Posto unico

Il 27 maggio comincia il MI AMI col pubblico in piedi. Una grande gioia per tutti, che non deve farci dimenticare gli ultimi due anni, le fragilità e le storture che hanno evidenziato nel settore della musica live. L'opinione de La Musica Che Gira

Il pubblico del MI MANCHI in Triennale, quando ai concerti si stava seduti - foto di Silvia Violante Rouge
Il pubblico del MI MANCHI in Triennale, quando ai concerti si stava seduti - foto di Silvia Violante Rouge
26/05/2022 - 14:00 Scritto da La Musica Che Gira

In occasione del ritorno, a tre anni dall'ultima volta, del MI AMI Festival (qua i biglietti per il 27, 28 e 29 maggio a Milano), abbiamo chiesto a La Musica Che Gira – coordinamento di lavoratori, artisti, imprenditori e professionisti della musica e dello spettacolo che in questi anni di pandemia hanno cercato di tenere alta l'attenzione sul settore, i suoi uomini e le sue donne – di raccontarci cosa si aspettano dalla nuova stagione dei live estivi, con il tanto agognato "ritorno alla normalità". Ma anche cosa c'è ancora da fare, e che lezione imparare dalle ultime "complicate" stagioni.

 

Se stai leggendo queste parole molto probabilmente stai partecipando o parteciperai al MI AMI, uno dei tanti festival che nel 2022 torna quasi alla normalità e ospita il suo pubblico di nuovo in piedi. Ci era mancato, eh?

"Non so quando si potrà tornare a cantare a squarciagola abbracciati. Ma lo faremo di nuovo perché dobbiamo", così Dave Grohl l’11 maggio del 2020, in un suo bellissimo intervento su The Atlantic, ci accompagnava verso la nostra prima estate senza concerti, o almeno senza concerti per come eravamo abituati a viverli.

Da addett* ai lavori, un palco che si affaccia su una platea di gente in piedi è tutto quello che abbiamo desiderato per due anni. Ed è strano oggi emozionarsi di fronte alla scritta "posto unico" sui biglietti, ma è così. Non avevamo mai pensato a quanto potesse mancarci, a quanto fosse davvero unico quel posto.

Backstage OFF MODENA - novembre 2021 - foto Marco Previdi
Backstage OFF MODENA - novembre 2021 - foto Marco Previdi

Sono passati in fretta due anni. Visto da qui il tempo sembra essere volato: sulla prima estate di concerti con il pubblico seduto, sulle sedie distanziate, sui backstage contingentati, sullo sguardo di chi saliva sul palco e incrociava quello del pubblico per la prima volta dopo mesi. Era l’estate dei simboli, de "la pandemia ha provato a spegnerci, ma noi ci siamo ancora". Piegat* ai protocolli, sì, ma comunque di nuovo insieme, sopra, sotto, intorno a un palco. Solo questo contava. Ci sembrava impossibile farcela stare in un protocollo tutta la passione che proviamo per questo mestiere: di certo non un sentimento a capienza ridotta, ma lo abbiamo fatto perché era importante. Perché come scriveva Dave Grohl: "Dobbiamo", perché quello che si nasconde dietro la superficie dell’intrattenimento è insostituibile. 

"Tra maggio e luglio 2020, il Cluj Cultural Centre (RO) e la Fondazione Bruno Kessler (IT), in collaborazione con il BOZAR Centre for Fine Arts (BE) e la UGM Maribor Art Gallery (SI) nell’ambito del progetto Art&Well-being, hanno raccolto dati interessanti sul contributo di arte e cultura alla gestione dell’impatto della pandemia sulle vite delle persone. Secondo il lavoro realizzato, durante la pandemia sono aumentati gli stati di animo negativi nelle persone, legati ad emozioni come la paura e il turbamento. Alla domanda sulle attività scelte per gestire i propri stati d’animo durante la pandemia, gli intervistati hanno indicato in percentuali altissime il consumo di arte (oltre l’85%) e i contatti sociali con le persone care (quasi il 70%), distaccando di quasi 30 punti percentuali l’attività fisica e la cucina.

