Per alcuni è la gara musicale dell'anno, per altri un'inutile e costosa passerella. C'è chi lo odia e chi lo ama ma sicuramente nessuno, almeno in Italia e dintorni, non ne ha mai sentito parlare. Eppure, almeno leggendo "Il libro nero di Sanremo" di Romano Lupi e Riccardo Mantelli, edito da Odoya, c'è anche e molto altro rispetto alla semplice gara canora, come dimostrano questi tre estratti che vi riportiamo oggi.
I due autori, andando ad utilizzare una vasta mole di fonti, riescono a riscoprire, per non dire riesumare, storie misteriose e inquietanti attorno all'evento sanremese. Non soltanto la morte di Luigi Tenco, ma anche le possibili collusioni con la malavita e il Casinò della città ligure, i brogli per far vincere questo o quel cantante, o ancora i mille sotterfugi che le case discografiche tramavano nel segreto delle camere d'albergo. Lupi e Mantelli ci accompagnano così nel lato più selvaggio e buio di Sanremo: niente fiori ma solo opere di male.
Jimmy Fontana e la mitragliatrice delle BR
Quella del 1971 fu la seconda edizione consecutiva del Festival organizzata da Ezio Radaelli e Gianni Ravera. Vinsero Nada e Nicola Di Bari con "Il cuore è uno zingaro". "Che sarà", interpretata da I Ricchi e Poveri e da José Feliciano, si classificò al secondo posto, ma fu considerata la vincitrice morale. Il brano ottenne un grande successo anche fuori dei confini italiani, nel Centro e nell’Est Europa, e in Medio Oriente fino al Giappone.
Il pezzo era stato scritto da Jimmy Fontana, che si aspettava di cantarlo con Feliciano al Festival. In seconda battuta la RCA decise di puntare sui Ricchi e Poveri, che accettarono di salire sul palco in coppia con José Feliciano. La delusione per essere stato scartato dalla sua casa discografica provocò a Jimmy Fontana un periodo di depressione. Per qualche anno ridiventò Enrico Sbriccoli e si ritirò a Macerata, dove aprì un bar. Mise da parte la musica ma non l’altra sua passione: le armi. Collezionava pistole, con un regolare porto d’armi.
Nel febbraio 1971, in un’armeria di Sanremo, mentre si svolgeva il Festival da cui era stato escluso, aveva comprato una mitraglietta Cz 61 Skorpion calibro 7.65. Il 15 giugno 1988 la mitraglietta fu scoperta in un covo delle Brigate rosse, in via Dogali a Milano. Era la stessa arma che, il 7 gennaio 1978 a Roma, in via Acca Larentia, aveva ucciso due giovani missini (Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta). Il 27 marzo 1985, sempre a Roma, aveva fulminato l’economista Ezio Tarantelli. Il 10 febbraio dell’anno successivo l’ex sindaco repubblicano Firenze, Lando Conti, noto esponente della massoneria. Ma le esecuzioni della mitraglietta non erano finite qui. Il 16 aprile 1988 aveva abbattuto il senatore democristiano Roberto Ruffilli, uomo di fiducia di Ciriaco De Mita, insediatosi alla presidenza del consiglio dei ministri tre giorni prima dell’assassinio. Lorenzo Conti, figlio dell’ex sindaco repubblicano di Firenze ucciso dalle BR.
Nel gennaio del 2013 il figlio del sindaco di Firenze assassinato, scrive una lettera ai presidenti del Senato e della Camera, al ministro della Giustizia e al procuratore della Repubblica di Roma, per chiedere di conoscere i “pezzi mancanti” di questa strana storia. Com’è passata la Skorpion di Jimmy Fontana ai militanti delle BR? Chi sono i responsabili dell’omicidio di suo padre?
"Ma come mai non sono mai stati indagati né Sbriccoli, né Cetroli? È mai possibile? Certamente Sbriccoli ha commesso un illecito, perché ha venduto un’arma da guerra senza far registrare il nome del compratore. E come arriva, quella mitraglietta, a uccidere mio padre, dopo una violenta campagna denigratoria di dp a Firenze, che lo dipingeva come un mercante d’armi? Perché l’indagine sull’uccisione di Lando Conti, vittima delle Brigate rosse-Partito comunista combattente, fu archiviata nel 2009? Non m’importa della galera per nessuno, ma voglio sapere la verità. Sto aspettando, senza troppe speranze, le risposte dei presidenti del Senato e della Camera e del ministro della Giustizia. Se non arriveranno, non mi resterà altro che procedere legalmente contro lo Stato italiano, sia in sede nazionale che internazionale, per aver contribuito a occultare la verità. Davvero non mi volete rispondere?
Risposte che non potranno dare né Antonio Cetroli né Jimmy Fontana. Il primo è morto il 30 giugno 2005, il secondo è scomparso a Roma l’11 settembre 2013 a settantotto anni per un’improvvisa febbre alta causata da un’infezione dentale.
20 giugno 1984: il giorno in cui il Festival passò la Cortina di ferro
Che Sanremo fosse un centro di una certa importanza per le strategie atlantiste, come prima per quelle del fascismo, lo avevamo capito. Il casinò per la sua funzione di spionaggio, ricatto, finanziamento occulto e riciclaggio; il Festival come laboratorio comportamentale in vista del mutamento antropologico.
