla sua forma attuale, Queer Beauties ha subito una lunghissima gestazione, il cui primissimo passo è coinciso con la scelta di Serena di mollare il teatro, dove aveva lavorato per più di 10 anni, per dedicarsi alla musica. "Mi sono trovata in crisi, non mi sentivo padrona di creare. In teatro dipendi sempre da qualcun altro, ossia il regista e la compagnia. Quando recitavo mi portavo sempre uno strumento dietro. A un certo punto, quel luogo mentale che mi creavo quando suonavo era il posto in cui stavo al meglio perché lo creavo io, dettavo io le regole".

Serena decide quindi di spostarsi prima in Inghilterra, immergendosi nella scena locale – "Ho conosciuto Anna Calvi quando ancora non era famosa, la seguivo nei pub perché mi piaceva tantissimo", ci ha rivelato –, e poi in Scozia, a Edimburgo, dove studia musica e produzione al college e si guadagna da vivere facendo la modella d’arte e la pasticcera. "Il loro sistema universitario è gratuito, riuscivo a lavorare e studiare senza nessun problema, poi avevo a disposizione le sale di registrazione e gli strumenti della scuola". Una situazione utopistica rispetto al sistema accademico italiano.

Dopo gli anni di Edimburgo, in cui si trova anche a fare la modella d’arte e la pasticcera, Serena consegue un master a Bath, con supervisor Davey Ray Moor, già membro dei Cousteau e collaboratore di Cristina Donà e Afterhours. Sarà lui a suggerire a Serena il nome di Lyre e a seguirla nella prima produzione di Queer Beauties. Dopo un passaggio a Bristol, per ultimare l’ep in delle session con il produttore Dan Brown, Serena non è ancora convinta del risultato. Il legame con gli anni ’90 e la musica di Radiohead, PJ Harvey e Portishead è troppo preponderante, manca un elemento di novità vero. L’epifania arriva con la scoperta di FKA Twigs: "L’ho vista dal vivo, è stato un concerto indimenticabile. Quando nel bis ha cantato Home with You eravamo tutti in lacrime. Lei mette insieme tutto quel mondo trip hop con queste realtà elettroniche molto aggressive, sono andata fuori di testa".

 
 
 
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Grazie all’incontro con Giuliano Pascoe, Serena riesce a dare l’impronta che voleva all’ep, trovando l’equilibrio tra le ritmiche graffianti e sghembe e le armonie sospese dei brani, tra la delicatezza delle linee melodiche e la durezza dei suoni ed esaltandone il contrasto. "Il titolo fa sia riferimento a questa natura ambigua delle tracce, sia a quelle personalità in cui convivono una grande forza e una grande fragilità, il maschile e il femminile che hanno la necessità di manifestarsi entrambi. 'Queer' non lo uso come termine legato solo al mondo LGBT, ma anche proprio col significato di strano, strambo. Ogni brano parla di un innamoramento e di una conseguente resa, quel trovarsi di fronte a una bellezza fin dolorosa, per cui viene fatta una breccia all’interno dell’animo che il tuo mondo interiore rischia di crollare".

In seguito a Queer Beauties, c’è un altro ep su cui Serena sta lavorando, ancora più oscuro, come suggerisce il titolo: Shadows Walk. "L’idea è di fare un ep con brani ancora più intimi e lenti, voglio focalizzarmi sulle ombre. Avessi potuto, mi sarei chiusa in studio per un paio di anni e avrei fatto uscire tutto insieme, ma non ho ancora i mezzi per farlo. Mi sono imposta di condividere quello che sto facendo con Giuliano entro giugno, in mezzo mi piacerebbe riuscire anche a suonare dal vivo, prima o poi, ma dal quanto di vista è ancora impossibile fare progetti".

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L'articolo Lyre va a caccia della bellezza più dolorosa di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2021-01-21 18:53:00

Tag: ep

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