Non stiamo impazzendo, ma cerchiamo di non perdere la libertà

Il racconto del progetto DOdiMatto, che usa la musica per l'inclusione delle persone con disagi psichici. E che ci insegna che questi giorni possono darci molto, ma guai a diventare schiavi della connessione

Renato Murri, Presidente dell'Associazione DodiMatto
Renato Murri, Presidente dell'Associazione DodiMatto
25/03/2020 - 11:21 Scritto da Simone Stefanini

Da qualche tempo, sui social è una gara a chi sta peggio. Non parliamo del Coronavirus, già in tempi non sospetti c'è stato un abuso delle parole pazzia o depressione, l'esaltazione dello Xanax da usare come una droga qualsiasi, la parola disagio da utilizzare in ogni occasione. La realtà è che il disagio psichico è cosa ben più seria dalla posa estetica. Renato Murri, presidente dell'associazione DodiMatto ne sa qualcosa, perché lavora a contatto con soggetti fragili. Grazie all'arte anche loro possono esprimersi, per favorire la Diversity Inclusion.

“Tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci ad esprimerlo con le parole”, cantava Fabrizio De Andrè in Un matto ed è punto dal quale germoglia l’idea dell’associazione di promozione sociale DOdiMatto: focalizzare l’attenzione sul disagio psichico attraverso un nuovo punto di vista, quello artistico-culturale. Kurt Cobain, Van Gogh, Alda Merini, Antonio Ligabue: cosa sarebbe stato della loro arte se qualcuno non avesse gettato luce sulle loro ombre?

Cosa c'è da sapere sul progetto DoDiMatto?

DOdiMatto è un’associazione di promozione sociale nata a Torino a febbraio di quest’anno con lo scopo di produrre, realizzare e promuovere prodotti artistico-culturali di persone con disagio psichico. L’obiettivo è quello di accendere i riflettori su una tematica importante come la fragilità psichica in tempi in cui con molta superficialità sentiamo dire “tu sei pazzo”, “io sono bipolare”, “sto diventando schizofrenico con sti ritmi”, “mamma mia come sei anoressica!”, “ah, ma io sono ossessivo-compulsivo!”. Allontanandoci dal punto di vista dei manuali di psichiatria – senza rinnegarli o senza rappresentare un’alternativa scientifica – abbiamo pensato che l’arte, in particolare la musica, possa essere il canale più in voga per raccontarlo, in modo da favorire la Diversity Inclusion e ridare centralità alla creatività di persone che hanno saputo trovare in qualsiasi forma d’arte un modo per superare un momento di difficoltà e donare, anche inconsapevolmente, qualcosa di sé al mondo.

Il vostro prossimo progetto è un disco. Come mai?

Circa un anno fa, durante uno dei percorsi di orientamento al lavoro (mi occupo principalmente di orientamento e inserimento lavorativo di persone provenienti da percorsi di tossicodipendenza), ho conosciuto Luca, ragazzo borderline con associato disturbo bipolare, che mi regalò alcune sue poesie scritte durante i momenti di delirio e mi chiese di poterle musicarle. Era un periodo in cui avevo deciso di appendere la chitarra al muro per potermi dedicare solo al mio lavoro, ma la responsabilità di avere quelle poesie tra le mani – che mi avevano molto colpito per la potenza del loro contenuto – mi smossero. Da lì ho ho contattato il produttore toscano Nicola Baronti de La Tana del Bianconiglio che ha accolto subito la possibilità di curare tutta la produzione del disco (e dei progetti musicali futuri di DOdiMatto). Francesca Ceccarelli di Siddarta Press si è offerta di curare la comunicazione del tutto e Simone Sandrucci mi ha aiutato a rinforzare le bozze che nel frattempo avevo scritto. A dare la voce alle poesie di Luca abbiamo scelto Alessandra Cimino, attrice di Roma, impegnata nel mondo del teatro sociale. “Perchè questo entusiasmo circoscriverlo solo a un disco fine a se stesso?”, ci siamo detti. E di li abbiamo cominciato a lavorare all’idea di DOdiMatto.

