Abbiamo più bisogno che mai di Lucio Dalla e di una sera dei miracoli

Il 1 marzo del 2012 l’artista bolognese ci lasciava all’improvviso. Nessuno meglio di lui, nei periodi più duri del nostro Paese, ha cantato quanto fosse importante vivere, sperare, empatizzare, resistere tutti quanti assieme. Come La sera dei miracoli, capolavoro del 1980, un inno alla ripartenza

Le copertine dei dischi "Lucio Dalla" del 1979  e "Dalla" del 1980
Le copertine dei dischi "Lucio Dalla" del 1979 e "Dalla" del 1980

Sono passati 10 anni da quando quel geniaccio di Lucio Dalla ci ha fatto condividere lo stesso cuore, quando ci ha lasciati di certo più poveri di parole, musica, arte, unicità. Scomparso improvvisamente a causa di un infarto e subito rimpianto, come si fa con le persone importanti. Sarebbe ridondante scrivere quanto ci manchi il suo punto di vista sulle cose, quanto non abbiamo più trovato note indomabili come le sue, che gli uscivano dalla bocca come fosse uno strumento jazz, cosa più unica che rara in Italia. 

Dalla che nel suo percorso davvero poco lineare ha toccato la canzone d'autore e la sperimentazione con i testi di Roberto Roversi, ha studiato la canzone pop fino a rivoluzionarne la struttura e la forza, fino a renderla perfetta nei suoi album di maggior successo, quei Lucio Dalla del 1979 e Dalla dell'80 che contengono solo pietre preziose. L'ultima luna, Stella di mare, La signora, Milano, Anna e Marco, Tango, Cosa sarà, Notte, L'anno che verrà, Balla balla ballerino, Il parco della luna, La sera dei miracoli, Mambo, Meri Luis, Cara, Siamo Dei, Futura. Trovate voi una serie di canzoni più belle in due album consecutivi di un autore italiano. 

 

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Tutte scritte da solo, coadiuvato dalla sua squadra, anch'essa insuperabile, composta da Ron e Ricky Portera, Alessandro Colombini e Gaetano Curreri, Marco Nanni e Giovanni Pezzoli. Tutti musicisti coi quali ha ridisegnato la canzone italiana fino a farla piacere a tutti, gente del popolo e critici severi. Fino a diventare icona col berretto di lana sempre calcato in testa, gli occhialetti tondi, i vestiti hipster ante litteram, i peli che sembrava uno scimmione e un'energia che lo rendeva magnetico. Se ricordate il film Borotalco di Verdone in cui Eleonora Giorgi è una fan sfegatata o il film del tour Banana Republic fatto insieme a Francesco De Gregori, potete capire di cosa sto parlando (e avete anche una certa età).

Ero piccolo a quei tempi, ma guardando quelle immagini torno bambino sul sedile posteriore della Fiat 128 bianca di mio padre a cantare le sue canzoni registrate sulle cassette che ascoltavamo fino a smagnetizzarle. Un benessere mai nemmeno più ipotizzato così, doloroso a ripensarci. Poi sia io che Lucio Dalla abbiamo fatto parecchie altre cose, beh, lui più di me, ma se penso a lui penso a quei due dischi e a Com'è profondo il mare del 1977, in cui c'era già tutto (Disperato erotico stomp, Il cucciolo Alfredo, Quale allegria...) ma che ho scoperto dopo per ragioni anagrafiche. 

Nel pensare a Lucio Dalla oggi, a 10 anni dalla sua morte, durante una pandemia, in mezzo a una crisi climatica e a una guerra dagli esiti disastrosi comunque vada, mi sono fatto prendere da un'euforia che non ha ragioni se non la necessità di attaccarsi con le unghie e coi denti a una felicità d'altri tempi, per resistere e sperare. Mi è venuta in mente la canzone che più di tutte esprime una gioia collettiva, quella sera dei miracoli che Lucio Dalla scrisse in vicolo del Buco, nel cuore di Trastevere a Roma, in cui ha vissuto dal 1980 al 1986. 

Una fotografia dell'estate romana che pulsava di vita, che sanciva la fine degli anni di piombo e l'inizio del benessere economico, del riscatto, della rinascita, di una città che è senz'altro quella ma che può specchiarsi in ogni città, paese, borgo o periferia che abbia una voglia incontenibile di ricominciare a vivere senza paure o limitazioni, ad incontrare persone per abbracciarsi e baciarsi e stare bene e mettersi alle spalle tutto il dolore, tutta la maledetta sfortuna che ci è capitata a vivere in un periodo così insidioso. 

 

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"È la sera dei miracoli fai attenzione, qualcuno nei vicoli di Roma, con la bocca fa a pezzi una canzone", canta Dalla parlando di sé stesso per poi descrivere i cani che parlano fra di loro, la gente che corre nelle piazze, "questa sera così dolce che si potrebbe bere", che gli sembra di sentire il rumore di una nave sulle onde, perché la città si muove. Che brividi. La musica si apre, spiega le vele, la voce di Lucio Dalla arriva fino al cielo, tocca vette mai esplorate e torna a terra in quell'intermezzo giocoso in cui descrive i delinquenti e gli innamorati, chissà perché poi li abbia messi insieme nello stesso momento.

Poi apre di nuovo e si concede un momento per sé, per parlare del suo amore o del suo faro: "E in mezzo a questo mare cercherò di capire quale stella sei, perché mi perderei se dovessi capire che stanotte non ci sei". Una frase meravigliosa che può essere interpretata sia per una persona che per un essere sopra ogni cosa, spirituale. La notte finisce, "Lontano una luce diventa sempre più grande" -  canta Dalla - "E la nave che fa ritorno per portarci a dormire". Che succede poi? Quello sta a noi, alla nostra voglia di ripartire vendendo a patti coi limiti che ci hanno presentato il conto in questi anni, con la consapevolezza che vale più una sera dei miracoli che una guerra vinta con le bombe.

 

 

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L'articolo Abbiamo più bisogno che mai di Lucio Dalla e di una sera dei miracoli di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2022-03-01 09:50:00

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