"Rarities", ormai la discografia di Lucio Battisti è circonvenzione d'incapaci

Un nuovo cofanetto raccoglie 16 fegatelli della carriera dell'artista e li ripropone sotto forma di "straordinari inediti". La vivisezione continua, il Paese è rasserenato

Lucio Battisti, foto via Wikipedia
Lucio Battisti, foto via Wikipedia

Apprendo con sollievo dalla mia casella di posta elettronica, con lo stupore gradevole che soltanto le buone notizie sanno dare, che il fondo del barile della produzione di Lucio Battisti, professione cantante (pardon, poeta), non è stato ancora toccato neanche da lontano, risultando, almeno all'apparenza, distante come la famosa luce in fondo al tunnel che bisogna solitamente raggiungere - ma non si raggiunge mai. Ed ecco Rarities, raccolta uscita venerdì 25 settembre di – così parla il comunicato stampa – "piccole grandi perle dello straordinario artista, distribuite nel corso degli anni in vari supporti: singoli, versioni alternative, rarità e B side".

Dopo un centinaio di canzoni già catalogate e tutto un intero leggendario disco, l'oramai battezzato Postumo, ipoteticamente nato tra il 1994 del post-Hegel e il 1998 della prematura dipartita del Nostro e mai dato alle stampe, Rarities appare come una misera raccolta di “inediti” che, più di pestare l'acqua nel mortaio, poco o nulla aggiunge al già detto. Qualcuno dovrebbe dare un premio alla Sony, o chi per lei ha curato la veste grafica; per aver ricreato in modo intenso e oserei dire commovente gli intenti del prodotto (pardon, progetto) in questione.

Ore e ore di cassette e cassettine, demo e scarti, buchi nell'acqua e sonori nulla di fatto concentrate e assemblate in un contenitore singolo, al confronto del quale la produzione postuma zappiana sembra cosa più casta e parsimoniosa. C'è una carrettata di brani portati al (in)successo da altri (Le Formiche scritta per Wilma Goich, La Farfalla Impazzita non-classificata a Sanremo del 1968 per mano del duo Johnny Dorelli/Paul Anka, Vendo Casa dei Dik Dik post-beat e La Folle Corsa, b-side degli immancabili Formula 3). C'è La Spada nel Cuore, così impressa nel pensiero collettivo nelle versioni di Patty Pravo e Little Tony che cantata dall'afono Lucio le si fa quasi un dispetto.

C'è l'ottimismo infantile di Per Una Lira, tra i primi abbozzi di canzone (pardon, poesia) di Battisti. C'è una extended version di sei minuti e rotti di Pensieri e Parole che se fu tagliata a metà un motivo ci sarà. C'è infine un breve excursus nei tentativi esterofili in inglese, francese e spagnolo di cui Una Muchacha Por Amigo (fin dal titolo, quasi un omaggio a Ruggero de I Timidi) rende il peso di ciò di cui si sta parlando.

Uno strazio infiocchettato e presentato al pubblico col solito battage pubblicitario. Si sente nelle intenzioni dell'etichetta, dall'alto del servizio andato in onda sulla televisione pubblica per lanciare il disco, una lezione di storia (“fortemente voluta”, “alacremente ricercata”, scegliete voi la frase che vi piace di più) per le nuove generazioni di artisti e ascoltatori. Tutti bravi, tutti belli. Tutti innamorati del genio di Battisti e tutti in qualche modo coinvolti nell'avventura (“straordinaria avventura”, “fortemente voluta”, scegliete come sopra) di questo fantomatico Rarities, vuoi perché dentro i diritti d'autore, vuoi perché compagni di casa discografica o giù di lì. Hurrà.

Ora, tutto questo va bene, e sono pienamente consapevole di aver anche io fatto della pubblicità a Rarities, alla Sony e al defunto Battisti. Il problema è che di tutti questi osanna agiografici che oramai si susseguono da tempo immemore si sono visti i frutti, per cosi dire, i risultati. Tutta questa immortalità, tutto questo piangere ogni punto e punto e virgola, tutto questo insegnare il senso della vita, tutto questo filosofeggiare all'amatriciana sul bello delle piccole cose manco fossimo tutti dei piccoli Fabio Volo ha portato poi non solo al rimpolpamento della solita, mortifera, melodica all'italiana, ma all'annullamento di una qualsivoglia velleità altra di cui la morte del indie – che infatti precipita oramai quasi d'istinto nel itpop – è solo l'ultimo dei lutti.

