Piero Ciampi è stato molto più punk di molti punk in giro ora

In un'epoca in cui questa parola si usa quasi sempre a sproposito, vale la pena utilizzarla per un artista che era davvero oltre a tutto e tutti. Più amaro di Tenco, più pessimista di De Andrè, più disperato di Paoli, più naif di Lauzi. Ora un doppio album invita per fortuna alla riscoperta

Piero Ciampi - foto di Uliano Lucas, via Squilibri Editore
Piero Ciampi - foto di Uliano Lucas, via Squilibri Editore

Qualcuno può dire di soffrire di mal d'Africa. Altri vivono una vita intera nella speranza di tornare a Napoli. A me manca Livorno. La nostalgia del mare, di una città di mare, di un uomo con in testa un cappello che pensa al mare che dà su una terrazza damascata, come la statua di Giovanni Fattori - in piazza della Repubblica, proprio a Livorno. La malinconia dell'ultima vacanza felice con colei che non c'è più, per una personale di Amedeo Modigliani. Anche Piero Ciampi, cantautore “maledetto” morto a gennaio del 1980 a Roma e nato a Livorno quarantacinque anni prima proprio davanti alla casa di Modì, cantava cosi il suo grido malinconico e malconcio, come una sirena trapiantata nell'urbanità della Capitale. Oggi di lui non resta abbastanza, parecchi probabilmente nemmeno lo conoscono.

Alcuni comprensibilmente, come i miei nipoti appena adolescenti, ma anche miei coetanei, molti dei quali pronti ad avvicinarlo lesti, nei più bizzarri modi, al nostro ex-Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. Non a caso, ci viene facile da ironizzare, la Squi[libri] Editore ha intitolato Siamo In Cattive Acque, un doppio CD (con booklet) a lui dedicato, uscito proprio in queste ore. Una sorprendente e interessante raccolta di canzoni inedite incise dalla viva voce del cantautore livornese: undici brani mai ascoltati prima e altri ventuno con variazioni ricche di fascino, nella musica o nei testi,  di canzoni già note.

Ciampi quindi resta nella memoria. Ha sparso nel cielo terso del Tirreno, con in faccia le grigie ciminiere della zona industriale, il canto, le note e le rime come un alfiere dimenticato della canzone Italiana di maggior pregio e noi, di tanto in tanto, ne raccogliamo le geniali intuizioni. Di lui non rimane solo il ricordo: quello degli amici cantautori, vecchi e nuovi, che non mancano mai di omaggiarlo piuttosto che di commemorarlo, e quello della gente delle osterie, che oggi forse diremmo pub, luoghi della creazione di Ciampi. Ma che, ai suoi tempi, erano anche le vere e proprie vecchie bettole del porto labronico, mitico luogo che fu d'incontro di marinai di Shangai e di ebrei di Tunisi, delle quali oggi resta solo la memoria consegnata qui e là a un'insegna sbiadita o a un cartello di un aperitivo alcolico.

 

L'odore del vino non si sente più, come l'odore di Piero Ciampi, stravagante scapigliato di quegli anni Sessanta ancora sospesi tra Céline e Pasolini, tra Milly Monti e Sergio Endrigo, tra Genova e Livorno. I suoi album sono oggi più che mai merce rara, passata di mano in mando da un amante degli anni Sessanta ad un altro per un sano tuffo in quel genere di ascolti. Eppure la sua produzione è stata (notoriamente) piena di progetti a venire, minute e abbozzi, poesie e provini che emergono, così, a volte, dal passato per rinnovare il ricordo di questo autore che ha segnato in profondità la storia della canzone italiana. Anche grazie alla disponibilità di appassionati e alla collaborazione di co-autori di Ciampi stesso, come nel caso di questa nuova uscita. Perché, nella memoria di qualcuno, si accende ancora la celebre lampadina elencando alcune delle sue opere.

Da titoli come Piero Litaliano (come si faceva chiamare all'inizio della carriera) a Piero Ciampi, ad Andare, Camminare, Lavorare (la raccolta del 1975 che maltrattò un'estate a base di Piange il Telefono di Domenico Modugno), da Io e Te Abbiamo Perso la Bussola a Le Carte In Regola (poi ripreso da Gino Paoli, dopo la  sua morte, col titolo rivisto di Hai Tutte Le Carte In Regola). E si accenderà di più nominando le sue canzoni e almeno due su tutte: Adius e Il Vino. Nel rifinito e ricco libretto curato da Enrico de Angelis, l'immagine di Ciampi scorre volitiva e fragile allo stesso tempo: tra le fotografie a quel ragazzo con una giacca leggermente fuori misura che si gode il sole sui Fossi di Livorno, trasformandosi poi in artista sofferto e ombroso ma anche irrisolto e provocatorio. Così i suoi testi si mescolano tra il tono della narrazione lirica, della lettera all'amico, della canzone cantautoriale e del frammento onirico. In Piero Ciampi tutto è poesia, forte, drammatica, eccentrica, ironica.

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E forse Piero Ciampi poeta - come spiegava il bel libricino Ho Solo La Faccia Di Un Uomo, su Get Edizioni, uscito nel paleolitico per molti di voi - è quello che illustra con maggior precisione il suo carattere: umanissimo, non professionale, doloroso, disperato. Un maledetto, come dicevamo prima ma stavolta senza virgolette, un maledetto in piena regola, che solo la coerenza di Gino Paoli ha saputo descrivere, togliendolo forse per sempre dall'oblio: “Ho sempre pensato che fosse più artista di tutti noi" disse. "Perché per me l'artista è anche, in qualche maniera, nella sua vita irregolare, commovente, violenta e disorganizzata. E la sua vita era come le sue canzoni: acre, irosa, tenera, assurda”. E Ciampi così si cantava senza illusioni: “Ha tutte le carte in regola per essere un artista. Ha un carattere melanconico, beve come un irlandese... Preferisce stare solo anche se gli costa caro... Vive male la sua vita ma lo fa con grande amore”.

Chi lo ha visto di persona - dato che non stava mai fermo: Livorno sì, Roma pure, ma anche Milano, la Spagna o Parigi -  lo ricorda più amaro di Tenco, più pessimista di De Andrè, più disperato di Paoli, più naif di Lauzi. Con tenerezza lo ricorda o ubriaco o in ritardo. L'ultima beffa gliel'ha data il destino. Lui pensa, anzi è certo, di morire di cirrosi epatica, che lui stesso si è preparato, muore di cancro e alla gola. Aveva scritto “Dio decido io”, ma è costretto a riconoscere: “La morte mi fa rabbia perché non riesco a fregarla”. Si sta parlando molto della rinascita e/o riscoperta del punk. La Repubblica ci ha riempito una pagina intera, partendo da quella pantomima che prende il nome Punkcake, nata male e finita peggio grazie a un talent. Ecco, vista l'impossibilità di una rinascita, personalmente mi augurerei almeno un'altra riscoperta, la sua, che a sapere leggere tra le righe, è stato molto più punk di molti punk in giro ora.

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Perché se del punk non c'è molto da andare a scoprire e rivalutare, tutto sommato, nell'era moderna della canzone, al di fuori del puro revival, che è la riscoperta da parte di chi all'epoca non c'era e ora gioca a far finta di esserci stato, quella di Ciampi farebbe un gran bene al songwrinting di tanti - come in passato ha già fatto ad altri. Tanto più che pure lui ha avuto una succinta attività discografica abbastanza sparpagliata nel tempo, senza mai riuscire a porsi come un punto, sia pure elitario, di riferimento, neppure dentro l'iniziale scena delle grandi riforme della canzone d'autore. Il che è di per sé già abbastanza punk per esserlo anche di più dei CCCP. Lo è se ci riferiamo a quelle canzoni rimaste fra le pieghe di un tempo e di una mentalità d'ascolto cui esse erano e sono tutt'ora piuttosto ostili, come quelle qui raggruppate e non arrivate neppure sui solchi d'un disco.

Lo è se ci soffermiamo agli studi preparatori qui contenuti per l'album di Nada del 1973, Ho Scoperto Che Esisto Anch’io, con brani che sono i progenitori delle canzoni poi pubblicate ma anche due completamente inediti, e interpretati da lui ma al femminile, come se a cantare fosse per l'appunto Nada. Ecco, in Ciampi c'è sempre una tremenda coincidenza fra la vita e l'immaginario espressivo che imprime ai propri testi, specie in certe sue vecchie canzoni “alla francese”, un'aura tragica alla sua voce, ben oltre quella del più disarmato Tenco. Ma curiosamente, Piero, a differenza di Luigi, aveva nel tempo tentato l'uscita dal proprio personaggio, una spersonalizzazione attraverso le tinte della canzone ironica, persino a due passi dalla grottesca insolenza, talora in una guisa assai prossima a Jannacci.

Punk ante litteram anche lui. Così, grazie a Siamo In Cattive Acque – Canzoni Inedite, Piero Ciampi ritorna idealmente a fare musica nella sua Livorno e ci porta tutti con lui. In compagnia degli amici, accettando suo malgrado l'ufficialità di una celebrazione pubblica che certo lo avrebbe imbarazzato. E sì è portato dietro l'idea di un'immagine difficile da bissare nonostante le fotografie, i suoni, le canzoni, i capelli al vento, la sigaretta sempre accesa in bocca, la profondità dei suoi occhi infossati siano, nell'era di internet, alla portata di tutti. Per fortuna i suoi versi stanno là, sospesi tra realtà e chimera, tra dramma e paradosso, a mostrare i confini labili tra la tristezza e l'allegria, oltre che tra i generi (e non solo musicali), forse perché semplicemente - come disse una volta Lauzi - quando uno è allegro esce e quando è triste sta chiuso in casa a scrivere. Proprio come me adesso.

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L'articolo Piero Ciampi è stato molto più punk di molti punk in giro ora di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2024-11-22 12:33:00

COMMENTI (2)

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  • Mesmerising 19 giorni fa Rispondi

    Grande Ciampi, beviamo alla sua riscoperta.

  • lonelyisaneyesore 19 giorni fa Rispondi

    Grazie. Non occorre dire molto altro. Ogniqualvolta si parla e si scrive del mistero Ciampi, si rischia di rimanere invischiati nella retorica più banale e trita. Perciò grazie per la purezza e la semplicità con la quale illustri il personaggio e questo suo nuovo capitolo aperto al mondo.