Il miracolo hyperpop di Napoli

Da internet, dove è nata e cresciuta, prende finalmente forma e realtà la nuova scena musicale che frulla glitch, ritmi impazziti, il clubbing, il punk e i manga. Ecco cosa è stato il festival Ecosistemi, raccontato dal suo organizzatore Aaron Rumore, e da una serie di foto clamorose

Boyrebecca e Aaron Rumore - tutte le foto sono di Zoe Ferrara
Boyrebecca e Aaron Rumore - tutte le foto sono di Zoe Ferrara

Quando Aaron Rumore mi ha raccontato per la prima volta di Ecosistemi, festival svoltosi a Napoli e di cui lui stesso è tra gli organizzatori, ha detto qualcosa tipo “per capirci, un festival hyperpop”, col tono di chi ammette di star semplificando per amor di comprensione. E per capirci meglio anche qui, specifichiamo che parlando di hyperpop parliamo di una tendenza che viene dagli USA, dove si sta sviluppando sull’onda lunga di PC Music e dei lavori di 100Gecs, Charlie XCX o Dorian Electra, e che nell’ultimo anno e mezzo circa ha iniziato ad arrivare in Italia. Vivendo quel processo di traduzione che, da genere già nebuloso, lo ha fatto diventare un termine-ombrello che potrebbe essere buono solo per la semplificazione giornalistica, oppure raccontare qualcosa del presente della musica italiana.

Aaron Rumore
Aaron Rumore

Aaron è da anni un mutante del panorama napoletano: musicista passato da emo e punk al noise/ambient, poi alla trap come Lil Rumore, negli anni ha fondato diversi progetti ed etichette, dato vita a dirette Instagram indimenticabili, e recentemente avviato un progetto tra pop contemporaneo, ambient ed emo il cui primo album è uscito la notte prima del festival. Secondo lui, che sarà il nostro Virgilio alla scoperta di questo mondo, l’etichetta di "hyperpop" è un contenitore che può fare comodo come “indicatore per una scena”, per aiutare un gruppo di musiciste e musicisti a dire “stiamo facendo questa cosa, tutti insieme, in questo momento”. Il momento è questo, il luogo non è facile dirlo perché non è un luogo fisico, per il “chi” parliamo di un gruppo di ragazzi e ragazze tra i 18 e i 25 anni circa, provenienti da tutta Italia, che più o meno a partire dall’inizio della pandemia ha iniziato a incontrarsi su canali Discord, su Soundcloud, sui social. Non un movimento fatto e finito, neanche un (solo) genere musicale, ma una scena che si inizia a compattare intorno ai live su Twitch del canale Pseudospettri e al format audio/video Giardino Barocco.

Poi arriva la compilation (DANZƏ), prodotta dal collettivo romano Le Major, e intanto è nata una rete di chat in cui ci si scambiano tracce, loop, consigli, si prende per il culo e si fa autoironia, nascono collaborazioni. La più corposa è ADHD uscita a maggio per Grazie 1000, uno showcase-manifesto con quasi tutta la “squadra dell’H” su cinque minuti di traccia. Ecosistemi è il primo tentativo di far entrare questa realtà digitale in real life, un’evocazione cyberpunk che ha trasportato musicisti, fan, curiosi, addetti ai lavori di tutta Italia dallo spazio dei social e dei canali alle pendici del Vesuvio. Precisamente al Vesuvio Eco Camping un progetto basato sul turismo alternativo e sull’ecosostenibilità che ospita il primo camping nel Parco Nazionale del Vesuvio.

Vesuvio Eco Camping
Vesuvio Eco Camping

Aaron Rumore ci racconta che il festival nasce dall’ipotesi di presentare dal vivo il suo nuovo album al camping vesuviano, ma intorno al progetto in breve tempo si sono aggregati Le Major e Grazie 1000 e l’evento è diventato una due giorni immersiva nella musica post-internet tra hyperpop, cloud rap, pop ed elettronica sperimentale. Una grossa scommessa: mettere alla prova dal vivo una realtà nata e cresciuta inevitabilmente online, in un festival pieno di esordienti tirato su nel giro di un mese e promosso grazie al passaparola su Instagram, nella provincia di Napoli, lontani dai centri dove l’industria musicale italiana incontra le nuove tendenze e immersi in una natura antica. La scommessa è riuscita, pure se la natura si è riconquistata lo spazio digitale anche mandando qualche scarica di pioggia, che però non è riuscita a fermare la voglia di rincontrarsi o incontrarsi sopra e sotto i palchi. E che ha permesso di scoprire che, alla faccia di chi dice che le culture digitali non producono aggregazione reale, esiste una community di gente disposta anche a viaggiare centinaia di chilometri per partecipare a un evento.