Sanremo, in fase di rilancio raveriano, era alla ricerca di un nuovo impiego delle sue potenzialità. Nel novembre del 1979 una delegazione del comune si era recata a Mosca per promuovere la città durante le Olimpiadi che si sarebbero tenute nella capitale dell’Unione Sovietica l’anno successivo. Durante gli incontri a Mosca si parlò anche del Festival. I primi giornalisti sovietici erano stati probabilmente accreditati a Sanremo nel 1963 per la Pravda e per Izvestija: Domenico Modugno, Claudio Villa, Adriano Celentano, Mina, Gianni Morandi e altri erano già famosi dai tempi di Chruščëv. Verso la metà degli anni Settanta, poi, il successo del film "Le incredibili avventure degli italiani in Russia" di El’dar Rjazanov, con Ninetto Davoli e Alighiero Noschese, aveva riproposto l’immagine da “simpatici mascalzoni” dei nostri connazionali. Forse i russi vedevano in quella parte anche i sanremesi.
All’inizio degli anni Ottanta, dopo le Olimpiadi di Mosca, tutto cambiò. La trasmissione "Melodie e ritmi della musica leggera straniera" iniziò a mandare in onda spezzoni del Festival di Sanremo. Il 26 febbraio 1982 passarono in tv sei canzoni. Tre in particolare divennero famose: "Romantici" di Viola Valentino, "Felicità" di Al Bano e Romina e "Storie di tutti i giorni" di Riccardo Fogli. La Pravda pubblicò una stroncatura delle «canzonette dozzinali e leggere che hanno riempito lo schermo televisivo». Inutile: nel 1983 la trasmissione mandò in onda dieci canzoni. Nel marzo dello stesso anno Gianni Morandi, reduce da Sanremo, fece una tournée a Mosca. Il 20 giugno 1984 il Festival uscì quasi per intero dai tubi catodici comunisti. Fu allora che milioni di telespettatori iniziarono a delirare per Toto Cutugno, Pupo, Riccardo Del Turco, Al Bano e Romina, Claudio Villa, Bobby Solo… Eros Ramazzotti non superò la censura per via dei jeans strappati e del braccialetto di pelle con cui si presentava in scena (però fu con Luca Barbarossa l’unico cantante della nuova generazione a firmare l’appello in favore della scala mobile al referendum voluto dal PCI nel 1985). Bocciato dalla tv sovietica anche Mario Castelnuovo, e non si capiva perché, forse per il suo ambiguo foulard o perché la protagonista della canzone aspettava il ritorno del suo ragazzo dalla guerra e i censori pensavano che si riferisse a uno dei soldati italiani mai tornati dalla campagna di Russia dei tempi di Mussolini. Resta il fatto che da quel momento il Festival si convertì nel simbolo di un altro mondo. Un mondo migliore. Sanremo era il paese delle meraviglie: la sua musica non aggressiva, le immagini patinate, il glamour, il teatro Ariston, gli scalini bianchi da cui artisti bellissimi scendevano come dal cielo. E poi i costumi brillanti, il suono profondo, i giochi di luce, le decine di telecamere, i primissimi piani. Niente a che vedere con l’Usignolo d’ambra polacco di Sopot, o con l’Orfeo d’oro bulgaro di Slanchev Bryag, e neanche con il Festival internazionale. A partire da quel momento le canzoni di Sanremo vennero trasmesse più volte alla settimana in tv e alla radio nei pochi programmi musicali.
Jalisse: i vincitori raccomandati
Festival di Sanremo 1997, presentato da Mike Bongiorno con l’organizzazione artistica di Gianni Boncompagni, fu vinto dai Jalisse, un duo musicale formato dai coniugi Fabio Ricci e Alessandra Drusian. La coautrice del brano "Fiumi di parole", Carmen Di Domenico, era la compagna di Sergio Bardotti, che apparteneva ufficialmente al cast organizzativo. Le polemiche furono feroci e i due cantanti diventarono quasi il simbolo dei vincitori raccomandati.
"Sanremo dopo i Jalisse non fu più lo stesso – commenta Antonio Ricci di Striscia la Notizia – Inspiegabilmente, e in maniera per me del tutto ingiusta, i vincitori di quell’anno, invece di essere lanciati in un radioso futuro, evaporarono. Da allora vincere Sanremo non fu più importante. Dopo due mesi il cantante vincitore viene matematicamente dimenticato. La manifestazione si è trasformata da gara canora a trasmissione televisiva. Ora conta chi la presenta e che ospiti riesce a convocare: i cantanti concorrenti sono mere comparse". (da Vesigna, Gigi, Vox populi. Voci di sessant’anni della nostra vita, Excelsior 1881, Milano 2010)
Un giudizio su cui non tutti sono d’accordo perché anche negli anni successivi alcuni interpreti di Sanremo sarebbero entrati a fare parte della memoria collettiva. Sanremo, inoltre, era già diventato dagli anni Ottanta un contenitore di materiali eterogenei, tra cui la gara canora rappresentava solo una componente, sia pure fondamentale.
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L'articolo BR, armi, assassini e spionaggi: tutte le storie del lato oscuro di Sanremo di Mattia Nesto è apparso su Rockit.it il 2017-02-03 11:40:00
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