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Che tipo di lavoro musicale svolgono i pazienti affetti da disagio psichico?

Operano la semplicità, ma soprattutto la normalità! Abbiamo iniziato a metter mano al disco con la cura di chi sa di avere a che fare con qualcosa di delicato, ma senza preoccuparci troppo di fare passi falsi o cadere nel pietismo. Paradossalmente, curare progetti del genere ti allevia dall’ansia del “starò facendo una cosa che piacerà?” perché la cosa che conta è che stai facendo la cosa più vera.

In che modo la musica può aiutare tutti quanti in questo momento di isolamento forzato?

Senza nulla togliere alle diverse iniziative che ogni giorno di moltiplicano (dirette streaming e concerti casalinghi), credo che si stia rivestendo la musica di un ruolo complementare rispetto a quello che ha sempre svolto. Mi spiego: oggi la musica viene utilizzata sicuramente come mezzo per farci compagnia, ma mi sembra che ci stia togliendo la possibilità di allontanarci per un attimo dalla tecnologia e tornare a coltivare la musica come strumento di libertà per evadere da giorni di clausura. Libertà di scoprire musica nuova. Libertà di riscoprire musica che magari si conosceva, ma sulla quale non si è mai riflettuto. Libertà di spulciare tra i propri vinili o cd e rivalorizzare un ricordo. Libertà di lasciare che la musica ti emozioni stando da solo nel buio di una stanza. Libertà di avvicinarsi ad uno strumento musicale. Ecco, più che la mancanza di ritrovarci tutti insieme ad un concerto, spero di non ritrovarci a rimpiangere l’occasione per concederci... libertà!

Spesso diciamo che di questi tempi ci sembra d’impazzire, in realtà però il disagio psichico è ben diverso dalla situazione di difficoltà che proviamo chiusi in casa, non è vero?

Be', direi di sì. Leggo parecchi commenti su Facebook di gente che “ci vogliono tutti matti a tenerci in casa! Impazziremo tutti!”. Basterebbe questo per aprire un ampia riflessione su quanto poi abbiamo bisogno di sentirci al sicuro sentenziando severe pene per i delinquenti e siamo sereni solo se le comunità terapeutiche tengono a bada i propri ospiti... Ad ogni modo, proviamo a immaginarci inseguiti da voci che non si possono controllare e che incitano al suicidio o che ti ripetono di essere una nullità in ogni momento della giornata. Non sarebbe oro il silenzio e la calma che in questo silenzio viviamo come imposizione o, ancor peggio, come incubo?

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In questi anni abbiamo abusato della depressione e della “pazzia" in musica. Sono delle pose dannose?

“Perchè scrivi cose tristi? Perchè quando sono felice esco!”. Penso banalmente a Tenco (anche se la frase pare sia da attribuire a Lauzi) e mi viene da dire che l’abuso di depressione nella storia della musica ha avuto anche il suo risvolto artistico importante. Cosa sarebbe stata la musica dei Nirvana, senza la personalità complessa di Kurt Cobain? Rispetto a “l’esaltazione dello Xanax” oggi, mi sa di lontano da questi esempi. Pare che ci sia la diffusa moda(?) di voler apparire a tutti i costi “disagiati”, quando in realtà non lo siamo. Piuttosto, “l’esaltazione dello Xanax” mi risuona come un urlo strozzato della nostra infelicità di fondo dettata dal non saper stare con noi stessi. Per sintetizzare, è quello che descrive perfettamente Vasco Brondi nel brano Iperconnessi, per intenderci. Inoltre penso che non sia un caso che musicalmente fa risonanza ciò che appare trasgressivo. Penso a quanto faccia rumore il personaggio di Achille Lauro, ancor prima della sua musica. Semplicemente ci attira ciò che noi non siamo in grado di fare: mostrarci totalmente per quello che siamo, preferendo non sfuggire alle regole di quello che i social chiedono... forse per paura di scomparire e doversi ritrovare a fare, prima o poi, i conti con se stessi.

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L'articolo Non stiamo impazzendo, ma cerchiamo di non perdere la libertà di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2020-03-25 11:21:00

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