Arssalendo
Arssalendo

La prima serata di festival si apre con i dj set al tramonto dei produttori Coma, Loui, Fenoaltea e S7nh, poi let’s get physical: Arssalendo canta, balla, si lancia nella terra nera del Vesuvio mentre con launchpad e microfono assembla tracce a metà tra l’emo, Lorenzo Senni e Arca, in un live strepitoso di cui si continuerà a parlare per tutto il weekend. Segue un flusso di coscienza di set senza soluzione di continuità: quasi tutti i brani sono collaborazioni a quattro, sei o otto mani, sul palco c’è un viavai di ospiti, grandi abbracci e sorrisi tra ragazzi che spesso si stanno incontrando per la prima volta dietro alla consolle. Ci sono Natimernero e Foreverboymush che vengono da Palermo, Narcolessia e Marco444 raccontano l’anestesia emotiva da Livorno, Nxfeit da Trieste che non scende praticamente mai dal palco e a fine serata consegna uno dei manifesti di questo malessere post-Internet: Ho picchiato un creeper x sentire qualcosa.

Sono set semplici e genuini, in cui l’alta qualità delle produzioni fatte in casa dagli stessi rapper/cantanti si accompagna a performance istintive di tracce che sono nate in un periodo in cui la resa live non era il primo dei pensieri, e quindi chi se ne frega se ogni tanto qualche verso scappa o se l’autotune è fuori tonalità. C’è l’emozione della prima volta, ma tutto scorre veloce e pare già di vedere una scena consolidata da migliaia di ore di interazioni online, autoconsapevole senza prendersi sul serio, con le sue ramificazioni a cui non è facile stare dietro. Natimernero dal palco finge di non voler dire “la parola con la H”, ma in realtà si riconosce appieno in questa realtà che, come ci racconta più tardi, gli sembra stia venendo fuori in maniera simile alla trap nel 2015. Più precisamente, lui ed altri vengono dal SoundCloud rap e adesso guardano alla corrente americana del digicore, un incrocio tra rap e suoni digitali fermentato nei lockdown.

Narcolessia
Narcolessia

Questi linguaggi arrivano anche a coprire un buco lasciato dalla trap e dal suo mercato iper saturo, incapace almeno per il momento di seguire le nuove tendenze sonore e dare voce ai sentimenti dei ragazzi durante la pandemia. Spesso si parla proprio di questo: depressione, ansia sociale e nausea digitale, sensazione di esistere solo “come ologrammi” e vedersi solo se funziona la video chat, come in Facetime di Foreverboymush. Chi scrive questi versi è un nativo digitale, lontano dall’idea boomer che la vita digitale sia “finta”, ma adesso quella sensazione di nausea e di distanza sembra pesare anche sui più giovani e si esprime con un linguaggio musicale tutto generazionale, che per la prima volta attraversa uno spazio reale e condiviso.

Un passo di lato c’è il release party del disco Palazzo di ghiaccio (confessionale) di Aaron Rumore, da quest'ultimo descritto come un “RPG metafisico”, una quest attraverso i piani di un palazzo per arrivare a combattere il nemico più coriaceo, sé stessi, in un faccia a faccia da Montagna Sacra di Jodorowsky. Sul crinale della montagna campana per eccellenza il concept album prende vita nella sua interezza con una performance situazionista, imprevedibile e piena di ospiti, che traccia una linea perpendicolare tra lo spirito dei richiami religioso-filosofici dei testi e la materia cruda di un live punk.

