"Margini", quando il punk è una cosa seria

Applaudito al Festival di Venezia, ora in sala e da vedere assolutamente. Il film dei creatori Niccolò Falsetti e Francesco Turbanti, oltre che molto bello, trasuda vero punk, quello di provincia, senza calcoli o pose. Altro che "Viola"...

Una scena da "Margini"
Una scena da "Margini"

Quando leggerete queste righe si saprà già da un pezzo quali saranno le nuove uscite punk autunno-inverno senza le quali non si potrà prendere parte alle chiacchierate che contano e se l'attuale scena, al momento in cui scrivo, sarà stata confermata o no nei suoi dettami (diciamo) post-moderni o avrà subito qualche ennesimo scossone.

Intanto, mentre scrivo al presente che sarà a giorni un ulteriore passato, una conferma aleggia nell'aria: il punk per come l'abbiamo inteso per tanti anni non c'è più. Da molto tempo. Un po' come il professor O'Blivion in Videodrome di Cronenberg, è stato divorato dalla sua stessa immagine pubblica: un Moloch oracolare ossessivamente presente (per nomea...) e incombente sul e nell'immaginario di una musica  “rock” afasica (quella per intenderci messa in bella mostra recentemente da Fedez e Salmo) che ha bisogno di parole del genere per credere di potersi svegliare dal proprio stesso torpore e che non comprende come comportarsi con la purtroppo sublime metamorfosi populista del capitalismo più aggressivo e feroce.

 

video frame placeholder

Margini di Niccolò Falsetti (grossetano di scuola Manetti Bros, documentarista, mockumentarista e regista - anche di videoclip) e Francesco Turbanti (già lodato ne I Primi della Lista) narra la storia a tratti surreale di tre ragazzi di Grosseto con diversa cultura ed estrazione sociale e un sogno comune: vivere di punk, e non nel senso remunerativo del termine. Margini appare quindi non soltanto - per assurdo - il film più punk mai girato in Italia ma anche il film più musicalmente credibile che possiate immaginare. Quello in cui il superamento dei limiti oramai evidentissimi del cine-pensiero diventano non dei paletti a cui sottostare ma ostacoli da superare per fare un cinema attuale.

Anzi: la conditio sine qua non per far il proprio cinema. Il che ce lo rende qualcosa di più rispetto al buon film musicale che è. Un punk-movie che, piuttosto che rimpolpare la ricca sacca delle commediole a tema, tenta di lavorare, e in gran parte ci riesce, lungo il crinale della sospensione del timore reverenziale verso l'ignoranza di chi lo guarderà e del principio d'indeterminazione di Heisenberg - secondo il quale il solo fatto di osservare/inquadrare una realtà ne altererà lo stato.

Invece, la prima cosa che si nota è il realismo, senza “neo”, che lo determina. Non vorrei esagerare ma credo sia il primo lungometraggio prodotto su una subcultura che percepisco come vero e non verosimile o, peggio, caricaturale. In passato ci sono stati tentativi opinabili e no, dove la musica era una nota a margine (nel cult La Guerra degli Antò, per dire) usata per descrivere altro o messa lì come pretesto per trame totalmente insensate (I Più Grandi di Tutti, imbarazzante). Viene allora da chiedersi se la ricerca del vero nasca più dalla voglia di fare "cultura punk" per un pubblico più ampio o da quella di non sputtanarsi in un contesto di Niccolò e Francesco fanno parte e che sa essere severo e anche bello stronzo.

 

video frame placeholder

“Quando abbiamo iniziato, ci siamo subito incaponiti - mi dice Niccolò - per ottenere un risultato realistico, autentico, è vero, anche perché siamo noi i primi stronzi con noi stessi, ma da subito abbiamo evitato l'idea di una realizzazione di tipo documentarista. Abbiamo scelto invece di fare leva su la messa in scena, gli aspetti scenografici, i costumi, i diversi tipi di attitudine dei tre protagonisti e così via”.

Ne è nato un lavoro collettivo, dove l'insieme dei dettagli (ri)creati restituisce con meticolosa autenticità che non ha bisogno di essere appesantita da inutili carichi drammatici. Meticolosità però scevra del voyeurismo assurdo, a tratti pornografico, che si incontra per esempio in Pistol piuttosto che in Lord Of Chaos. In Margini rivive piuttosto l'immaginario leggero ma pertinente di This Is England: dove la trama, solida, viene prima dell'esattezza millimetrica.

“Sono d'accordo - fa capolino Francesco - e la cosa mi rende orgoglioso, essendo uno dei miei principali riferimenti autoriali per le motivazioni che hai sottolineato. Lo vidi quando uscì a Londra e credo sia tutt'ora tra quei film a cui sono più legato, perché trama suburbana e punk si intrecciano naturalmente, senza gareggiare tra loro”.

“Ma ci siamo rifatti anche a tanta narrativa e saggistica - prosegue Niccolò - Come American Hardcore o Costretti a Sanguinare, di cui un tempo avremmo voluto girare il film, o Il Giorno del Sole, oppure le graphic novel di Gipi e tanti libri e racconti sul mondo ultrà”. Ciò non toglie che gli appassionati potranno notare vari dettagli di modernariato punk che si intercettano nel film.“Non solo - precisa allora Francesco - ci sono anche dei dettagli più forzati e che i puristi hanno notato come giusto che sia ma che convivono serenamente con la trama. Il titolo stesso, Margini, riprende sì una canzone de Gli Ultimi ma è il primo buttato giù la prima volta che ci siamo visti. E' iniziato tutto con la parola 'margini' in modo quasi casuale, prima che decidessimo il resto. E così è rimasto nonostante alcuni dubbi in corso d'opera, proprio perché rappresenta bene ciò che avevamo in testa fin subito”.

