Tiziano Dugnani, l'uomo che faceva suonare le batterie

Brianzolo, batterista professionista (nei night e sulle crociere), ha un solo grande problema: nessuno produce bacchette come vorrebbe. E allora decide di farlo lui, e crea Mister Drum. Oggi l'azienda produce 10mila bacchette all'anno su misura per alcuni dei più grandi musicisti al mondo

© Tutte le foto sono tratte da un video di Daniele Dugnani per gentile concessione di Tiziano Dugnani, salvo dove diversamente indicato
© Tutte le foto sono tratte da un video di Daniele Dugnani per gentile concessione di Tiziano Dugnani, salvo dove diversamente indicato
19/05/2025 - 09:01 Scritto da Giulia Callino

«Quando il semilavorato arriva in laboratorio, lo faccio suonare: lo metto in produzione soltanto se canta come dico io». A raccontare questo processo produttivo, in cui il legno sembra diventare un artista che si esibisce, è Tiziano Dugnani, titolare di Mister Drum, azienda di Seregno – ma lui preferisce chiamarla bottega – che produce bacchette per batteria: una nicchia della liuteria che in Italia conta i suoi produttori sulle dita di una mano e in cui Dugnani offre un servizio di personalizzazione della bacchetta tra i più elevati.

Una storia iniziata quasi trent’anni fa, mentre Dugnani lavorava come batterista in locali e nightclub: “Suonavamo tutti i giorni, dalle 10 di sera alle 4 del mattino, con un consumo di bacchette veramente importante: un anno arrivai a spendere quasi 2 milioni di lire dell’epoca. Il mio insegnante, il grande Enrico Lucchini, se le faceva produrre da un tornitore piemontese: il prezzo era ottimo, ma c’era solo un modello e le bacchette non venivano pesate e selezionate. Abitando in Brianza, in un territorio dove per ogni casa c’erano tre falegnami, cercai qualcuno che me le potesse produrre su misura”.

Le cifre richieste sono però eccessive: “Mi chiedevano commissioni da trentamila pezzi, mentre a me ne serviva una quarantina di paia l’anno. Fu allora che mi dissi che, in fondo, potevo provare a produrmele io, grazie anche al know-how familiare: mio padre era un falegname e così mio nonno e il mio bisnonno prima di lui”.

7. Mr Drum
7. Mr Drum

La produzione viene avviata nel 1999, quando Dugnani riesce a trovare una piccola partita di Hickory americano, dopo aver acquistato un vecchio tornio da un rottamaio: inizialmente destinata a soddisfare le esigenze sue e di pochissimi amici batteristi, diventa un’attività a tempo pieno dopo la conclusione della carriera da batterista professionista.

Oggi la produzione si colloca tra le 10.000 e le 12.000 paia di bacchette l’anno: a sceglierle, tra gli altri,Tullio De Piscopo, Walter Calloni, Eugenio Mori, Derek Wilson, Alex Polifrone, Roberto Gatto, Giovanni Giorgi, Cristian Meyer e Maxx Furian, che a Dugnani richiese un prototipo di mullet contenenti degli shaker.

"Quando parliamo di bacchette su misura, i parametri da considerare per la comodità di chi suona sono tanti: il diametro, la lunghezza, la rastrematura della parte conica, da cui dipende il bilanciamento anteriore o posteriore della bacchetta. Ancora: la forma del pallino, il peso, il grip. Alcuni batteristi preferiscono una finitura natural, senza vernici, altri cercano un trattamento soft touch antiscivolo, altri ancora la cera d’api. E poi c’è anche la parte estetica: ci sono musicisti che cercano bacchette colorate o con il logo, soprattutto quando parliamo di band che realizzano merchandising. Studiare tutta la vita per realizzare un pattern o una performance richiede uno strumento comodo, che va cercato provandolo e sentendolo, a occhi chiusi”.

Un processo che avviene in bottega, sotto l’occhio attento di Dugnani: “Quando il batterista sa cosa vuole, ma non riesce a spiegarlo, gli faccio suonare i rudimenti sul pad: vedo subito come impugna le bacchette e capisco le sue necessità. Nei negozi di strumenti si trovano centinaia di modelli, che però non possono essere modificati nemmeno leggermente. Nel mio caso invece è possibile, grazie a macchinari a controllo numerico”.

La produzione si svolge interamente in laboratorio ed è seguita da Dugnani a partire dall’importazione del semilavorato di Hickory dagli Stati Uniti – la fase più importante per la realizzazione di una buona bacchetta: “Me lo faccio spedire già selezionato, scegliendo soprattutto l’alburno, la parte esterna del tronco. Quando arriva in laboratorio, lo controllo e seleziono pezzo per pezzo e lo faccio suonare. Se per esempio vibra, vuol dire che la pianta è cresciuta in un terreno scosceso e il legno non sarà ideale per costruire le bacchette”.

Seguono pesatura del semilavorato, fondamentale per centrare il peso richiesto dal batterista, tornitura, verniciatura, intestazione, grazie alla quale il fondo della bacchetta viene temperato, tampografia e infine accoppiatura di bacchette con la stessa grammatura.

A venderle è direttamente Dugnani, rinunciando alla distribuzione nei negozi anche per mantenere i prezzi il più possibile accessibili. “Il legno ha una gamma di intonazioni diverse, che dipendono dall’età della pianta, da quanto e dove è cresciuta. È possibile avere una buona intonazione anche con altri legni, ma il 90% della produzione mondiale di bacchette avviene con Hickory proveniente dai Monti Appalachi. Per questo legno sarebbe proprio il caso di parlare di resilienza: è elastico e molto sonoro ma anche resistente, il che è fondamentale in uno strumento molto sollecitato come le bacchette”.

(foto via)

A distanza di quasi trent'anni dall'avvio della sua attività, per Dugnani l'aspetto più bello del proprio lavoro è sempre lo stesso: “Mi sento felice quando i batteristi mi dicono di aver trovato la bacchetta che fa per loro. E poi mi piace molto vedere i ragazzini che si entusiasmano qui in bottega: li osservo mentre suonano i primi paradiddle e rivedo nei loro occhi come mi sentivo io alla loro età, quando vedevo da vicino un batterista o una batteria”.


(foto via)

Per Dugnani, l'avvicinamento alla musica è stato precoce: “Mi piaceva già da bambino, quando a scuola iniziai a studiare flauto dolce”. Passa poi alla chitarra classica, attraverso un corso pomeridiano scolastico. A tenerlo, un musicista che suonava nei night: “Lo vedevo arrivare con le occhiaie, probabilmente sveglio da poco. A casa mia non giravano molti soldi: riuscii a comprare la mia prima chitarra a dieci o undici anni, facendo un sacco di lavoretti. Me la ricordo ancora: era una Eko e costava 27 500 lire. Al basso mi avvicinai invece grazie al mio insegnante, che me ne prestò uno per l’estate”. La vera folgorazione è però quella per la batteria: arriva di lì a poco, quando un cugino gliene regala una. “Avevo tredici anni.Fu lì che dissi: io devo suonare per forza. Volevo fare il musicista professionista, alzarmi la mattina e prendere in mano le mie bacchette”.

Inizia a studiarla, soprattutto in ambito jazz. Nel frattempo lavora come meccanico, ambulante, magazziniere. Finché, una domenica sera, trilla il telefono di casa. All’epoca, Dugnani ha 23 anni. “La voce dall’altro capo del telefono mi disse: 'Io ho un gruppo, suono nei nightclub. Ho bisogno di un batterista'. Avevo spedito il mio curriculum a tutti gli agenti e impresari dell’epoca, cercando i loro indirizzi nelle Pagine Gialle. Gli risposi subito che andava bene e di farmi avere la cassettina con i pezzi per prepararli. E lui: 'Non hai capito, io ne ho bisogno ora'. Erano le sette di sera. Mi disse che dovevamo andare in un nightclub a Locarno e di farmi trovare all’uscita autostradale di Meda. Gli chiesi se potesse almeno anticiparmi i pezzi:mi rispose che, se ero davvero un batterista, me la sarei cavata”.

È così che inizia la carriera da batterista professionista di Dugnani, tra paillettes e spettatori ben vestiti. Lui, che non possiede giacche, indossa uno smoking prestatogli dal sassofonista: “Mi arrivava al ginocchio, ma mi rassicurarono: era tutto buio ed ero seduto dietro alla batteria”. Prima di ogni brano, il chitarrista gli rivolge un gesto discreto con le dita: “Se me ne mostrava due, dovevo fare una duina, se erano tre, un tempo terzinato. Fu tutto improvvisatissimo, ma andò bene: avevo un po’ di repertorio, tanta voglia, passione per lo studio. La mattina dopo chiamai il magazzino dove lavoravo, mi licenziai e partii in tournée con il gruppo. Volevo suonare, suonare e basta”.

Lo farà dal 1986 al 2013 a bordo delle navi, nei nightclub, per la televisione: “Fui assunto da un gruppo che lavorava tanto con i programmi televisivi e le loro personalità, da Ezio Greggio a Umberto Smaila, Jerry Calà, Christian De Sica, Luisa Corna e così via. Ho suonato ai Venice Music Awards, nell’Orchestra di Castrocaro, al Montecarlo Film Festival: eseguivamo una cinquantina di stacchetti ognuno di pochi secondi, tutti diversi l’uno dall’altro. A fine serata ero piuttosto provato, ma, quando ci ripenso, sono tutti ricordi belli. È come quando conquisti una cima: le cose belle rimangono nel tempo”. Tra queste, anche il ricordo delle sfide tra i gruppi dei diversi night, per riuscire a riproporre i brani di Sanremo già il giorno dopo la loro prima esecuzione: “Li registravamo con il walkman durante la trasmissione, direttamente dal televisore. Di notte li tiravamo giù e il pomeriggio dopo li provavamo. La sera, chi veniva a sentirci poteva trovare già i brani del Festival”.

Oggi, il batterista e liutaio suona ancora: “Continuo a studiare e suono con il mio quintetto jazz, con cui talvolta ci esibiamo. Avendo tra i miei clienti anche diversi insegnanti di un certo calibro, ho la possibilità di confrontarmi con loro, di chiedergli i loro metodi e le loro tecniche. Oggi ho meno tempo, ma lo studio continua ad appassionarmi. Credo che di suonare non smetterò mai”.

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L'articolo Tiziano Dugnani, l'uomo che faceva suonare le batterie di Giulia Callino è apparso su Rockit.it il 2025-05-19 09:01:00

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