MOYSA, com'è il nuovo avveniristico hub per gli artisti a Milano

Abbiamo fatto un giro nella nuova struttura aperta nel Sud del capoluogo, tra i Navigli e Barona, dove Shablo e Fabrizio Ferraguzzo, manager rispettivamente di Blanco e dei Måneskin, promettono di dare vita alla prima vera "casa degli artisti" in città

Da sinistra, Ferraguzzo e Shablo
Da sinistra, Ferraguzzo e Shablo

A Milano, in via Watt, tra i Navigli e la Barona, ha aperto MOYSA, ideato e fondato da Fabrizio Ferraguzzo – ex discografico di Sony Music Italy e direttore musicale di X Factor, oggi manager dei Måneskin attraverso la società Exit Music Management, oltre che founder di Stardust – e Shablo – musicista, produttore, dj, manager di artisti come Sfera Ebbasta, Rkomi e Blanco e discografico. Oltre duemila metri quadri dedicati ad artisti, creator e addetti ai lavori, tra studi di registrazione, una sala dedicata alle arti visive e allo streaming, un club ed un esclusivo concept bar e ristorante, per rilassarsi dopo il lavoro.

Il giorno dell’inaugurazione ci siamo fatti un giro negli spazi quasi vuoti prima dell’inizio della festa con ospiti da tappeto rosso e scambiare due parole con Fabrizio e Shablo, chiusi in uno dei tanti, strepitosi studi. MOYSA è un progetto ambizioso e senza precedenti in Italia. Frutto dell'esperienza di Shablo (fondatore di Thaurus, BHMG e Urubamba Studio) e di Fabrizio Ferraguzzo, sarà il più grande e importante hub musicale a livello nazionale, un luogo unico, adatto a soddisfare le esigenze creative e di business di artisti affermati ed emergenti. Una factory dalle molte sfaccettature, uno spazio polifunzionale in grado di accogliere artisti italiani e internazionali, dove il talento può incontrare la struttura più adatta a supportarlo e creare sinergie e opportunità.

Una foto degli spazi di MOYSA
Una foto degli spazi di MOYSA

Dislocata su più piani, nella struttura c’è una sala riunioni, una sala co-working, pensata proprio per l’artista, che si muove sempre con il suo team per lavorare e creare, ma anche per fotografi e videomaker che qui hanno la possibilità di postprodurre il loro lavoro nell’immediato. Un’intera zona è completamente dedicata alle arti visive, con giochi di luci e specchi e vetri trasparenti e onde dipinte sui muri altissimi. Ci sono i camerini, pronti e settati con tutto, bagni, specchi, luci, perché sappiamo che chi fa questo lavoro spesso deve portarsi dietro tutti i propri strumenti per lavorare, invece qui c’è tutto, a un passo dalla sala posa, chiusa come un caveau, cento metri quadri con un limbo e il green screen per shooting fotografici e visual.

Lo spazio più imponente forse è la sala prove/sala rec, ideale anche per i tour. Tutti gli impianti da MOYSA sono certificati Atmos (speciale tecnologia surround-sound che, semplificando moltissimo, avvolge il pubblico in un cupola di suoni, ndr) e sono tutti collegati tra loro con gli altri studi, la regia principale e il vocal boot in cui si possono registrare le voci e i singoli strumenti. Il vocal boot è molto grande per permettere anche a una batteria di essere registrata là dentro. Se si vuole un suono preciso si può fare contemporaneamente tutto, registrare le voci con la band che suona e il fonico, al centro, con un signor impianto a dirigere il tutto.

Una foto degli spazi di MOYSA
Una foto degli spazi di MOYSA

Aver collegato tutto visivamente con grandi vetrate trasparenti rende l’esperienza creativa ancora più bella. L’altra chicca nella sala prove è il proiettore, fatto in funzione della visione in anteprima di visual, magari per le prove dei tour le agenzie che progettano i visual possono trasmetterle direttamente, coordinarle con il sinc e vedere già l’effetto che faranno poi sul palco. Gli studi li ha progettati Dario Paini, chiusi come casseforti, dalle quali ci si aspetta escano tante, nuove e preziose opere. "L’idea era dedicare una casa agli artisti, vedremo cosa succederà", dice Shablo.

Questo è un posto che se vuoi risponde anche alla questione dell’intelligenza artificiale, della musica digitale, della musica a distanza; MOYSA è un luogo che fa dell’aggregazione fisica il suo punto forte, qui ci si può incontrare, parlare, creare insieme, come si faceva negli anni settanta, ottanta e credo che si debba riportare un po’ di quello spirito di collaborazione genuino che è un po’ venuto a mancare negli ultimi anni. Credo che qui si creerà una specie di magia che farà nascere tante cose.

I Maneskin all'inaugurazione di MOYSA
I Maneskin all'inaugurazione di MOYSA

 

"Il posto è assolutamente internazionale", prosegue Shablo, "con Fabrizio sono due o tre anni che ci lavoriamo, abbiamo girato tanto e visto tanti luoghi, abbiamo quindi una visione più internazionale, Fabrizio è stato più all’estero che in Italia, ci incontriamo spesso a Los Angeles e in giro per il mondo e abbiamo parlato di questo posto anche proprio viaggiando. Io anche, ho vissuto tanti anni all’estero, non sono italiano, sono argentino, abbiamo una visione molto aperta, eppure un posto come MOYSA non l’abbiamo trovato. Ci siamo ispirati a tante piccole cose ma un luogo così con questa attenzione così alta alla tecnologia e al design degli studi, ma anche al food, non lo abbiamo incontrato e così lo abbiamo creato noi. Qui ogni dettaglio è stato curato nei minimi particolari e un luogo così in una città come Milano, città della musica e del design è perfetto".

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L'articolo MOYSA, com'è il nuovo avveniristico hub per gli artisti a Milano di Carlotta Fiandaca è apparso su Rockit.it il 2023-05-15 13:10:00

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