Registrazione analogica vs. digitale: una questione di cuore

Abbiamo chiesto a un tecnico che registra su pc e su multitraccia di spiegarci la differenza tra la registrazione su nastro e quella più moderna: differenza di suono, costi, vizi e virtù

Un vecchio registratore Ampex, foto di Zacks
Un vecchio registratore Ampex, foto di Zacks
27/05/2021 - 14:48 Scritto da Simone Stefanini

"Mixare è l'arte di amalgamare e manipolare suoni e rumori di una canzone secondo criteri tecnici ed estetici volti a costruire un risultato finale emozionante e coinvolgente per chi ascolta. Il mix analogico è quello che viene realizzato utilizzando circuiteria analogica. Se un tempo era l'unica scelta, oggi si propone come alternativa/integrazione costosa allo standard ITB (In The Box), il quale prevede che la produzione si faccia “nella scatola”, ossia il computer. Negli studi di produzione musicale di un buon livello, l'universo analogico e quello digitale convivono armoniosamente". 

Chi parla è Mario Inghes, chitarrista e produttore sardo. Apple Certified Pro in Logic Pro X dal 2017 e co-fondatore della neonata casa discografica Shardana Music Group. Ha composto, suonato, registrato, mixato e masterizzato strumentali per decine e decine di pezzi, spaziando dal rock esoterico all'elettronica sino alla new age. Tra i progetti che son passati dal suo mixer: Cevolani-Inghes UNO con Valeria Cevolani (Disciplinatha, etc.), SDV, Silence Kills vol.1, 2 e 3, 7TTFM e The Wyrd. 

Gli abbiamo chiesto un po' di particolarità tecniche dei metodi di missaggio audio, per capire meglio la differenza tra l'analogico e il digitale, per capire le differenze oggettive e quelle di cuore. Non è difficile rendersi conto che la differenza storica tra i dischi fino agli anni '90 e quelli odierni, spesso è da ricercarsi nella differenza di registrazione. Prendiamo in esame un classico come Il mio canto libero di Lucio Battisti: la batteria venne registrata su tre sole tracce per risparmiare canali e dalla voce rientra la chitarra acustica, che Lucio suonava mentre cantava, eppure quella registrazione è magica. 

Mario Inghes nel suo studio
Mario Inghes nel suo studio

Arriviamo subito al sodo: cosa suona meglio, l'analogico o il digitale?

La diatriba su cosa suoni meglio, tra analogico e digitale, è sicuramente la merce più economica sul mercato dei forum online di produzione musicale e perdersi in questi paragoni considerando solo il fattore strumentale-tecnico è solo un altro modo per sprecare il proprio tempo parlando di niente. Il panorama odierno dell'audio software straripa di tools per la manipolazione del suono capaci di offrire una qualità sorprendente, soprattutto per chi come me ha fatto esperienza almeno degli anni 90, terra di mezzo fatta di midi, nastri, i primi cd apparsi in campo home audio, l'overclock e potenze di calcolo allora futuristiche, ma che oggi fanno sorridere.

Se non si dovrebbe parlare di tecnica, allora di cosa?

Ci sarà sempre qualche purista/nostalgico ostinato a osannare il calore del nastro, ma il solo aspetto che davvero ha senso valutare oggi, in quanto l'unico che davvero ha peso per la resa finale di un pezzo fatto in digitale piuttosto che in analogico, sia che lo si ascolti da uno smartphone, sia che lo si ascolti da un Marantz è che in digitale si lavora in un modo e in analogico in un altro molto diverso, più lento, complesso da padroneggiare e limitante... e che ha un gran peso su ogni scelta in ogni fase della produzione di un brano. Ma limitante non vuol dire negativo. Quando da un limite delle tue macchine riesci a trarre un vantaggio allora hai vinto e rimane questo ciò che, oggi, davvero ha il potere di rendere l'analogico un valore aggiunto: l'approccio del produttore/fonico (sempre più spesso oggi le due figure si sovrappongono ed io sono assolutamente favorevole a ciò) sul pezzo e sull'outboard.

Se rifiuti di disporre di infinite tracce, prediligendo ad esempio un R8 (Fostex) piuttosto che un 688 (Tascam) con otto tracce e quelle hai e quelle devono bastarti, devi scegliere molto bene le tue cartucce. Puoi riversare, certo, ma quante volte, prima di trovarti un noise floor insano? Ancora, se hai un eco a nastro con due velocità e vuoi usarlo perché vuoi QUEL sound, in qualche modo ti influenza nella scelta dei bpm; se non hai infinite possibilità di scelta sul tuo guitar rig ma quattro pedali in carne ed ossa e un ampli, allora quel cono devi microfonarlo per davvero ed è lì che sperimentando nasce qualcosa di veramente unico, non ripetibile, non predeterminabile, non richiamabile tramite settings. Prima era così e basta ed è così che sono nati più o meno tutti i capolavori planetari che tutti conoscono.

