Cristina Donà - Meltdown Festival - Londra



Arrivo al South Bank Centre alle 17:30, con un paio di ore di anticipo, perche’ la data e’ sold out e per sperare di entrare bisogna mettersi in fila al box office, in attesa che qualcuno restituisca dei biglietti. Stasera oltre a Cristina Dona’ suonano Anja Garbarek (figlia d’arte, suo padre e’ un famoso sassofonista norvegese) e Mark Eitzel (ex frontman di una storica band americana, l’American Music Club). La serata e’ parte del Meltdown festival, il cui direttore artistico quest’anno e’ Wyatt. Per fortuna davanti a me al box office ci sono solo 7-8 persone. Mi metto in fila e il tempo passa. Manca solo mezz’ora all’inizio del concerto di Cristina e davanti a me ci sono ancora due ragazzi, quasi comincio a non sperare. Ma ecco che alle 19:05 si presenta al box office il Messia, un grosso signore canuto con gli occhiali, che ritorna al box office il biglietto di un suo amico che non e’ potuto venire. La signorina chiede alla coppia davanti a me di quanti biglietti avrebbero bisogno. Loro dicono 2 e allora chiama me, che con il sorriso vado a raccogliere il biglietto. Do' al Messia i 10 pounds ed esco di corsa a mangiarmi un panino, prima di rientrare per l’inizio del concerto.

Mentre ritorno verso la hall del festival noto un signore con la barba bianca lunga su una carrozzina con 5-6 persone attorno, che sta andando proprio nella mia stessa direzione. Lo sorpasso e mi accorgo che e’ Robert Wyatt, che parla con alcuni ragazzi italiani dello staff di Cristina. Onestamente non mi immaginavo fosse su una carrozzina. Ma la cosa non mi colpisce piu’ di tanto. Quello che colpisce e’ piuttosto la sua giovialita’. Mi fermo davanti all’entrata a fumare una sigaretta e nel frattempo lo osservo. Alla fine non e’ tanto diverso da come me lo immaginavo. Quasi mi sembra di averlo conosciuto da sempre. Il suo modo di fare mi emana familiarita’. Sorride, scherza, e quasi pronuncia il nome di Cristina in modo perfetto.

Non ci metto troppo ad accorgermi che sono in una isola che in Inghilterra culturalmente non esiste. Gia’ me ne ero accorto tre anni fa quando venni qui per il London Film Festival. Il South Bank Centre e’ un immenso complesso in una splendida cornice sulle sponde del Tamigi, inserito artificialmente nel contesto nazionale. Cosi’ come il British Museum ospita la piramide egizia, il South Bank Centre ospita un circolo culturale che non appartiene al popolo britannico. Qui si cerca di coltivare la passione per le arti, un tentativo di europeizzazione culturale, un vero e proprio ponte con il continente. Il simbolo di quella minoranza inglese che si preoccupa del complesso di inferiorita’ artistico-culturale nei confronti dell’Europa. Ma allo stesso tempo e’ il simbolo anche di un invidiabilissimo sistema, sempre impegnato a fornire gli strumenti necessari a tutte le componenti sociali. Le opportunita’ che questo paese da’ alle minoranze sia culturali che razziali non ha uguali nel vecchio continente.

Impalato sull’immagine di Wyatt, decido di darmi una mossa e di entrare dentro la hall. I concerti di stasera sono alla Purcell Room. Entro dentro e prendo posto a sedere. I biglietti sono tutti numerati e rigorosamente seduti. La stanza e’ molto raccolta e ospitera’ massimo 300 persone. Mancano solo 10 minuti all’inizio ufficiale, ma la stanza e’ ancora quasi vuota. Noto con interesse una coppia che entra con una pinta a testa. Allora decido di fare lo stesso e di portarmi dentro una birra. Mentre rientro, all’entrata c’e’ un piccolo ingorgo, perche’ stanno montando lo scivolo per fare entrare la carrozzina di Wyatt, che sempre sorridente scambia battute con il personale dello staff della Purcell Room. Wyatt si apposta in quarta fila, dove c’e’ appositamente un posto per carrozzine. Accanto a lui una donna della sua eta’, non molto curata, probabilmente sua moglie. Quindi entro dentro anche io e mi siedo nel posto numerato, esattamente nel centro, quattro file dietro Wyatt. Mi ritrovo accanto il Messia, not surprisingly, dato che sto utilizzando il posto che il suo caro amico non aveva potuto utilizzare. Il Messia e’ un po’ pensieroso e sta molto sulle sua, quindi non comunichiamo. Comunque nemmeno io faccio il minimo sforzo. In questo periodo sono molto agitato. Dopodomani mi comunicheranno il voto della laurea e questa pressione la sento molto.

