Non sappiamo quando tornerà la musica live, ma non stiamo fermi a guardare

Davvero per i concerti bisognerà aspettare un anno e mezzo? Niente panico, attendiamo notizie ufficiali e nel frattempo aguzziamo l'ingegno

Calcutta live al MI AMI 2018, foto di Silvia Violante Rouge
Calcutta live al MI AMI 2018, foto di Silvia Violante Rouge
15/04/2020 - 10:01 Scritto da Carlo Pastore

"Il futuro ci spaventa più di ogni cosa", cantavano gli Psicologi. Quando è scoppiata l'epidemia abbiamo iniziato a produrre pensieri che cercavano di tenere a bada lo spavento, poi fatto indigestione di notizie per capirne di più senza capirne in fondo niente; dopodichè è arrivata quella che giornalisticamente è diventata la fase 2: la ripartenza. E' difficile parlarne mentre ancora contiamo i nostri deceduti, ma è inevitabile e persino giusto farlo. Congetture, date, scenari. Fare previsioni su quello che sarà il decorso del virus è tutt'ora sport estremo. Quando arriverà il vaccino? Potrebbe scomparire con il caldo tipo SARS? Raggiungeremo il sogno collettivo utopico dell'immunità di gregge?

Sappiamo alcune cose che un mese fa ci risultavano torbide: dal punto di vista medico stiamo imparando a curare il Coronavirus, abbiamo potenziato le strutture sanitarie con una grande dose di solidarietà pubblica e privata, stiamo producendo letteratura scientifica e nella migliore delle ipotesi per gennaio 2021 dovrebbe essere pronto un vaccino in tempi record. In base a questi dati scientifici, la politica e solo la politica può tracciare un piano serio di riapertura di ciò che più ci sta a cuore: festival, club, eventi, concerti, musica. Altrimenti ad essere colpiti per fame, disperazione e noia saranno altrettanti.

Per questo che non ci hanno sorpreso le previsioni fatte al New York Times da Zeke Emanuel, un esperto di gestione sanitaria statunitense. Il fattore geografico non è trascurabile: gli Stati Uniti sono una enorme potenza mondiale in affanno, e hanno avuto nei confronti della pandemia un atteggiamento alquanto swinging, come il loro Presidente, dapprima negando, poi sminuendo ("a Pasqua avremo risolto tutto"), poi rincorrende il virus. I loro dati sono tremendi e il governo federale non sembra al momento in grado di gestire la situazione con fermezza. Ciò implica piedi di piombo nelle dichiarazioni e soprattutto crea scenari neri a lungo termine. Non a caso le big firms della music industry internazionali hanno messo in campo risorse importanti: questa storia non finisce presto.

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Zeke Emanuel dice una cosa semplicissima: "Quel genere di eventi saranno gli ultimi a tornare, poiché serve mantenere distanza". Anche quando le cure saranno affinate, i tamponi diffusi, i test sierologici eseguiti e dunque la patente dell'immunità consegnata, i concerti rimarranno sempre quel posto in cui anche se diminuisci la capienza la gente si avvicinerà verso la fonte audio-video, cioè il palco. Emanuel dice che non ripartiremo prima di autunno 2021. Se il vaccino dovesse essere pronto per fine anno/gennaio, nulla vieterebbe di ripartire prima, già a marzo magari, non sacrificando la prossima stagione estiva e dunque non affossando del tutto un settore fondamentale per la cultura e l'economia (stime di Assomusica: a fine maggio 4.200 eventi saltati in totale, 63 milioni di perdite in poco più di due mesi per il solo settore del live, 130 milioni di euro di indotto bruciato). Prima di tutto la salute, ma non c'è salute senza diritto al lavoro e alla vita.

Volere fissare una data oggi a tutti i costì è insensato. I reschedule dei tour sono un atto estremo di speranza, una sorta di preghiera. Noi stessi abbiamo rinviato il MI AMI a settembre, ma bisogna essere onesti: le concrete possibilità di farlo sono poche. La nostra scelta è di aspettare notizie ufficiali per dare notizie ufficiali. Nella giornata di martedi 14 aprile c'è stata una interrogazione parlamentare al ministro della Cultura, Franceschini. Durante gli interventi dei Commissari, ha chiesto la parola per smentire di aver affermato che non sarà possibile svolgere concerti per tutto il periodo estivo, come suggerito da qualcuno, perché "bisognerà infatti attendere le valutazioni delle autorità sanitarie".  Nella mancanza di certezze (dall'alto e dal basso), non abbiamo annunciato la line up nè aperto le biglietterie, un atto di responsabilità accompagnato da buon senso. Alle Istituzioni va chiesto non di prevedere il futuro con la sfera di cristallo ma di valutare scenari possibili, perché altrimenti ci faremmo trovare impreparati un'altra volta. E di evitare, cortesemente, balletti grotteschi come quello sulle librerie.

Ci sono priorità, è chiaro. Al momento, il governo sta pensando a come riattivare attività produttive, filiere industriali, poi bar e ristoranti, e sta riflettendo su come mettere in sicurezza le spiagge (qua sotto ne vedete un esempio che pare tratto da Black Mirror). La gente dopo quaranta giorni in casa scalpita e non rinuncerà al suo agosto italiano. Al momento non c'è una task force impegnata su come andare a un festival nel tempo del coronavirus (scansione elettronica della febbre all'ingresso? platea con sedute distanziate? come si fa a bere la birra con la mascherina?). Abbiamo due opzioni, che vi esplicito con due citazioni così fa più pop: 1) "Nati per subire" (Zen Circus); 2) "come la necessità aguzza l'ingegno, la solitudine fa con la fantasia" (Gruff). Io ho già scelto.

L'Italia ha avuto il ruolo complicato di aprire le danze europee di questo macabro ballo. Non sta a me giudicare l'operato del Governo e delle Regioni, certo è che non tutto è andato bene né tutto andrà bene. D'altronde la patata era ed è ancora estremamente bollente. Il settore musicale (e più in generale cultura, spettacoli, intrattenimento) è stato colpito e quasi affondato. Gli appelli di Stefano Massini a Piazzapulita e Tiziano Ferro a Che tempo che fa hanno creato molta attenzione.

Qualche giorno fa è uscito un vademecum dell'avvocato Laura Maggi che riassumeva tutti gli ammortizzatori previsti per il settore dal decreto Cura Italia (sì, molta gente ne è esclusa). Ho scritto un commento il cui messaggio è semplice: 1) senza rappresentanza è probabilissimo che si dimentichino di te nel momento del bisogno; 2) gli artisti sapranno processare questa inquietudine e darle una forma che sarà ancora una volta un balsamo per le nostre anime turbate; 3) a noi che avevamo scelto questo lavoro perché "una vita a timbrare il cartellino non l'avremmo mai e poi mai voluta", be', ecco un'altra bella sfida servita sul piatto d'argento.

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L'autore è co-direttore del MI AMI Festival

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L'articolo Non sappiamo quando tornerà la musica live, ma non stiamo fermi a guardare di Carlo Pastore è apparso su Rockit.it il 2020-04-15 10:01:00

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