È un bel compleanno, il trentasettesimo di Max Pezzali, celebrato sul palco del Palasport San Lazzaro di Padova, con i 4500 del tutto esaurito a cantargli in coro quella “Tanti auguri” improvvisata dalla band sul palco. E anche se manca ancora un po’ alla fatidica mezzanotte, fa lo stesso: ché leggi e regolamenti incombono e come Cenerentola alle 24 bisogna ritirarsi. Festa di compleanno, anche se un po’ amara per il ragazzo di Pavia che dichiara sul palco di dimenticarsi del proprio compleanno e di calarsi l’età da un paio d’anni. E certo, visti i chiletti in più che spuntano da un’impietosa panzetta che lo fa assomigliare già un po’ a Faletti e un po’ a Vasco, il rapporto con l’età del cantore dell’adolescenza non dev’essere facile.
Facile amarlo invece per le migliaia di ragazzi e ragazze che stipano il palasport, frenetici di gioia a ogni canzone riconosciuta, a ogni cenno di saluto di Pezzali verso tribune o platea, come se fosse un ammicco privato e segreto a ognuno di loro. Prima del concerto lo attendono con gioia impaziente, la stessa per una festa che sta per iniziare, giocano a chiamarlo con una ola che viene e che va.
E quando le luci si spengono, entra la band e Pezzali inizia subito a cantare la nuova “Lo strano percorso”, sotto la scenografia che celebra la fusione tra moto e strumenti musicali, è una grandissima esplosione di applausi eccitati, uno sventolio fitto di cuoricini luminosi, gialli, verdi, rossi, blu. Pezzali, col sorriso che gli percorre il volto, annuncia “uno spettacolo il cui scopo è di divertire”, e la scaletta scorre serrata. Si agitano cartelli, ingenui e affettuosi, in suo onore: tra i tanti i “Sei un mito”, spicca un “Max Pezzali ci metti le ali / sei meglio di Fausto Leali / e non sei un tal dei tali”, che fa sorridere per l’infanzia che denuncia.
Scorrono i successi: e saranno 24 le canzoni alla fine, tra cui due medley che farebbero salire il conto a 28. Tutte che girano intorno a uno dei temi principali della produzione di Pezzali: l’adolescenza. Ora vista in presa diretta, come in “Sei un mito” o “La regola dell’amico”, con il suo irresistibile groove da discoteca del pomeriggio. Ora come rimpianto di un’epoca che fu (“Gli anni”). Ora, ed è la novità dell’ultimo Pezzali, come patrimonio di saggezza da trasmettere a chi la vive oggi (“Fai come ti pare”), “ma senza fare prediche”.
Su tutto, il formidabile collante dello stile di Pezzali: una capacità che ha dell’incredibile di sfornare ritornelli killer, una saggia unione di melodie malinconiche e basi allegre, da festa delle medie, un rimasticamento sentito e sincero della tradizione rock, servita e travestita in arrangiamenti flamboyant da pomeriggio di Canale 5. Dietro ai quali si sentono chili di James Taylor, U2, Who e classic rock dei 70. Mitologia di una provincia che è quella di tutti: e anche in questo sta la forza di Pezzali. Così, il singolone "Il mondo insieme a te" è una variazione sul tema - e non un plagio - di "Down under" degli australiani Men at work, che conobbero il loro quarto d'ora di gloria nel 1983, finendo al numero uno in tutto il mondo. Ed è un bell'esempio della tecnica compositiva di Pezzali, che parte dal noto per ricamarci sopra, come un merletto della vecchia zia di campagna. Fornisce al pubblico un "già sentito" perfettamente nei canoni del pop di consumo, senza però cadere nel becero plagio tipico di altri suoi colleghi. E in questo modo, fornisce ai giovani fans una vera e propria iniziazione rock. Perché tutti quanti abbiamo avuto un brano che da piccoli ci ha rivelato il rock'n'roll, e non è esattamente quello di cui ora andremmo più fieri. Personalmente il mio è "Rumore" di Raffaella Carrà (e ne vado fiero!): altre generazioni ne avranno altri, ma dello stesso genere. Non fate i fighi. A otto anni non ascoltavate già post-rock.
Questo quindi è a parer mio è uno dei segreti di Max Pezzali e dell'eccitamento del suo pubblico. Unito ovviamente ai testi, adeguati per i preadolescenti. Tanto che Pezzali, a tratti, più che un autore sembra l’interprete dei sentimenti e delle riflessioni del suo pubblico. E in questo trova la ragione del suo trionfo.
Alla fine, ovazione per lui e applausi per la band. E mentre tutti vanno via, Claudio Cecchetto, suo storico produttore e scopritore, raggiunge Pezzali nel backstage. È la sua festa, no?
Se si può mettere on line su Rockit una recensione di un concerto di Baglioni, perché non una di un concerto di Max Pezzali? Tanto più che non ci si va per perdersi e poi ritrovarsi nel bagno con la "ggente", ma perché spediti dal quotidiano per cui si lavora. E allora, di fronte a una folla di preadolescenti (ma non solo) che smaniano e sono eccitati/e come i loro nonni nei Sixties a vedere i Beatles e gli Stones, perché non cercare di capire? Anche perché, se si togliesse l'audio e si voltassero le spalle al palco guardando solo la folla, non si avrebbero dubbi: questa è una festa rock'n'roll. Che c'è dietro al fenomeno Pezzali? Cosa c'è che ce lo fa liquidare in fretta quando poi ci si ritrova a canticchiarne - in un attimo di distrazione - le canzoni? Ecco la cronaca di un concerto mainstream attraverso cuore, occhi e orecchie di un giornalista indie rock.
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L'articolo Max Pezzali - Palasport San Lazzaro - Padova di Renzo Stefanel è apparso su Rockit.it il 2004-11-13 00:00:00
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