Si abbasssano le luci. Da dietro la tenda prima appare Cristian Calcagnile e poi Cristina Dona’. Cristian si siede su una specie di cubo. Cristina impugna la chitarra acustica e comincia un giro di accordi. Mi ci vuole un po’ per capire che era l’intro a L’aridita’ dell’aria. Tra l’altro molto bella in questa versione. Cristian comincia a battere con le mani nude sul cubo sotto le sue gambe e si scopre che e’ amplificato e usera’ quello come percussione. La resa del pezzo e’ buona, nonostante l’evidente semplicita’ di esecuzione. La canzone finisce e la platea si scalda con gli applausi. Cristina allora prende un registratore tascabile da sopra un piccolo tavolino che si trova sul palco, e lo mette vicino al microfono. Si ode la sua voce, che in un inglese anche ben pronunciato si rivolge al pubblico “I am Cristina Dona’, I am very happy to play here tonight. I am using playback because I thought I would be too emotional and forget what I have to say”. E allo stesso tempo cerca di muovere le labbra per seguire il registratore. Ovviamente e’ emozionata e non ci riesce in pieno, facendo notare con lo sguardo che aveva ragione… Il pubblico applaude in segno di approvazione. A quel punto Cristian si alza dal cubo e si siede alla batteria. Io mi aspetto che qualcun altro del gruppo compaia da dietro le tende, ma rimango deluso. Questo sara’ un set acustico, solo Cristina e Cristian.

La prossima canzone e’ Giornata di sole, che ha un buon impatto, considerato che e’ la prima canzone in cui Cristian usa la batteria. Il pubblico applaude. Segue Qualcosa che ti lasci il segno, una delle mie preferite, ma che nel set acustico non riesce a mio parere a rendere quanto potrebbe. La voce di Cristina e’ fluida, ma nel ritornello questa volta non riesce ad arrivare fino dove solo lei puo’. La prossima canzone e’ Goccia. Cristina la introduce, senza playback questa volta, dedicandola a Wyatt, che ha contribuito nell’esecuzione della canzone sul disco. L’inglese di Cristina non e’ troppo chiaro, ma il senso si capisce. Wyatt risponde con un “Thank You”, che e’ ben udibile da tutta la platea. L’esecuzione di Goccia e’ molto valida, forse la migliore.

La canzone successiva e’ Volevo essere altrove, che non spicca. A mio parere, considerato il tipo di audience, questo pezzo poteva essere evitato stasera. Segue Mangialuomo, che contribuisce a rallentare ulteriormente la presa. E’ quindi il momento di Stelle buone, che forse risente del rilassamento e l’esecuzione non e’ il massimo. A questo punto Cristina si rivolge nuovamente al pubblico “It's been ... it's been? IT IS a pleasure to be here. It' s not easy for italian singer to go outside Italy. I hope to see you again” (un grazie alla fan Barbara per avermi ricordato le esatte parole). Il pubblico applaude e Cristina attacca l’ultima canzone della serata, Ho sempre me.

In tutto il concerto e’ durato poco piu’ di mezz’ora. L’unica perla che a mio parere e’ mancata e’ stata Raso e chiome bionde. Per il resto, penso che Cristina abbia dato un buon saggio del proprio repertorio. Purtroppo stasera non era lei la headliner e solo un terzo dei paganti ha deciso di arrivare prima, per assistere al suo concerto. Cristian si e’ distinto ancora una volta per il suo grande talento. A mio parere avrebbe potuto benissimo figurare tra gli invitati solisti di questo festival. Quello che ha fatto vedere stasera e’ davvero notevole.

Per Cristina resta una importantissima esperienza. Stasera si e’ posta di fronte ad un pubblico di grandi esperti musicali, che sono sicuro si ricorderanno di lei. Wyatt era visibilmente soddisfatto e lo si vedeva frequentemente ondeggiare durante l’esecuzione dei pezzi. Certo, lo ha detto anche Cristina, “It' s not easy for italian singer to go outside Italy”, ma adesso lei puo’ vantare il primato di essere una di quegli eletti, che non solo sono riusciti ad esibirsi all’estero, ma addirittura nel South Bank Centre, una esperienza che tocca davvero a pochi.

Grande Cristina, continua cosi’! .... e adesso chissa' cosa inventerai per il tuo prossimo album!



Scaletta concerto:

- L'aridita' dell'aria
- L'ultima giornata di sole
- Qualcosa che ti lasci il segno
- Goccia
- Volevo essere altrove
- Mangialuomo
- Stelle buone
- Ho sempre me

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L'articolo Cristina Donà - Meltdown Festival - Londra di Daniele Baroncelli è apparso su Rockit.it il 2001-06-12 00:00:00

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