Un festival internazionale dal target preciso, ovvero il music-film, organizzato a Torino (patria storica del cinema italiano) e che ha coinvolto una larghissima schiera di artisti e di associazioni per tre giorni: siamo stati al Seeyousound Festival, ovvero il festival del cinema che suona.
“La cosa bella del Seeyousound è che la geografia e la storia qui sono totalmente stravolti. Cioè possono essere premiati film, corti o videoclip che magari parlano di canzoni in lingua maya e poi, un attimo dopo, ci si ritrova a tributare il giusto omaggio per un’opera che ci racconta il futuro prossimo della musica, tra computer e microprocessori. Al Seeyousound tutto è relativo, tranne una cosa: l’amore e la passione verso la commistione tra cinema e musica”, in questo modo Carlo Griseri, curatore della sezione “7’ inch Short Film” ha spiegato che cosa sia il Seeyousound Festival. Un festival nato un po’ per caso circa 9 mesi fa a Torino e che, grazie alla risposta fortissima e di pubblico e di addetti ai lavori, è tornato dal 25 al 28 febbraio per invadere l’ex capitale del Regno d’Italia di creatività e fantasia.
Il Seeyousound di quest’anno ha visto l’adesione di 487 artisti provenienti da 34 Paesi nel Mondo. Una vera e propria Onu delle arti cinematografiche e musicali che, nella cornice di via Verdi, la centralissima via che collega la Mole Antonelliana (leggasi il Museo del Cinema) con il Cinema Massimo (sede delle proiezioni e dei dibattiti), ha potuto sviluppare in maniera grandiosa ed inaspettata tutta la sua carica di creatività, anche grazie a investimenti privati e numerose operazioni di crowdfunding.
Ma, più precisamente, che cosa si vede al Seeyousound? Questa rassegna è, possiamo dire, divisa per cassetti, ovvero concorsi che raccontano, ognuno nel modo proprio, un certo modo di pensare il cinema abbinato alla musica. Il primo di questi cassetti è il “Longplay Feature Films” cioè la parte dedicata a quei film che si addentrano, proprio come un “concept-album”, attorno ad un tema forte a sfondo musicale, e poi lo analizzano, lo presentano e lo sezionano nei modi più differenti. Per questa sezione è stato proclamato vincitore “Miss Sharon Jones”, l’opera di Barbara Kopple dedicata alla vicenda di Sharon Jones, l’inarrivabile cantante soul e r&b dei The Dap-King alla quale, poco prima del nuovo album e del seguente tour mondiale, viene diagnosticato un tumore, con il 50% delle possibilità di potercela fare. Il film tratta della coraggiosa lotta di una donna “dall’ugola d’oro” di fronte allo spettro della morte. Il secondo concorso, già citato, è il “7’ inch Short Film”, ovvero i corti, non pensati in modo classico, ma riletti attraverso le lenti dei 45 giri: 170 corti (di cui oltre il 75%) agili e godibili come un disco dei tempi andati. Qui a trionfare è stato lo struggente “Joao Baptista” firmato da Rodrigo Meireles che tratta, con un occhio poetico e disincantato, la giornata di lavoro di una persona, solo apparentemente, qualunque. Infine c'è lo scompartimento “Soundies Music Videos”, ovvero quello dei videclip, come si sarebbe detto una volta. In questo caso la vittoria è toccata agli spagnoli “Fur Voice” con l’allucinato video “Fantasia”, ma una menzione d’onore è arrivata ai nostrani “The Cyborgs” con l’irresistibile ed irriverente video di “I’m just a Cyborg and I Dont Believe in God”.
Ma la rassegna torinese non è fatta soltanto di concorsi. Ci sono due sezioni, molto seguite dal pubblico, che hanno l’ambizione di raccontare il mondo che si dipana davanti ai nostri occhi (e alle nostre orecchie). Con la sezione “Into the Groove” ci si è concentrati, per bocca dello stesso curatore, Maurizio Pisani, “sull’eclettismo più puro, andando a scegliere film apparentemente dissonanti e discordanti tra di loro ma che, in seconda battuta, si incastrano perfettamente gli uni con gli altri”. In questa sezione sono stati proiettati film storici come “The Jazz Singer”, il mitologico film del 1927 con Al Jolson, il primo lungometraggio sonoro della storia. In “Music is the Weapon” invece si è andati a ricercare opere che narrassero nel modo più fedele possibile come, tramite la musica, si possano fare delle reali rivoluzioni. Ed ecco che nel bellissimo “Viva Cuba Libre: Rap is War” si scopre il mondo del rap cubano di protesta dove per una canzone si può finire in galera e dove gli artisti distribuiscono direttamente a mano i propri dischi, per paura della censura.
In questo modo Seeyousound si smarca dalla tipologia della classica rassegna cinematografica per essere, al contempo, qualcosa di meno e qualcosa di più. Di meno perché non può sfruttare i grandi nomi delle star hollywoodiane di altri festival ma anche, e soprattutto, di più perché permette di raccontare storie che altrimenti rimarrebbero misconosciute. Come fare a resistere di fronte al racconto, nel film “Monsterimies” di Antti Haase, di Mr. Lordi, il frontman dell’omonima band heavy-metal finlandese, vincitrice qualche anno dell’Eurofestival? Chi l’avrebbe mai detto che Lordi da piccolo era un bambino dolcissimo, innamorato di E.T. che amava trascorrere gli eterni e bui pomeriggi polari a costruire costumi e pupazzi animati? Oppure come non appassionarsi a “2045: Carnival Folklore” un’opera cyberpunk in cui si immagina, all’indomani di un disastro nucleare, un Giappone collassato e governato da una sorta di Grande Fratello, la cui unica speranza è affidata nelle mani di una band japan-noise? Questo è il Seeyousound, un luogo dove si possono mescolare le algide pose di Carl Barat (proprio lui, il frontman de The Libertines) e della bellissima Audrey Bastien in “For this is My Body” con le storie africane e più vere del vero di “They Will Have to Kill Us First”. Torino è, ancora una volta, una città magica, anche al cinema.
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L'articolo Seeyousound Festival: il cinema a tema musicale a Torino di Mattia Nesto è apparso su Rockit.it il 2016-02-28 00:00:00
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