La prima volta di Giorgio Canali

"La prima volta" è una nuova rubrica di Rockit in cui i musicisti e le band italiane ci raccontano come hanno mosso i primi passi nel mondo della musica, dai primi dischi e concerti alla prima volta su un vero palco.

- Foto via fasecontrofase.net

"La prima volta" è una nuova rubrica di Rockit in cui i musicisti e le band italiane ci raccontano come hanno mosso i primi passi nel mondo della musica, dai primi dischi e concerti alla prima volta su un vero palco. Abbiamo deciso di iniziare con qualcuno che di cose da raccontare ne ha tante, Giorgio Canali.

La prima volta che hai acquistato un disco
In casa mia, quando ero piccolo, la musica non esisteva o quasi; mai esistito un mangiadischi di plastica colorata o un Hit Organ Bontempi come nelle case dei miei invidiatissimi amici. Ricordo una radiopalla blu che di sera verso i tredici/quattordici anni, mi portavo sul comodino per aspettare improbabili passaggi di quella canzone che avrei tanto voluto sentire.
Per l'apparizione di un attrezzo per riprodurre musica a piacimento in casa ho dovuto aspettare le prime feste della domenica pomeriggio, verso i sedici anni di età (i miei genitori erano gli unici di tutta la cumpa disposti a farsi cacciare fuori di casa dalle 2 alle 7 del pomeriggio) così ci ingegnammo ad assemblare un vecchio piatto da incasso LESA, rigorosamente monofonico,  incastrato in una scatola di legno, collegato ad un ampli a transistor autocostruito, con due altoparlanti (nell'attesa di trovare un giradischi stereo) inchiodati sopra un'asse volante che piazzavamo nel caminetto del salotto buono, che diventava così cassa di risonanza. Dopo ogni festa il tutto veniva smontato e piazzato in camera mia e i dischi, i miei amici, se li portavano a casa e a me rimaneva il silenzio.
Poi un giorno, a Forlì, in vetrina da Gamberini (non esiste più da secoli, è chiaro...) vedo una copertina che mi attrae, non so neanche chi siano i due... li ho solo sentiti nominare o letto i loro nomi su Ciao2001, non so nemmeno io perché, ma entro e chiedo di che tipo di musica si tratti. La tipa mi guarda spiritata e dice sussurrando con una voce da 899 (anacronismo): “è bellissimo!”. Sarà che la M.I.L.F. (altro anacronismo, lo so...) mi faceva molto sangue, sarà che la copertina proprio mi dava un senso di libertà assoluta, esco dal negozio con "Evening Stars" di Fripp/Eno... così ho anche cominciato a tirarmela, che ascoltavo musica colta...

La prima volta che sei andato a un concerto
Tralasciando i concerti inconsapevoli di quando sei piccolo e i tuoi ti portano con loro a beccarti dei colpi di grancassa che ti squassano il petto e spiattate che ti sfondano i timpani (un vaffanculo en passant a quella razza di idioti che si vanta di aver portato il pupo di tre anni ad un concerto dei “Peggiopunkdenoantri” tenendolo sulle spalle a tre metri dall'impianto audio), mi sa che al primo concerto della mia vita, stavo sul palco... Tralasciando pure quello, che non vale, ho un vago ricordo di concerti pomeridiani nelle varie disco romagnole, dove, senza patente, si arrivava in autobus, boh? Mingardi? Cocciante? Zero? Graziani? Non so... io ero lì solo per le ragazze che poi cagavano sempre solo il mio amico Raul (quello dell'Hit Organ e del mangiadischi colorato) o, se mi cagavano, lo facevano solo per arrivare a lui... Di sicuro uno dei concerti più fighi di quell'epoca, ma già qualche amico più grande aveva la patente quindi era un po' di tempo dopo, fu un Dancing La Nuit Cesenatico alle sei del pomeriggio. Eravamo in 12 in sala, arrivati per sentire Vasco Rossi. Mi ricordo che lì ho imparato che in un concerto devi sempre dare il massimo anche se non c'è abbastanza pubblico. Fu una grande performance per pochi ma io, e credo anche gli altri undici, non l'ho dimenticata. Poi ricordo il concerto più bello della mia vita: Tuxedo Moon all'Aleph di Gabicce, luglio '82... che botta... molti anni dopo, parlandone con Gianni Maroccolo, ho saputo che quella sera c'era anche lui. Il mondo è piccolo.

(foto via)

La prima volta che hai suonato uno strumento
Forse il primo strumento con cui ho avuto un contatto fisico è stato il famoso Hit Organ, quello di Raul. Forse invece è stato l'armonium della sagrestia, di nascosto dal prete che chiaramente s'incazzava se lo toccavi; i preti non vogliono mai che tu ti diverta, “siamo nati per soffrire”...
La prima volta che però mi sono veramente impegnato per cercare di tirare fuori qualcosa che somigliasse a musica “vera”, è stata con la chitarra classica senza marca e con le corde di nylon che qualche parente per natale aveva regalato alla mia sorellina più piccola... lei avrebbe voluto una Barbie, invece era arrivata quella, quindi non mi ruppe troppo i maroni quando cominciai a “farla mia”. Avevo comprato un bellissimo libro “the Beatles complete” con tutti gli spartiti e i diagrammini degli accordi per chitarra semplificati, così mentre i miei coetanei strimpellavano la "Canzone del sole" o quella di Marinella io provavo a capirci qualcosa di "I'm the walrus".
In quanto cantante il mio debutto era stato molto tempo prima, obbligato dalle nazistissime suore orsoline della scuola materna a partecipare ad una sottospecie di concorso canoro per bambini in maggior parte recalcitranti, con una brutta canzone dello zecchino d'oro che non avevo nemmeno potuto scegliere io... Velo pietoso. 

La prima volta che sei salito su un palco
La prima volta non sono salito sul palco. Stavamo sotto. Giù in platea, nemmeno una pedana sotto i piedi. Era durante una serata al teatrino parrocchiale, la band si chiamava “The Quarrymen”, ti dice qualcosa? Facevamo degli intermezzi di 2 o 3 pezzi alla volta fra un numero pietoso e l'altro di comicità inesistente e recita dialettale, avevamo 16/17 anni. Nel buco del culo della provincia romagnola ci sembrava comunque una gran cosa che qualcuno ci avesse chiamato lì, il teatro era pieno ma non per noi, è chiaro.Tutti gli strumenti erano in prestito, suonavamo pezzi dei Beatles e canzoni nostre, in inglese, in uno stile che cercava di stare in linea col Mersey Beat dei primi '60. Naturalmente il tutto era a titolo gratuito.

La prima volta che ti sei sentito davvero un musicista
Non credo di essermi mai sentito un musicista, anche se ce l'ho scritto sulla carta d'identità. Un musicista studia il suo strumento, io suono solo ai concerti o per registrare, un musicista pensa che la musica sia la cosa più importante, a me della musica importa relativamente, credo che le idee, il pensiero e la parola siano infinitamente più rilevanti, un musicista ama il suo strumento e lo coccola, io lo bistratto. In effetti non so cosa sono... qualcuno mi dà del genio, molti del vecchio ricoglionito, forse sono solo me stesso anzi, al rinnovo della carta d'identità nel 2019 alla voce “professione” scriverò “giorgiocanali”.

La prima volta che hai pensato di mollare la musica
Seee... e poi che cosa faccio? Non so fare un cazzo.

La prima volta che hai sentito qualcuno cantare a memoria una tua canzone
Quando li vedo cantare a memoria giù dal palco cambio metrica e ogni tanto anche le parole, tanto per instillare il dubbio che siano loro a sbagliarsi... ma non credo che ti riferissi a questo “cantare a memoria”. Una decina di anni fa, vicino a Cuneo, apriva un concerto di Rossofuoco una band che aveva qualche pezzo nostro in scaletta. Fu abbastanza sorprendente e imbarazzante, ovviamente molto lusinghiero. Non ricordo se poi togliemmo quei pezzi dalla scaletta o meno.

(Foto via. Credit: Maria Todesco)

La prima volta che un tuo concerto è andato male
Per me un concerto va male se non è vivo. Detesto quei concerti dove tutto è talmente perfetto che sembra di ascoltare un disco. Per questo credo che chiunque mi conosca sa che, non esistendo concerti miei perfetti, posso dare una sola risposta: mai successo.
Poi se vogliamo rimanere sull'aneddotica, mi ricordo di un “concerto” a Forlì, primi anni '80. Un'amica che si occupava di moda affittò un locale per fare la sua festa di compleanno e, forse per essere più trendy, ci chiese di fare un miniconcerto di 40 minuti con il Politrio. I pochi che conoscono questo gruppo sanno che non c'era nulla di più nichilista e disarmante di una nostra performance. Noi la mettemmo in guardia, che forse non era il caso, che avremmo depresso la serata, ma lei insistette moltissimo, che quello era il più bel regalo di compleanno che potevamo farle etc. etc... Tutto ok, al primo pezzo che si intitolava “Cadaveri Eccedenti” e che iniziava con il verso “Gott mit uns, dice il nocchiero stanco di tanti cadaveri” cominciammo a vedere le faccette abbronzate degli invitati allungarsi e contorcersi in espressioni stralunate e interrogative, Lei da convintissima e brillante padrona di casa, piano piano perse il suo brio e, prima dell'attacco del terzo pezzo, fece segno al DJ di attaccare e ciao, concerto finito.

La prima volta che ti sei emozionato ascoltando un disco
Inverno 75/76. Sabato pomeriggio al mare, non ricordo nemmeno perché fossi lì. Entro in un negozio di dischi e il tipo mi fa al volo col suo bell'accento da romagnolo della costa: ”Oh, guarda un po', proprio te... te, che ti piacciono le cose strane, senti che bomba...” e caccia sul piatto con le casse a manetta un 45 giri... parte un ticchettìo tipo orologio, poi un telegrafo che spara segnali morse, poi un sintetizzatore buffo che sembra quello di “pop corn” degli Hot Butter, un basso battente sintetico con dei sifoni che fanno “shhhhh” e poi la vocina stentata che canta e ripete la stessa parola... pelle d'oca... aspetto tutti i quasi sette minuti della canzone senza quasi respirare... il tipo vede che la cosa ha fatto effetto, mi guarda soddisfatto, mi mostra la copertina gialla e mi fa “questi sono tedeschi... Kraftwerk... Radioactivity..” Sa di avere già venduto quel disco che, probabilmente lì a Milano Marittima, non sarebbe riuscito ad accollare a nessun altro. Poi è arrivato il punk.. e "Nagasaki Nightmare".

 

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L'articolo La prima volta di Giorgio Canali di Alice Tiezzi è apparso su Rockit.it il 2016-03-04 12:03:00

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