E se per Salmo l'hip hop non fosse più abbastanza?

L'artista sardo ha pubblicato "Ranch", un disco che è un ritorno alle radici. Anzitutto quelle geografiche, visto che è tutto registrato e ambientato in Sardegna. Ecco come suona, in cosa eccelle e cosa manca

Tutte le foto sono di BOGDAN 'CHILLDAYS' PLAKOV
Tutte le foto sono di BOGDAN 'CHILLDAYS' PLAKOV

La carriera discografica di Salmo è un percorso tutto sommato lineare. Dopo la pubblicazione del primo album The Island Chainsaw Massacre, cresce pian piano, supportato anche dal collettivo di cui faceva parte Machete crew. Nel tempo trova la sua identità musicale mescolando continuamente generi, tra il punk, il rock, la dubstep, e fondendo tutto in una chiave hip hop performativa, e dai forti tratti cinematografici.

Dopo il 2016 con Hellvisback - album considerato la sua punta di diamante nel panorama rap italiano -  diventa nazionalpopolare con Playlist, un album-accozzaglia di pezzi che funzionano bene per il pubblico generalista, fino all’album FLOP, album un po’ disorientato dopo il grande successo. Un percorso che visto da fuori sembra così lineare che quasi annoierebbe un biografo, ma nella sua carriera manca un pezzo: il ritorno a casa e alle proprie origini. Ed è quello che ha tentato di fare in Ranch, il suo ultimo album uscito il 9 maggio. 

Autodissing

Salmo presenta l’album come un progetto che contiene le riflessioni che una persona a quarant'anni deve iniziare a fare, e affronta tematiche come l’uso compulsivo dei social media, l’infelicità del successo, il fatto di non sapersi annoiare e la volontà di continuare (o tornare?) a fare di testa sua. Ma dopo vari ascolti si presenta come un album incompleto, pieno di spunti interessanti e altri ancora immaturi. Ma partiamo con ordine, dal fondo. 

Se Salmo ha un pregio, è la versatilità. In Titoli di coda, ultima traccia del nuovo disco, dopo aver ringraziato tutti - ma proprio tutti - riprende Mr. Thunder, il suo alter-ego discografico che gli chiedeva, già in Hellvisback di fare la canzone giusta per avere successo. E paradossalmente, Salmo è capace anche in Ranch di interpretare al meglio tutte queste figure proto-musicali che funzionerebbero, schernendo la loro poca naturalezza e autenticità (nota a margine:l’autodissing è un’idea originale a cui forse nemmeno un discografico avrebbe pensato).

Fatto sta che l’impressione è che, ironicamente, nel disco lui non riesca ancora a uscire da questi personaggi che sa interpretare alla perfezione (e a tratti anche meglio di chi lo fa naturalmente) e non riesca veramente a entrare dentro il personaggio cinematograficamente promesso col concetto diRanch. E quindi la sua versatilità, oltre a essere pregio, è anche il suo tallone d’achille. Tecnicamente invidiabile, ci dimostra ancora quanto sia bravo a maneggiare flow, delivery e basi, mancando però della sbavatura innovativa, e tradendo la promessa di un’introspezione che “trasmettendo” dal recinto sardo in cui si è ritirato ci aspettavamo.

Passato remoto, futuro anteriore

La traccia migliore del disco per coerenza, scrittura e tecnica è senza dubbioByebye, nonostante il titolo un po’ frivolo. Nonostante il featuring con Kaos, penna storica dell’hip-hop italiano, Salmo si è dichiarato più volte stanco del hip hop (almeno di alcuni suoi tic). Nel nuovo album prova comunque a riconnettersi con l’MC che è stato nel passato: in Crudele sentiamo Hellvisback - dove racconta la storia della sua famiglia - e pare il prequel di 1984. In Bounce!, ripropone temi a lui cari come il disprezzo per la chiesa cattolica e il rapporto da post-umanesimo e tecnologia, molto presenti in Midnite, con un fare rabbioso e spietato. Fuori controllo ha delle comunanze con la sua versione più elettronica e techno che sentivamo in DeathUSB

Il ritorno alle sue radici musicali e la voglia di farci sentire ancora una volta cosa ha saputo fare egregiamente però non gli permette di trovare una nuova strada espressiva con l’hip hop. Questo può essere un limite per alcuni, e un pregio per altri. Ma dobbiamo anzitutto constatare che questa cosa di essere stanco del rap spinge l’artista sardo a non riuscire a usarlo con l’inventiva che forse vorrebbe, rimanendo costretto a un uso di quell’arte di strada molto canonica vista la sua carriera. Diversamente, le tracce più intime come Cartine corte, Conta su di me, Sangue amaro, Mauri sono tracce che funzionano e che ci trasmettono la sua versione più cantautorale, dove esplora altre forme espressive rispetto alle sue origini. In queste canzoni troviamo un Salmo più riflessivo, a tratti disilluso, ma anche talvolta retorico, con alcune ispirazioni che però non porta a compimento strozzando la sua stessa trasformazione artistica. 

La mia critica non sta nell’aver virato anche sull'altro rispetto al rap, ma bensì nel dubbio che ho avuto durante l’ascolto dell’album: che Salmo sto ascoltando? La risposta penso di averla avuta dalla traccia Il figlio del prete, in cui probabilmente prova a unire alcune delle sue diverse anime e in cui il rap spunta all’improvviso per poi finire di colpo, come la fine di un incubo, sotto a un tappeto più cantautoriale. Nella traccia dal contenuto un po’ aperto e nebuloso in cui, suppongo, l’artista voglia trasmettere come, nonostante le credenze altrui, anche dal figlio del prete ci si può aspettare di tutto, vediamo tutta la bellezza ma anche la confusione artistica di Salmo in questo album. 

L’intero album è un saliscendi di idee, spunti e intuizioni (a tratti davvero geniali), senza che vengano portate a compimento.Ranch si esalta e smonta autonomamente, mostrandosi debole nella struttura, ma forte in molti episodi di valore. Eppure nell’insieme, non ne esce coeso, bensì disomogeneo al cospetto di una versatilità fin troppo messa in primo piano - caratteristica da cui molti artisti dovrebbero prendere spunto - ma che Salmo ci ha già dimostrato più volte.

Dolcetto o scherzetto?

In generale, l’ascolto è piacevole e abbastanza coinvolgente, ma rimane un album che tradisce le promesse fatte dall’artista durante la presentazione dell’album e secondo lo stato artistico (e di vita) in cui è. Sono convinto che nell’isolamento ha trovato la frattura che prima, forse, si poteva solo intravedere, ma non di cui riesce pienamente a dare conto in Ranch; forse perché ancora troppo impegnato a voler uscire da questo recinto che si è creato. In fondo, mentre si è ritirato nella noia e nella solitudine, ci tiene più volte a dirci che lui fa come gli pare, senza spiegarci come fa a fare come-gli-pare. Il mondo esterno rientra sempre e comunque nei suoi contenuti e non riesce a farne a meno. 

D’altro canto notiamo i nuovi spiragli che questo album ci mostra sul futuro artistico del rapper sardo. Se vuole proseguire verso questa strada di introspezione, è evidente che debba farlo abbandonando gradualmente il rap e spostandosi su altre sonorità e altre metriche che gli danno la possibilità di tirare fuori concetti che qua sembrano ancora mozzati e inespressi. Il Salmo sempre più cantautorale, in cui l’abbiamo visto un po’ in passato e qua ancora di più, è forse il futuro che gli si prospetta per arrivare al tanto desiderato viaggio interiore che con questo album ha solo accennato, ma che non realizza. Salmo sembra essere in una fase artistica in cui necessita di trovare uno spazio musicale differente dal rap con cui poter scavare ed esprimere tutto quello che il successo non gli ha dato o gli ha tolto. Si tratta di saldare quel debito che in questo album ha espresso, per poi starsene, finalmente, dentro al Ranch

Infine, l’aspetto sicuramente più positivo di questo album, è il coraggio che l’artista ha avuto nel frenare e farsi domande che probabilmente altri colleghi non avrebbero il coraggio di farsi, continuando a lavorare per inerzia. Mi auguro sia un incipit a qualcosa che scopriremo nei prossimi progetti, mentre intanto non ci resta che ascoltare Ranch in giro per il mondo, dove sicuramente non potremmo rimanere delusi, dato che la dimensione performativa e live di questo album è una delle caratteristiche di maggiore potenza, essendo Salmo uno dei migliori in Italia quando si tratta di musica dal vivo.

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L'articolo E se per Salmo l'hip hop non fosse più abbastanza? di Nicolò Benassi è apparso su Rockit.it il 2025-05-09 16:38:00

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