Dove sono e cosa rappresentano poi questi margini è presto detto: “Possono essere intesi come il contesto formativo in cui abbiamo vissuto: vivere in provincia crea giovani adulti con pensieri e prerogative diverse di chi vive in grandi città. Per me - prosegue Niccolò - l'aspetto più forte della provincia è nei rapporti che si creano e soprattutto quelli nati dalla voglia di provarci; se poi è un provarci con sé stessi e con gli altri vale doppio, perché può essere una posizione bella quella del margine ma lo è di più se lo si vive in compagnia... che poi è un po' il filo rosso di tutto il film”.

Il poster firmato da Zerocalcare
Il poster firmato da Zerocalcare

Viene allora da chiedersi quanto di politico ci sia, considerata anche la sotto-trama dei rapporti generazionali, e un sotto-testo importante ma apparentemente solo accennato: quello della differenza tra classi sociali. Per il regista non ci sono dubbi: “C'è tanto di politico in Margini ma non di ideologico. E' un film che abbiamo cercato di far vivere nei contrasti tra ragazzi e genitori ma anche tra il silenzio della provincia con il rumore del punk, la campagna e la parte urbana, la musica classica e l'hardcore, il conflitto tra restare giovani e crescere, come nel caso di Margherita. Per noi tutta questa narrazione è una narrazione politica perché parla e osserva aspetti e dinamiche della società”.

In Italia però c'è sempre stata anche grande confusione tra skinhead e naziskin, e street punk o crust punk ancora in molti non sanno cosa siano. Così, quando Michele reagisce sentendosi dare del “fascistello” sembra un volere mettere i famosi puntini sulle i. A Francesco, che interpreta proprio Michele, la risposta esce senza pensarci: “Questo è un tipo di ambiguità con cui abbiamo a che fare da sempre. Già a scuola, la prima volta che mi rasai la testa, la reazione della prof. fu un secco e rammaricato 'Sei diventato nazista?', allora le risposi 'Guardi, l'esatto opposto!'. La nostra arma è sempre stata quella dell'ironia, anche in tutto il film, fino a quando non si può più scherzare”.

video frame placeholder

Oltretutto Francesco, ne I Primi della Lista, film del 2011 di Roan Johnson, aveva già affrontato il tema dell'incomprensione di una minoranza che prova a resistere. “Mi fa piacere questo tuo collegamento, avevo vent'anni ed è stato il mio debutto ma hai ragione. Ironicamente ci sono diverse dinamiche che si rincorrono: c'è un trio, si parla di musica, c'è un leader, c'è una messa in discussione di questa leadership, ma poi la trama ha tutt'altra matrice e sviluppo”. Vero, eppure in entrambi si avverte un inno al ribellismo che a volte sfoga in quello all'incoscienza pur senza quel gusto nostalgico che a volte rende patetiche le opere di alcuni registi.

“Sulla dimensione nostalgia invece si apre una partita importante - soppesa Niccolò - Nella misura in cui una vena nostalgica c'è o quanto meno traspare da alcune soluzioni tecniche e dai dettagli scenici, come abbiamo detto. Tuttavia non volevamo ingolfare il tutto con una nostalgia che troppo spesso sa di confort-zone in cui andarsi a rintanarsi e nascondersi”. Il che non è affatto una dichiarazione da poco, visto che il gruppo del film null'altro sono che la versione romanzata dei Pegs, band di Niccolò e Francesco nata negli anni cui Margini è ambientato.

“C'è così tanto di biografico, a partire dalle canzoni a certi dettagli nella line-up dei Wait For Nothing, come il bassista di formazione classica, che l'aiuto di Tommaso Renzoni, il terzo sceneggiatore di Margini, come quello degli amici di sempre, è stato fondamentale per farci mettere un freno prima di trasformarlo in una sorta di nostro bio-pic”. Altro grande aiuto è stato dato da Zerocalcare che, fin dai primi giorni, si è unito al progetto – ed è finito col partecipare ad alcune interviste.

“Michele - conferma Niccolò – ha sempre dichiarato di volere aiutare la scena coi suoi disegni. 'Voi suonate, io disegno' è una frase che gli ho sentito dire tante volte. Così, quando si è offerto di disegnarci la locandina ci è sembrato il minimo accettare, così come dargli un cammeo, anche solo come vera parte integrante del mondo rappresentato nel film”.

Infine, non si può non notare la colonna sonora, sia per come è inserita nel film, non sovrapposta alle scene ma attraverso gli ascolti dei protagonisti, che per i nomi coinvolti che, oltre ai Pegs, vanno dai Nabat ai Kina, ai Negazione, agli Anti-You, ai La Crisi e molti altri. “Abbiamo ragionato che quella era la nostra colonna sonora, ascoltata mentre si viveva noi come i protagonisti. Allora abbiamo deciso di metterla in scena come la sentivamo: in macchina, in cuffia...  Anche perché così si nota di più l'altra parte, il silenzio, lasciando spazio ad altri spunti emotivi. Il disco è nato in modo molto punk: con un budget diviso in parti uguali tra le band, e così continua a vivere perché il ricavato andrà tutto al Centro Storico Lebowski, un club calcistico di Firenze di cui siamo tifosi e che curerà dal suo sito la vendita del CD e potrà usufruire del ricavato per le loro attività sportive”.

A un mese dalla sua uscita, Margini resta ancora nelle sale con grandissima gioia di Niccolò e Francesco che però anticipano: “Non sappiamo bene quando ma ci piacerebbe portare Margini anche nei CSO e in tutti quegli spazi che lo rappresentano”. 

---
L'articolo "Margini", quando il punk è una cosa seria di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2022-10-18 09:44:00

Tag: film punk

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia