E poi la nostra meravigliosa toponomastica partigiana

Chi era Paolo Davoli, e perché lo chiamavano Sertorio? Max Collini, voce degli Offlaga Disco Pax, ci racconta la sua storia attraverso uno dei testi che porta in scena in "Storie di antifascismo senza retorica", il 26/7 a Milano. Uno spettacolo più attuale che mai, in cui torna anche Jukka Reverberi

Max Collini, a sinistra, e Jukka Reverberi, a destra
Max Collini, a sinistra, e Jukka Reverberi, a destra

Mentre per decenni in questo paese ci si è baloccati sul favoloso assioma “non può esistere antifascismo in assenza di fascismo” abbiamo avuto in ordine sparso:

il Golpe Borghese,
Gladio,
il Piano Solo,
Peteano,
Piazza Fontana,
Piazza della Loggia,
la strage di Bologna e la strategia della tensione,
i NAR,
Ordine Nuovo,
Terza Posizione,
il Rapido 904,
la P2,
i servizi segreti deviati

Inizierà così, più o meno, il nuovo spettacolo di Max Collini, voce degli indimenticabili Offlaga Disco Pax, dal titolo Storie di antifascismo senza retorica. Mercoledì 26 luglio sarà a Milano, in piazza dei Mercanti (luogo simbolo della Resistenza in città) per la rassegna "Le sere dei mercanti". Sarà a ingresso libero, dalle 19.30. Con Max per l'occasione ci sarà Jukka Reverberi (Giardini di Mirò), che musicherà i testi letti da Collini: un grande ritorno della coppia che per tanti anni ha portato in giro l'esperienza degli Spartiti. Dopo di che lo spettacolo sarà alla Festa dell'Unità di Reggio Emilia il 23 agosto, in zona Campovolo, e poi altre date si terranno a settembre e fino alla prossima primavera. 

Collini ha spiegato che Storie di antifascismo senza retorica "parla di persone normalissime travolte loro malgrado dalla Storia, quella con la esse maiuscola, in cui nella loro semplicità hanno detto e fatto cose che ai miei occhi e spero anche a quelli del pubblico si sono involontariamente rivelate straordinarie. Per questo le sento nostre nel profondo di quello che siamo e di quello che non vogliamo diventare". Tra i testi si trovano opere dell'ex ODP e Arturo Bertoldi, presidente dell'Istituto Storico della Resistenza di Reggio Emilia e coautore dello spettacolo, ma anche di Rossana Rossanda, di Marco Philopat e tanti altri. Storie di partigiani, militanti e ragazzini qualsiasi alle prese con la propria formazione ideologica.

Particolarità dello spettacolo, le vicende narrate si susseguono in ordine cronologico. Si parte dal fascismo in camicia nera, quello "ufficiale", si passa per le trame nere che sono state una costante di questo Paese nell'infinito dopoguerra che ci è toccato e si arriva a oggi, un momento storico in cui pare normale a tutti che grandi estimatori di quel regime stiano occupando ogni posto di potere. Da questo punto di vista è uno spettacolo molto attuale.

Max Collini ci ha "regalato" uno dei testi che leggerà, un inedito, dal titolo Via PAOLO DAVOLI (Sertorio). Racconta la storia di un partigiano reggiano, con un incipit che non potrà che piacere ai fan degli Offlaga Disco Pax.

Un momento dello spettacolo
Un momento dello spettacolo

Via PAOLO DAVOLI (Sertorio)

Nella toponomastica di Reggio Emilia trova posto anche via Paolo Davoli, la via dove sono nato e dove ho vissuto i miei primi tre anni di vita. Fino a qualche anno fa non avevo la più pallida idea di chi fosse Paolo Davoli, né cosa significasse la misteriosa parola "Sertorio", messa tra parentesi sotto al suo nome nel cartello della via a lui dedicata. 

L'ho scoperto un giorno, per caso, leggendo store sulla Resistenza. Davoli era un Partigiano e "Sertorio" era il suo nome di battaglia. Venne catturato il 30 novembre del 1944 e poi bestialmente torturato. Testimoni raccontano che "Paolino" venne colpito con 120 nerbate, straziato con un ferro rovente che gli passarono sulla schiena e altre parti del corpo, facendogli abbassare di un centimetro la carne, e poi fatto sedere su un fornello elettrico acceso. Approfittando di una distrazione dei suoi aguzzini si gettò da una finestra. Per non parlare. Cadendo si ruppe una gamba, che lasciata senza cure si incancrenì e gli venne amputata. 

Sertorio venne fucilato il 28 febbraio del 1945 nei pressi del cimitero di Cadelbosco Sotto, vicino a Reggio Emilia, insieme ad altri 9 ostaggi. La sorella Ondina riconobbe il cadavere solo grazie ad una cicatrice, antecedente a quelle ben più terrificanti procurate dalla nuova inquisizione che aveva sede in via dei Servi. 

Gli venne trovato addosso un biglietto con queste parole:

"Cari genitori, vado a morire, la mano non mi trema, non pensate a me, uccidono me ma non l'idea. Viva la libertà. Vostro Paolo." 

Per quanto ci riguarda, i morti non sono tutti uguali. 

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L'articolo E poi la nostra meravigliosa toponomastica partigiana di Redazione è apparso su Rockit.it il 2023-07-25 11:56:00

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