Ma quanto è bello ascoltare un disco?

Edda, Verdena, Marlene Kuntz, Manuel Agnelli, Emma Nolde. In queste settimane sono usciti album belli, impegnativi, solidi e a volte monumentali. Non ci eravamo più abituati, distratti come siamo dalla “dittatura” delle piattaforme. Dobbiamo ricordarci di farlo più spesso

Finalmente nuovi dischi belli!
Finalmente nuovi dischi belli!

Da quando è finita l'estate, sono riniziate le uscite dei dischi, quelli veri. Non una serie di mixtape fatti per pompare singoli e featuring di spessore ma album concepiti per essere ascoltati come tali, dall'inizio alla fine, secondo la successione voluta dagli autori. Dischi di peso, che influiranno sulle classifiche di fine anno, decisamente interessanti: i Verdena con Volevo magia, Edda con Illusion, Manuel Agnelli con Ama il prossimo tuo come te stesso, i Marlene Kuntz con Karma Clima ed Emma Nolde con Dormi

Dischi diversi eppure molto preziosi per la musica italiana di oggi, per il ritorno a una forma più libera di composizione, meno artefatta o compressa dentro i canoni della canzone da playlist di Spotify. Divertito, potentissimo e variegato quello dei Verdena (Recensione qui), sperimentale e fuori da ogni contesto quello di Edda prodotto da Gianni Maroccolo (Recensione qui), debutto pressoché perfetto quello di Agnelli solista (Recensione qui), nuovo progetto concettuale quello dei Marlene che si sono sapuri reinventare e un album di canzoni che toccano il cuore quello di Emma prodotta da Motta, ma nello specifico di questi dischi abbiamo già parlato o ne parleremo a breve. 

 

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Il punto piuttosto è: quanto (cazzo) è bello ascoltare un disco? Che sia farlo girare sul piatto, nel lettore cd, premere play su una piattaforma di streaming ed entrare nel mondo che l'artista ha preparato per noi, pensato minuziosamente e con dovizia di particolari, nella versione finita in cui ha deciso di proporcelo, con il giusto ordine dei pezzi, la grafica ad accompagnare e tutto il resto. 

Se queste frasi sembrano banalità, la realtà dei fatti parla chiaro: gli album non hanno vita facile di questi tempi, surclassati dalla fruizione on demand, dalla compulsione dello skip perenne, dalle playlist precompilate dall'algoritmo e non ci regaliamo quasi più il tempo di stare con la luce soffusa, gli occhi chiusi ad ascoltare un album, dall'inizio alla fine, come una vera esperienza e non solo per curiosità o fomo. 

 

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Ecco perché i dischi che stanno riniziando ad uscire e quelli che usciranno nelle prossime settimane sono importanti e meritano qualcosa di più di un ascolto fugace giusto per avere materiale per parlarne un giro, giusto per farsi un'idea e poi procrastinare il vero e proprio ascolto nel futuro, ad una data immaginaria in cui ci saranno cataste di dischi nuovi usciti e zero tempo per poter portar loro rispetto.

Si parla anche di questo, del rispetto nei confronti del lavoro dell'artista, che neghiamo continuamente con ascolti distratti. Tornare ad apprezzare, ma anche a criticare se serve, l'opera di un musicista con cognizione di causa, avendogli dato l'importanza che merita, andando in controtendenza con la frenesia che contraddistingue il venerdì delle uscite, quelle di cui diamo sempre un resoconto su nostro Bollettino e che troppo spesso durano poco più di una settimana.

 

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Ci auguriamo che artisti come i Verdena, Edda, Manuel Agnelli, i Marlene Kuntz, Emma Nolde e tutti quelli che arriveranno in futuro coi loro nuovi lavori, abbiano l'attenzione che si meritano, per non sprofondare in un futuro fatto di musica sempre più take away.

Fortunatamente, sembra che i dati più recenti pubblicati dalla International Federation of the Phonographic Industry (IFPI), l’organizzazione con sede a Londra considerata una specie di equivalente dell’ONU per l’industria discografica (come riporta Il Post) ci diano ragione: dopo la grande abbuffata di musica in streaming e dei possibilità di ascolto di ogni disco uscito in tempo reale, sta maturando negli ascoltatori una sorta di rigetto per lo streaming e di necessità di ritorno al formato fisico o quantomeno alla necessità di un ascolto meno superficiale.

 

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Torniamo a comprare i dischi e a supportare gli artisti, è uno dei pochi modi che abbiamo per dare valore a un lavoro che costa impegno e fatica, che le nuove generazioni nate con lo streaming pensano sia in qualche modo dovuto, gratis per natura. Non lo è, in nessun termine, per chi lo fa.

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L'articolo Ma quanto è bello ascoltare un disco? di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2022-10-06 09:26:00