La bassa fedeltà ha creato i migliori ingegneri del suono della storia?

Il Lo-Fi, inizialmente etichetta dispregiativa contrapposta all'Hi-Fi, è divenuto poi una vera e propria corrente estetica che racchiude miriadi di sonorità irripetibili, apprezzata da milioni di fruitori di musica “un po' più pignoli” in tutto il mondo. Si pensi che il Lo-Fi nacque proprio grazie alle limitazioni tecniche dei mezzi di chi si autoproduceva nei decenni passati, ed era costretto a trovare vie per trarre il massimo da, magari un Portastudio. I più interessanti produttori di Lo-Fi generalmente sono maghi in grado di fare anche dell'ottimo Hi-Fi, indipendentemente dal fatto che usino roba analogica, digitale, ibrida, un Neumann, un T-Bone o un iPhone: non riguarda più gli strumenti, è già oltre: una questione di energie, testa, mani e cuore.

La differenza di costo tra analogico e digitale dev'essere notevole, vero?

L'analogico si rompe, un banco mixer ha dei costi di manutenzione che il digitale non ha, i nastri hanno un costo, i cavi hanno un costo, i rack hanno un costo, la bolletta ha un costo, tutto ha un costo e per ospitare la controparte analogica dei plug-in che può ospitare una DAW non basterebbe uno studio grande quanto un campo di calcio. Inoltre, quando vai analogico sai che offrire una revisione all'artista potrebbe anche essere impossibile: non sempre puoi salvare i settaggi, hai un recall sheet su cui scrivi come hai “più o meno” posizionato le manopole e roba del genere... per “alzare un pelino la voce” non basta che apri Logic e sposti qualche slider, dovresti fare tutto da capo; per questo si cerca di fare il miglior lavoro possibile da subito, cercando di restare centrati per evitare l'overmixing e capire che quando una strofa ti fa venire la pelle d'oca non devi più toccarla. Roba del genere costa, ci si deve prendere il proprio tempo e consacrare alla dea musica una parte del proprio portafogli.

Ne vale la pena?

Chi oggi cerca una produzione analogica o anche solo il missaggio analogico, lo fa per amore di ciò che fa e non per questioni legate al denaro. Certe volte l'ipotesi dell'analogico è solo una complicazione ingiustificata e allora si lavora 100% digitali, velocemente e con risultati eccellenti; altre volte invece passare per l'outboard analogico è l'unica scelta possibile per avere QUEL sound. E allora lo sai bene che per la musica quelli come noi si fa di tutto.

Qual è la tua opinione a proposito del mastering su nastro?

Io lo faccio per mandare leggermente fuori griglia i pezzi (soprattutto quelli con drum machine) e per scoprire saturazioni, fruscii e modulazioni che aggiungono musicalità e un tiro generalmente accattivante ed aggressivo (i nastri nel mastering, bobina o cassetta che sia, oggi sono principalmente usati per “incollare meglio i suoni” e cercare una certa distorsione armonica non ancora ben eguagliata dai plug-in digitali) che la massa gradisce, seppur ignara del dietro le quinte: d'altro canto a noi addetti ai lavori interessa unicamente mettere in un pezzo quanta più vita possibile e farlo per chi ascolta, e l'analogico in questo è ancora imbattuto. Spesso in studio usiamo i nastri impropriamente, alla stregua di un “compressore” molto colorato, e ci regalano cose meravigliose. Ognuno ha i suoi segreti, che poi sotto sotto... segreti non sono.

Perché sempre meno studi lavorano col nastro?

Moltissimi non sono neanche veri studi: da quando è facile, per qualsiasi ragazzino con un iPad, o un pc e una scheda audio fare musica, spuntano produttori e studi come funghi; solo alcuni di essi hanno dimostrato d'esser forti, la maggior parte è solo più abile di altri a sfruttare Insta e non ci vuole molto a rendersi conto che a questa certa competitività raramente corrisponde reale sostanza: Come ben sai i generi musicali che vanno per la maggiore oggi sono costrutti di elementi per un buon 90% già pronti, e se il mercato discografico mainstream non offre spazio alla sperimentazione, figurati se offre spazio a un ReVox. Oggi più che mai ci sono troppi artisti che vogliono arrivare primi (e prima) e troppo pochi che vogliono diventare unici. 

Ha senso lavorare in analogico nell'era della compressione selvaggia per ottimizzare lo streaming?

Tutto ciò che è destinato allo streaming, anche se prodotto in analogico totalmente o solo in parte, viene poi processato in digitale e ottimizzato a seconda dei canali che ne permetteranno la diffusione. L'accuratezza dei convertitori “AD” e la preparazione tecnica del fonico scelto per il mastering non solo possono preservare i benefici dell'analogico, ma addirittura enfatizzarli e valorizzarli a tutto vantaggio della musicalità. Quindi, sì.

---
L'articolo Registrazione analogica vs. digitale: una questione di cuore di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2021-05-27 14:48:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia