“Rush!”: nuovi generi, stessi Måneskin

Abbiamo ascoltato in anteprima "Rush!", il nuovo disco della band registrato tra LA e Tokyo dopo mesi di tour trionfale. Tra tracce più “classiche” spiccano pezzi in stile punk londinese e persino una ballata d’archi. Di cose realmente nuove, però, nemmeno l'ombra

Maneskin - foto stampa
Maneskin - foto stampa

Hanno convissuto in una casa comune a Los Angeles, a un chilometro dallo studio di Max Martin – produttore del disco insieme a Fabrizio Ferraguzzo –, per poi volare a Tokyo e in Italia. Così i Måneskin hanno trascorso il periodo della registrazione di Rush!, il loro nuovo album in uscita il prossimo 20 gennaio. Con una tracklist di 17 pezzi che spazia dal punk a ballate orchestrali, i Måneskin provano ad ampliare una formula fatta di riff ripetuti e cassa in quarti. Fin dal primo ascolto l’impressione che se ne ha è quella di un lavoro troppo simile ai precedenti, seppur con qualche differenza decisiva.

Måneskin - foto stampa
Måneskin - foto stampa

A colpire maggiormente in tal senso è Kool Kids, un’esplosione di punk che rompe gli schemi a cui i Måneskin avevano abituato i fan. Si torna nella Londra della fine degli anni Settanta, ai Sex Pistols. E per "coerenza" Damiano canta con un forte accento inglese, così esasperato da stufare nel giro di un minuto. Peccato, perché il pezzo è super coinvolgente grazie ai riff di chitarra graffianti, distorsioni e ritmiche impetuose. E forse proprio per questo spicca.

Già dalla traccia successiva i Måneskin abbandonano queste vesti. Si prosegue incrociando strade diverse, ma la sensazione di monotonia non cambia: la ripetizione martellante nelle linee melodiche e ritmiche, senza significative variazioni sul tema, alla lunga mostra tutti i suoi limiti. L’esempio più significativa è Baby Said: la chitarra funk-rock di Thomas fa lo stesso riff in loop per quasi tutta la canzone, la voce di Damiano si appiattisce, il sound è troppo debitore dei Red Hot Chili Peppers, non c'è niente che riesca a scuotere un po' l'attenzione.

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Certo, non mancano le hit, già anticipate dal singolo Supermodel. Fanno parte di questa categoria Feel e Own My Mind. Cassa in quarti e pre-ritornello ripetitivo preparano chi ascolta all’impatto con la parte più energica della canzone. Lo stile e la struttura sono quelle da pop-rock furbo, con una produzione che cerca di renderlo una canzone da ballare a una festa.

È però con le ballate che i Måneskin riescono a mostrare qualcosa di più del loro progetto (cosa che, in realtà, non è per forza un bene). Già si erano presentati sotto queste spoglie con Torna a casa e Vent’anni, o The Loneliest, e ora alzano la posta. Come If not for you: un tappeto di archi apre la strada alla voce di Damiano ed è lui a guidare il brano attraverso le sue dinamiche, finché la chitarra solista – con un breve assolo – riprende la melodia della voce. La loro November Rain? La quota di romanticismo sta qua.

La voglia di rivolgersi anche solo per un attimo ad altri sottogeneri del rock è forse la cosa da apprezzare in Rush!. Un lavoro che non porta i Måneskin lontano dalla versione con cui si sono fatti conoscere. E non sa tirare fuori il meglio dai quattro musicisti.

Måneskin - foto stampa
Måneskin - foto stampa

Ogni cambiamento è un nuovo punto di partenza e senza non è possibile portare avanti un progetto musicale. Ma possiamo chiamare questo un cambiamento? Solo in parte. I Måneskin rimangono troppo se stessi, osando timidamente solo poche volte in tutto il disco. E quando lo fanno non riescono veramente a discostarsi dal loro solito stile. E così sono proprio gli spunti che potevano offrire una nuova prospettiva a essere i bocconi più difficili da digerire.

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L'articolo “Rush!”: nuovi generi, stessi Måneskin di Martino Fiumi è apparso su Rockit.it il 2023-01-18 16:09:00

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