20025xs
20025xs

Il secondo giorno inizia con i dj set di Alessia Guida, e Paolo Dopo, techno e pc music per risvegliare i campeggiatori assonnati ed esorcizzare la tensione climatica, sotto un cielo apocalittico che nel corso della serata rovescerà più volte senza mai scoraggiare il pubblico. I live iniziano con l’energico rap elettronico dei calabresi Dam81, poi ci avviciniamo al core dell’hyperpop italiano dove la voce pitchata di Hello Mimmi ci trascina in un live bubblegum pop che pesca a dall’estetica kawaii e dalle sue distorsioni in stile Aggretsuko, tra gattini, pigiama party e shopping. C’è un forte senso di wholesomeness, un riconoscersi positivo in reazione alle angosce generazionali che continua più tardi con pezzi come Credo In Te dei 20025xs, Bunny, Max Glamour e Alakaji, ragazzi quasi esordienti che danno vita a un live adrenalinico con i colori del J-Pop e l’energia della vostra sigla di anime preferita.

Anche Boyrebecca e Troyamaki si muovono con stile e consapevolezza sul palco, due progetti che sembrano già maturi e guardano ad artisti come M¥SS KETA e al mondo del clubbing, ad un edonismo e una sessualità irriverenti e senza ipocrisie. Boyrebecca ha deciso di entrare nell’universo fallocentrico del reggaeton e sembra avere tutta l’intenzione di prenderselo, Dulce de leche con la Myss è già una hit e lei è l’anima della festa anche oltre i limiti del suo live. La musica di Troyamaki invece è un cocktail tra eurotrance e Internet culture, accelerato, massimalista, dance, servito con movenze impeccabili e tematiche lgbtq+.

Aaron Rumore e Nxfeit
Aaron Rumore e Nxfeit

C’è il tempo per un’incursione di Pippo Sowlo, poi si torna in Campania: i ragazzi di Thrucollected si presentano nascosti dalla proiezione dei loro doppi digitali e con un set elettronico introspettivo e sognante, ma intorno al collettivo ruotano anche alcuni tra i progetti napoletani del momento più freschi e di qualità. Talpah invece è un musicista e produttore casertano attivo già tempo e ad Ecosistemi porta un set di elettronica sperimentale pieno di cazzimma, una sequenza inarrestabile di input sonori dal glitch al metal. Si chiude con i dj set pop Malacoda e l’ambient-glitch di Ciro Vitiello, poi c’è ancora spazio per un imprevisto momento dancehall con un dj londinese ospite per caso.

A chiusura coerente di una due giorni ipercinetica che ha fotografato qualcosa che sta accadendo nella musica italiana underground, ma la foto è uscita mossa e con un filtro coloratissimo. “Se uno si vuole fare un’idea di cos’è l’hyperpop e viene al festival, se ne torna a casa ancora più rincoglionito”, ce lo aveva anticipato Aaron soddisfatto presentando una line-up variegata di cui non ci interessa troppo capire esattamente quanto o cosa è hyperpop. Quello che conta è che, aldilà dei timbri sonori o delle tematiche comuni, c’è un’area musicale che oggi si presenta così: uno scrolling nervoso attraverso un feed di musica, performance e contenuti visivi in cui si trovano l’emo e l’eurotrance, gli anime e il reggaeton, la trap, il punk e l’elettronica sperimentale, il clubbing, le sostanze, le paranoie e l’umorismo demenziale, i meme, il trash Mediaset e la nostalgia del primo internet.

Boyrebecca che tiene in braccio Aaron Rumore
Boyrebecca che tiene in braccio Aaron Rumore

Una scena (o più) nata completamente nell’era post-Internet e nella digitalizzazione forzata della pandemia, immersa in una cultura che assorbe, frulla e rigetta qualsiasi tipo di input. E che naturalmente si muove in fretta, molto in fretta, così che la foto di gruppo già adesso, mentre leggete queste parole, è vecchia. Nessuno infatti sembra avere voglia di farsi rinchiudere nella “teca dell’hyperpop” e tutti i prossimi progetti di cui si parla in giro già guardano più avanti. Quello che ne uscirà potrebbe essere l’inizio della prossima musica mainstream in Italia o solo l’epilogo di una strana bolla underground, così come Ecosistemi potrebbe essere l’inizio di un format live, ma allo stesso tempo è già un testamento. Il giorno dopo però leggiamo su Instagram “Questa roba è fatta di carne non più di pixel”, e sappiamo che una volta squarciato il velo digitale è impossibile tornare indietro.

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L'articolo Il miracolo hyperpop di Napoli di Sergio Sciambra è apparso su Rockit.it il 2021-09-07 10:30:00

Tag: Napoli

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