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Roba studiata per alleggerire le orecchie e i portafogli, per fare svaporare l'aria, buona per passare in radio o in televisione, facile da sistemare in un disco, e il disco, poi, se mai esce, facile da vendere, ma privo di sostanza come questo prodotto (pardon, progetto) qua. Ma nulla da fare, non ce n'è: la nuova operazione è già avviata. Le radio stanno già lì in un fibrillare amarcord, le televisioni delirano, Mogol mogoleggia la solita tralla che a quei tempi i dischi d'oro arrivavano sempre in orario, Patty Pravo vaneggia nel suo ruolo di madrina (nonnina?) del nuovo polpettone (“È la più bella canzone che abbia mai cantato!”). Uno spettacolo triste e mesto, che ben dipinge le accidiose condizioni culturali del nostro Paese.

Eppure una cosa va riconosciuta a Rarities: la spremuta di pseudo-inediti (“questa bellissima raccolta”, “questo concentrato di piccole perle”, sostituite come sopra) mi ha riportato con i piedi per terra. E va bene. Non sono ancora troppo sicuro, ma d'accordo. Voglio anche io che Lucio Battisti mi insegni (ancora) il senso della vita e mi dia pure qualche ripetizione di lingue. Ammetto di credere che ci voglia veramente fegato a presentarsi in Francia, terra di crooner e chansonier, con poracciate come Toujours Plus Belle e Ma Chanson de Liberté, ma spero sia un mio peccato veniale. Su To Feel In Love ho nitidamente pensato “Aridatece Pasqualino Panella!”, chiedo venia pure di questo.

Cancello totalmente dalla mia memoria ogni forma di resistenza se qui si vuol dare l'esempio agli italiani, specialmente se a colpi di scarti musicali. Sarò scemo io, non ci piove. Prendo anche e metto da parte, per non dimenticare nulla, che le Rarities, edite in due versioni (CD e LP) in esclusiva per il Record Store Day meno atteso degli ultimi dieci anni, sono prevalentemente per chi i dischi ancora li compra, e hanno (mentre scrivo) online un'audience poco più che parrocchiale, ma che ha raggiunto in un batter d'occhio più di quanto facciano alcuni eccezionali gruppi italiani in anni di concerti in spazi più o meno autogestiti, nelle cantine e nei club.

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Tanto poi seguirà una versione da edicola, accompagnata da un commento traccia per traccia, in supplemento con Sorrisi e Donna Moderna, così che pure la morettiana casalinga di Voghera possa contribuire a fare classifica e cultura moderna. Mi arrendo all'evidenza di un mondo battistizzato, dove basta il suo canto libero per guarire da tutto, anche dal Covid, anche dalla crisi musicale che ci attanaglia. Basta con le canzoni italiane che sembrano quelle dei neri d'America. Basta con quelle inglesi, che sembrano rumore e non musica. Basta con le avanguardie. E con quelle chitarre lì, a fare casino. Ancora un po' di sentimenti, ancora un po' di cuore.

Che 14 dischi di Mogol/Battisti in undici anni spennellati dal 1969 ai giorni nostri come nutella sul pane della vita si vede non sono abbastanza. Siamo al sentimento liquido, in taniche da cinque litri come i detersivi nei discount. Siamo al Battisti ultraconcentrato e militante, basta una goccia per ricordare a cento che questa è l'ossatura ideologica e culturale di questo paese. E che tanto è (stato) d'esempio per chi vuole mettersi davanti a un microfono. Altro che indie, altro che trap. Poveri illusi.

