Non c'è un'emergenza sicurezza in Italia, ma un'emergenza cazzate nel rap

Per Emis Killa "Riccione è come Marsiglia", bisogna aver paura a girare e servirebbero "le manganellate". In un Paese che vive una campagna elettorale squallida e non sa affrontare le sue eterne paraonie, parole come le sue (o quelle di Chiara Ferragni) sono dannose

Emis Killa per il singolo recente "Lucifero", foto di Mattia Guolo
Emis Killa per il singolo recente "Lucifero", foto di Mattia Guolo

Riccione è diventata Marsiglia. Una volta i giovani andavamo li a divertirsi, le famiglie anche. Ora dopo le 18:00 se sei un bravo ragazzo devi avere paura a farti una passeggiata sul lungomare”. Quando ha scritto queste parole sul suo profilo Twitter Emis Killa doveva essere molto in forma: solo poche ore prima aveva confezionato una polemica sulla tassazione italiana e quella voglia irrefrenabile (che nessuno realizza mai) di andarsene via. Il tweet si concludeva ancora peggio di come era iniziato, “le manganellate nelle ginocchia ci vogliono”, in un Paese in cui di manganellate verso i giovani ce ne sono state decisamente troppe nel corso della storia. 

Dopo le parole del rapper classe ‘89, il comune di Riccione ha chiesto i danni (quello di Marsiglia probabilmente ha cose più importanti a cui pensare), mentre la politica – ai livelli più alti, e più bassi allo stesso tempo – si è messa a fare campagna elettorale con le sue parole. Domani nessuno se ne ricorderà più, infervorato dalla nuova polemichetta fresca di giornata. 

Un po’ di considerazioni dunque, per autoconvincersi che un dibattito sia ancora possibile in questo Paese. Non per crocifiggere Emis, uno che ha contribuito a cambiare la storia del rap italiano, ma che negli ultimi anni si è preso la ribalta troppo spesso per le strombazzate social di stampo qualunquista. Quanto piuttosto perché quella in cui lui è caduto è una buca in cui è facile inciampare, talmente facile che molti lo fanno di proposito. 

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Le parole del rapper di Vimercate arrivano a poche settimane di distanza da quelle, pesantissime, di Chiara Ferragni, che non è una cantante ma che quel mondo lo conosce e frequenta. “Ogni giorno ho conoscenti e cari che vengono rapinati in casa, piccoli negozi al dettaglio di quartiere che vengono svuotati dell’incasso giornaliero, persone fermate per strada con armi e derubate di tutto. La situazione è fuori controllo. Per noi e i nostri figli abbiamo bisogno di fare qualcosa. Mi appello al nostro sindaco Beppe Sala”, aveva scritto dicendosi “angosciata e amareggiata” in riferimento alla deriva della sua Milano.

E ci sono ancora altri e altri precedenti, fino ad arrivare al caso estremo di Francesco Facchinetti, divenuto negli anni una specie di portabandiera delle ansie securitarie e della giustizia fai da te. Tutti personaggi che flirtano con il mondo della tv e dei social, oltre che con la musica. Probabilmente non è un caso, perché oggi a fare simili discorsi è chi deve mantenere alta l’attenzione su di sé e abbeverare un’audience ampia e trasversale.

Non sappiamo come stiano le cose a Riccione, se il milieu si sia già impossessato con la forza di viale Ceccarini, ma a Milano i reati (specie furti e violenze) sono in calo, netto, da anni. Qualche dato è qua, tra i mille che sono piovuti a smentire Ferragni un minuto dopo il suo intervento. Tutto inutile (come questo articolo), visti i rapporti di forza e di follower. 

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Lo sono anche in Italia, secondo i dati del Viminale, pubblicati per tradizione a ferragosto dalla polizia. I reati, di ogni tipo, sono in realtà lievemente risaliti negli ultimi due anni, perché pure i delinquenti stavano a casa con i lockdown, ma rimangono di gran lunga inferiori all’epoca pre pandemia, e l’Italia da un decennio festeggia una curva discendente nei numeri. Non siamo tra i Paesi più pericolosi d’Europa (ma fottiamo ancora tante auto, pare…), tanto meno del mondo. 

Non che problemi non ce ne siano, o che stiano solo nella testa delle persone. Ci sono tutta una serie di persone – ad esempio, qualsiasi donna in qualsiasi area metropolitana – che deve convivere ogni giorno con preoccupazioni e paure. Il tema della sicurezza percepita non è da sottovalutare. Se uno si sente insicuro, non vivrà bene, e lo Stato deve farsene carico, tutelarlo. Rimane la domanda su cosa o chi crei questa percezione, perché è lì che bisogna intervenire per dare assistenza alle persone.

C’è il piano della realtà, ciò che succede e ciò che non succede nelle strade, su cui istituzioni locali e il prossimo governo (paura, vero?) saranno chiamati a fare la loro parte. Ma quanto di quel che ci spaventa è qualcosa che è stato amplificato, fino a terrorizzarci? La storia recentissima della campagna elettorale più squallida che si ricordi è lì a dimostrarlo, con l’ennesima escalation di orrore di un probabile futuro presidente del consiglio che condivide il video di uno stupro. E poi ci sono giornali, siti, tv. Almeno gli artisti, che influenzano moltissima gente a loro volta, sarebbe davvero bello ne stessero fuori.

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Scrivo queste cose anche e soprattutto perché ieri sera ho assistito a un concerto di Emis Killa. Era a Campomarino, lungo la cortissima riviera del Molise. Era un evento gratuito in piazza, in un luogo in cui di solito ci si ascolta le cover di Biagio Antonacci o la pizzica, per cui c’era parecchia gente. L’età media era sui 20-25 anni. Molti – non tutti, a dire il vero, ma l’evento era gratis ed Emis va sicuramente più forte su una generazione precedente – sapevano a memoria le sue canzoni. Mentre cantava i suoi inni a chi vive da “malandrino” e a chi è un “gatto nero in gabbia” e “diventa una pantera” e il suo Dj Telaviv sparava i suoni di un mitra nell’aria, ho pensato a quel suo tweet, alle manganellate nelle ginocchia.

Magari quei giovani che turbano le nottate dei bravi ragazzi erano tra il suo pubblico, magari sono suoi fan e hanno mutuato da lui e dalla sua musica parte del loro stile di vita. Se anche fosse, non imputeremmo mai la cosa a Emis Killa: siamo definitivamente di un’altra scuola, abbiamo tutt’altra idea dell’arte e della libertà di espressione. Ma quando un artista fa dichiarazioni che pare Cossiga, verrebbe quasi voglia di dimenticarsene e fare come fanno tutti: rinfacciare, dividere, soffiare sulle paure. Non fosse che poi ci rimettiamo tutti quanti

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L'articolo Non c'è un'emergenza sicurezza in Italia, ma un'emergenza cazzate nel rap di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2022-08-23 17:02:00

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