Ma davvero tutti quanti possono produrre musica solo con un'app?

Spotify prova a rilanciare SoundTrap, il suo studio online gratuito (in teoria) per creare basi, canzoni o podcast. Ogni barriera all'ingresso nella musica è destinata a cadere, un bene o un male? Ed è giusto che la piattaforma regina degli streaming occupi anche questo spazio?

Elaborazione grafica dell'app  SoundTrap
Elaborazione grafica dell'app SoundTrap

Non so voi, ma da queste parti (chissà cosa vorrà dirmi il "mio" algoritmo") ultimamente c'è stato un bel bombardamento di pubblicità audio e video di SoundTrap, l'app di Spotify per creare musica ovunque vogliate, grazie al suo studio online. L'applicazione è stata lanciata un po' di tempo fa e comprata da Spotify nel 2017, senza però riuscire fino a questo momento a imporsi in un settore dove concorrenza ce n'è eccome. Di solito quando i big del tech fanno così significa che le cose non stanno andando troppo bene, oppure semplicemente che hanno deciso di fare economia di scala fatta bene e mangiarsi l'intero settore. 

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Lo scopo di Spotify sembra sia quello di far proliferare beatmaker mediante il software gratuito che mette a disposizione e con cui chiunque può lavorare online dovunque si trovi. Lo ripetiamo, non è il solo programma di questo tipo e nemmeno il primo, ma è quello che parla veramente a tutti, grazie soprattutto al "fratello maggiore", che ha la possibilità di eliminare davvero le poche barriere residue all'ingresso del fare musica. Esattamente come funziona Spotify che ti fa ascoltare musica ovunque in modo gratuito (solo che poi ti fa venire la voglia di fare l'account premium a causa delle milioni di pubblicità e dell'impossibilità di ascoltare le canzoni desiderate). 

Dicevamo, il software è gratuito, ma per avere l'app completa con un sacco di effetti (tra cui l'autotune), loop, trascrizioni e download in alta qualità dovrete fare un abbonamento che va dagli 8,06 ai 14,11 euro al mese. SoundTrap ha anche un profilo Premium per gli storytellers che vogliano creare podcast, un articolo che funziona molto bene nella piattaforma di streaming più famosa nel mondo.

Icona Boi, il beatmaker influencer l'ha provato live su YouTube e il suo commento finale la dice lunga su SoundTrap: molto interessante per gli assoluti principianti che possono essere attirati come calamite per la gratuità della app ma fortemente sconsigliato a chi ha già iniziato a produrre beat, che possono continuare allegramente con FL Studio o altri programmi che permettono di esprimere la propria creatività al meglio.

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Perché ci occupiamo di SoundTrap quindi? Domanda pertinente: non è una novità, non è una app particolarmente professionale in grado di competere seriamente con software più pro per creare basi. Potrebbe essere lasciato lì dove sta e se fra qualche tempo non dovesse andare, nessuno ne piangerebbe inconsolabile la morte, eppure SoundTrap ha una caratteristica che altre app non hanno: è prodotto direttamente dalla massima piattaforma al mondo di streaming musicale. Un po' come se, ai tempi della discografia imperante, Virgin, EMI o RCA avessero a disposizione di tutti uno studio gratis in cui registrare musica da poter in seguito pubblicare nelle loro etichette.

Non è esattamente la stessa cosa ma ci siamo capiti: nel momento in cui la musica più diffusa nel mondo è composta da basi create per la maggior parte al computere basta avere una scheda sonora o un microfono bluetooth per registrare voce e strumenti da manovrare attraverso una tastiera midi e il mouse, creare basi musicali è diventato apparentemente semplicissimo.

In più, il mercato più importante del mondo è quello dei teenager che ascoltano proprio trap, rap, emo tra, r'n'b, nu soul o tracce lo-fi hip hop chill out to relax/study to (come nel famosissimo canale YouTube che ha generato con decine di epigoni) e lì il coinvolgimento e l'engagement tra artista e pubblico è alle stelle con continui post social e confronto coi fan, che sono ispirati a fare musica a loro volta.

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In questo caso, quale miglior strumento per iniziare senza spendere soldi di SoundTrap? Certo, se siete smanettoni avrete già trovato il modo di craccare programmi ben più noti e pro, ma intanto Spotify fa un ragionamento che sta in piedi: se il mercato è formato da teenager che ascoltano la musica fatta coi beat, quanti più beatmaker ci sono in giro, quanti più ascoltatori troveranno. Per Spotify, questo si traduce in guadagni galattici che vanno ben oltre gli introiti di SoundTrap Premium. 

È giusto che il più importante servizio di streaming di musica online entri a gamba tesa nella creazione di contenuti (lo fa già, ad esempio con i podcast)? Beh, può farlo, quindi sì. Quello che di primo acchito potrebbe sembrare un monopolio non tiene conto del fattore più importante: quello umano. Negli ultimi tempi sta tornando fortemente di moda la musica suonata e c'è sempre più voglia di trovarsi nei garage con gli strumenti veri e i computer collegati all'impianto invece che alle cuffie per una session  dal vivo, dopo tutto il periodo di prigionia legato al covid.

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SoundTrap può essere un tool interessante per iniziare a fare musica per divertimento ma di sicuro ci sono app più professionali per svolgere quel tipo di funzione con altro tipo di velleità, mentre per produrre podcast potrebbe essere una rivelazione, ma se volete un fare un prodotto concorrenziale, meglio fare l'account Premium per Storytellers. In ogni caso online alcuni producer dicono di aver venduto beat fatti con SoundTrap e sembra sia usato anche nelle classi di musica di istituti che non sono rimasti a flauto e pianola. Vedremo tra qualche tempo se questa app avrà cambiato il gioco oppure rimarrà una delle tante. 

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L'articolo Ma davvero tutti quanti possono produrre musica solo con un'app? di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2021-10-25 10:58:00

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