L’attività più frequente è stata l’ascolto della musica".*

Il pubblico del MI MANCHI al Magnolia - foto Silvia Violante Rouge
Il pubblico del MI MANCHI al Magnolia - foto Silvia Violante Rouge

Cosa c’è, quindi, dietro la superficie di quello che ancora in tropp* definiscono esclusivamente "intrattenimento"? In questi due anni il settore, piegato dalla pandemia, è ripartito proprio da "cosa c’è dietro": ha aperto i backstage, ha tirato fuori i numeri – i fatturati, i lavoratori e le lavoratrici, l’indotto – e anche le fragilità. Abbiamo riconosciuto (alcun* per la prima volta) che siamo un sistema economico che si basa su personale incredibilmente qualificato, ma per la maggior parte senza diritti; che chi fa impresa continua a farlo senza sostegni pur contribuendo in maniera sostanziale al mantenimento del patrimonio culturale e sociale del Paese; che siamo un sistema fragile, appunto: una catena che può tornare a spezzarsi in alcuni suoi anelli importantissimi. Abbiamo preso coscienza, forse, della nostra importanza, del nostro essere un settore che genera economie notevoli e con esse opportunità di lavoro, consapevolezza e crescita culturale, occasioni di presidio sociale in quelle parti del Paese dove l’abbandono è la regola e i presidi non esistono. 

Backstage - OFF MODENA - novembre 2021 - foto Marco Previdi
Backstage - OFF MODENA - novembre 2021 - foto Marco Previdi

Per continuare a essere tutto questo abbiamo bisogno di riforme che ci rendano meno fragili, che ci consentano di tornare a fare il lavoro che amiamo senza essere tanti Don Chisciotte che lottano contro i mulini a vento della precarietà, della mancanza di riconoscimento da parte delle istituzioni, della mancanza di sostegni adeguati per continuare a garantire tutto quello che c’è dietro a ciò che si vede.

Di recente la Fondazione Centro Studi Doc ha pubblicato una ricerca sull’impatto del Covid - 19** sul personale tecnico dello spettacolo. I numeri purtroppo confermano quello che per due anni – insieme a tante altre realtà – abbiamo denunciato, inascoltat*: il mondo dello spettacolo in Italia sta uscendo dalla pandemia con il 21% di lavoratori e lavoratrici in meno, di cui il 12.7% era personale tecnico. Parliamo delle persone che rendono un concerto bello, ma anche delle persone che rendono un concerto sicuro. Non possiamo permetterci di giocare al ribasso o di accontentarci di soluzioni (quelle attualmente proposte dal Governo, per esempio) che rappresentano solo un lieve miglioramento rispetto al passato. Perché parliamo di diritti, ma parliamo anche di sicurezza. 

 
 
 
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Per questo, e per tanti altri motivi, c’è gente che come noi sta ancora lavorando al fianco dei parlamentari che hanno sposato la causa, perché il settore esca dalla pandemia sì con le ossa rotte, ma anche con le giuste soluzioni per rimettersi presto e non rischiare più una debacle come quella alla quale abbiamo assistito e i cui effetti dureranno ancora a lungo senza le dovute contromisure.

Secondo il rapporto Io sono Cultura di Symbola/Unioncamere, del comparto culturale e creativo sono le performing arts quelle che registrano il dato peggiore post pandemia con un - 26,3% di ricchezza prodotta e un - 11,9% di occupazione.  

Non siamo qui per rovinare la festa. Oggi siamo felici come tutti voi, come lo siamo ogni volta che in questa estate ci troviamo sopra, sotto, di fronte, accanto a un palco. Siamo felici per la musica dal vivo che riparte, perché niente può sostituirla. E proprio perché vogliamo tenercela stretta questa felicità, ci sembrava giusto prenderci un attimo per ricordare da dove arriviamo e soprattutto dove abbiamo bisogno di andare. In questa battaglia che sarà ancora molto lunga e andrà avanti senza le sirene dell’emergenza a renderla più necessaria, avremo bisogno del pubblico dalla nostra parte a rivendicare assieme a noi che la musica dal vivo non è solo intrattenimento, è cultura, è socialità, è progresso, è salute. Per guardare finalmente quel posto unico con la consapevolezza che niente potrà portarcelo via. 

 

* Welfare culturale che passione di Seia Catterina e Cicerchia Annalisa, in Io sono cultura 2021, Symbola/Unioncamere 

** Potete leggere l’intera ricerca sul sito della Fondazione Centro Studi Doc (www.centrostudidoc.org) 

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L'articolo Posto unico di La Musica Che Gira è apparso su Rockit.it il 2022-05-26 14:00:00

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