Ministri senza portafoglio

Era il 2006 e i Ministri debuttavano con uno sberlone in faccia a tutti: “I soldi sono finiti”. Una canzone – che dà il titolo a un grande disco – che allora come oggi fotografava perfettamente la discografia italiana e certi suoi tic. Sabato 25/5 la sentiremo a MI AMI 2024?

I Ministri a MI AMI nel 2007
I Ministri a MI AMI nel 2007

La storia di Rockit inizia nel 1997, e da allora sono tantissime le canzoni che sono passate per le nostre orecchie, ci sono entrate sotto pelle e ancora non ne vogliono sapere di scollarsi da noi. Con la serie settimanale di approfondimenti Verdisempre, dalla nostra newsletter Pezzoni (ti ci puoi iscrivere qui), vogliamo raccoglierle e raccontarne la storia dietro al brano, entrarci in profondità, ripercorrere cosa ne pensavamo allora e che effetto fa ascoltarle ora. E c'è anche una playlistona Spotify dove raccoglierle tutte, la trovi qua.

L'euro applicato sulla copertina non è un disegno. È una moneta vera, inserita lì sopra per dare un assaggio della crisi discografica in atto. Per lo stesso motivo, all'interno del libretto si può trovare la nota spese di riepilogo con le spese della produzione dell'album. Siamo nel 2006, il contraccolpo causato dalla diffusione dei nuovi sistemi di consumo della musica stava rivoluzionando la discografia per come la si conosceva allora, riducendo notevolmente i volumi di vendita dei formati fisici. Per questo una band milanese nata appena qualche anno prima, nel 2003, aveva scelto come titolo del proprio disco d'esordio una frase che sembrava già mettere fine in partenza alla loro discografia: il disco si chiama I soldi sono finiti (ristampato da pochi giorni), loro sono Davide "Divi" Autelitano, Federico Dragogna e Michele Esposito, i Ministri.

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Fu un debutto spiazzante, di quelli che fanno un botto di cui si sente ancora l'eco a distanza di anni. "Fuori moda, molto grezzi, piuttosto immaturi. Poco innovativi. Estranei alle scene trend setter. Assolutamente sensazionali. C’era davvero bisogno dei Ministri", è l'attacco della recensione di Rockit dell'epoca. E ancora, più avanti si può leggere: "Chitarre nervose e scomposte, cadenze sincopate, ritornelli e controcanti stralunati. Rabbia ed ispirazione. I Ministri vanno giù dritti. Canzoni che sconfinano in deliri e invettive. Intelligenti, ma non intellettuali. Giocosi, quasi grotteschi, ma con furia iconoclasta. Soprattutto pieni di magnifica presunzione, quella di cui certo rock non può fare a meno".

All'interno del disco, incentrato sul rapporto tra la band e il concetto stesso di musica, ci sono diverse tracce memorabili, come l'indemoniata – a scapito del nome – La sacra quiete della sera col suo iconico coro di vocine pitchatissime "La droga fa male, la droga fa!", o le urla sgolate di Divi in Abituarsi alla fine, ma è proprio la title-track a rimanere marchiata a fuoco fin dal primo ascolto. C'è un fascino sadico che striscia fin dal nervoso attacco del brano, dove la tensione si percepisce a cominciare dai primissimi secondi:

Amiamo i nostri vestiti

Nessuno potrà mai levarceli

Un giorno ci siamo giurati

Che sarebbero stati gli unici

Le chitarre prepara il terreno per l'assalto della batteria, mentre Divi canta questi versi con fare profetico: in effetti, a distanza di quasi vent'anni, i Ministri non hanno mai posato le loro giubbe, così come non hanno mai smesso i metaforici abiti da rockstar. Basta poco perché l'incendio sonico divampi: i Ministri parlano del loro ruolo di musicisti, sono i "tre disperati convinti di essere liberi" che si contorcono nelle grida strozzate di Divi che si trovano imbrigliate nelle dinamiche perverse da quella discografia che, allora come oggi, crolla su sé stessa. C'è però una rivendicazione fondamentale nel brano, che poi è l'urlo bruciante con cui non dimenticare mai perché ci si trova su quel palco a dare l'anima:  

Ma noi non siamo puliti

Suoniamo per non lavorare mai

È una scelta di campo: lo studio di registrazione al posto dell'ufficio, il palcoscenico al posto della scrivania, gli strumenti al posto di un qualsiasi altro attrezzo del mestiere. E permettere a chiunque sia morso dalla disperazione, con la bava alla bocca e l'occhio posseduto di chi non ha più niente da perdere, di urlare a pieni polmoni: "I soldi sono finiti". Se c'era davvero bisogno dei Ministri allora, figurarsi adesso.

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L'articolo Ministri senza portafoglio di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2024-04-29 12:14:00

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