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L'articolo "Rarities", ormai la discografia di Lucio Battisti è circonvenzione d'incapaci di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2020-09-28 10:33:00

Tag: opinione

COMMENTI (8)

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  • FerdinandoGioia 10 mesi fa Rispondi

    La tua imbecillità ed incompetenza frammista ad invidia non conosce limiti e confini; continui a buttarti la ZAPPA tra i piedi.
    Il grande LUCIO ha fatto bene a non cagarvi e questo ancora vi rode ...
    Vi meritate i RAPPARI odierni e tutte le loro porcherie dense di merdaccia.
    Non capisco perchè continuate (per fortuna poche rarietes) a nominare il nome di DIO invano ...
    Cambia mestiere.
    Alla fine degli anni '70 ho avuto l'onore di fare il DJ quando le radio libere erano di un altro pianeta ed ho avuto modo di trasmettere, nella mia città, in anteprima il capolavoro assoluto di "quel gran genio del mio amico": Una donna per amico che, tra l'altro, contiene "Prendila così" ...
    Continua a rosicare e a scrivere (???) cazzate. Vestiti di Blanco e prendi a calci le rose, abbi Fedez ...

  • marcelusar2012 4 anni fa Rispondi

    Circonvenzioni d'incapaci come chi ha scritto questo articolo e quelli che sono d'accordo con lui. Visto che lui insulta mi ci metto pure io. Ma chi si crede di essere sta mezza scopa....Vai in miniera......E sono gemtile...

  • marcelusar2012 4 anni fa Rispondi

    Solo idiozie di uno che chiaramente non ama Battisti e nella sua ipocrisia vuole fare lo sputasentenze senza un minimo di analisi brano per brano e solo tutto su se stesso dalla sua caddreda marcia e senza cultura. Che la Sony sia in malafede nessuno glielo dica ma che siano fegatelli senza qualita' non possono che essere scritti e intitolati da un uomo senza qualita' (che non ha mai letto Musil).

  • 164684#amaravita 4 anni fa Rispondi

    bell'articolo

  • lucaghirotto 4 anni fa Rispondi

    E la vedova non si scatena? Stavolta ne avrebbe tutte le ragioni…

  • dilloabobo 4 anni fa Rispondi

    Recensione decisamente maligna ed ingenerosa

  • radyandre 4 anni fa Rispondi

    Articolo interessante, ma propongo un punto di vista diverso: lasciate perdere Una muchacha por amigo et similia (sì, ho riso anche io al paragone con Ruggero dei Timidi). Davvero le prime tracce, in italiano, non fanno parte di un immaginario comune che vale la pena proporre su Spotify? Lo ammetto ho conosciuto le sue canzoni circa 14-15 anni fa grazie ad una raccolta in 3 cd (poi allargata a 6) intitolata "Le avventure di Lucio Battisti e Mogol", per cui ho assimilato la produzione battistiana come un continuum, non come un insieme di album separati. Con ciò, intendo dire che "Le formiche", "Vendo casa", "La spada nel cuore" facevano parte di quel cofanetto, per cui l'attuale "Rarities" non ha inventato nulla di nuovo ("geniale", "poetico", scriverebbe l'autore di questo articolo). Dico di più: cercando su youtube, una delle prime canzoni battistiane che vi appaiono è "Eppur mi son scordato di te", canzone mai incisa da Battisti, ma solo cantata in una esibizione televisiva, scritta invece per i Formula 3 (vado a memoria). Non credo che l'immaginario di un autore si limiti a ciò che ha inciso e pubblicato. E credo che l'autore di questo articolo abbia deciso senza motivo che il proprio immaginario di Lucio Battisti - sempre che ce ne sia uno - fosse quello che universalmente valesse la pena diffondere.
    Può essere che parte dell'insoddisfazione dell'autore dell'articolo non sia direttamente collegata a "Rarities" di per sé, quanto ad un insieme di elementi accumulati, ad esempio relativi all'atteggiamento di Mogol degli ultimi anni o all'idea che recuperare i cantautori degli anni '60 e '70 nasconda un tentativo reazionario e paternalista di reindirizzare la visione del paese. Io, che son fuori da questi giri, e non distinguo l'indie dall'itpop, non ho ascoltato il disco con questa malizia nelle orecchie.

  • Gustavowoltmann 4 anni fa Rispondi

    Bell'articolo!