“Maranza per me non è un dispregiativo come l’hanno reso oggi, è un altro termine che hanno trovato per creare le loro divisioni. Maranza per me è solo uno stile, poi quello che conta è capire di più chi è il maranza di cui si parla, chi è dentro lui, la persona.. il resto sono solo chiacchiere che danno a chi è facile da manipolare” a parlare è 8Blevrai, rapper italiano/marocchino che apre il suo nuovo disco con una canzone chiamata proprio Maranza. È bravo, è forte, e spesso ha raccontato l'essere migrante in una paese dove è cresciuto. 8Blevraifa parte di una schiera, ampia, di artisti che spesso vengono chiamati diSeconda Generazione, come se fosse una categoria protetta... insomma un qualcosa che denota la difficoltà cronica di una società, la nostra, incapace tutt'ora di fare i conti con l'interculuturalità e con il mondo delle migrazioni.
Un gran ossimoro visto la storia migratoria del nostro Paese. Una storia tanto profonda che nel nella seconda metà degli anni '50 del 1800 il Messico ha chiesto all'Italia un aiuto per popolare le campagne. Il risultato è ancora che oggi c'è una comunità che si chiamo Chipillo, vicino a Puebla, dove si parla veneto e spagnolo. In questi giorni, in vista dei5 referendum dell'8 e 9 giugno, la discussione sul tema cittadinanza è esploso. Spesso in maniera “infantili” con narrazioni che mirano a spaventare del tipo “si regala la cittadinanza ed il Paese sarà invaso”. Non è così, è il riconoscimento di una presenza, è per aver la cittadinanza non solo si debe aver un lavoro e un permesso di soggiorno ma anche una conoscenza dell'italiano livello b2. Gli altri 4 referendum mirano a regolare e migliorare il mercato del lavoro, cercando di limitare insicurezze e precarietà.
8Blevrai racconta di non soffrire difficoltà maggiori di altri per le sue origini e dice “il fatto che ho origini di un altro Paese che non è l’Italia per me è solo un punto di forza, una marcia in più, quel modo di pensare che magari qui è diverso” e sul tema del velocizzare la presa della cittadinaza aggiunge “ciò che migliorerebbe la vita delle persone è riportare sia il bello che il brutto, non solo i lati negativi che usano i media per il loro click bait o per creare dibattito”.
Tra chi da anni si batte, con la sua musica, sul tema della cittadinanza c'èSlava. Ucraino di origine, oramai italiano. Una volta ha intervistato il sindaco di Brescia, Del Bono, e ha parlato di questi e altri temi. È un artista stravagante e complesso, a un primo impatto tamarro e “cazzone”, ma se letto bene più profondo. L'ho incontro e lo imbecco sul tema del referendum e mi attacca con discorso interessante che posso così riassumere: “Prima di spiegare cosa rappresenta per me la cittadinanza, credo sia importante chiarire cosa significa per la maggior parte degli stranieri. La cittadinanza, per noi, è un vero e proprio lasciapassare per uscire da quello che potremmo definire un girone infernale: la questura. Se non inferno, è quantomeno un purgatorio. Chi non ha la cittadinanza vive con l’ansia costante di dover avere tutto perfettamente in regola per poter rinnovare il permesso di soggiorno e continuare a vivere in questo Paese".
Slava prosegue: "Non sai mai se potrai restare in Italia nei prossimi anni. Le cose possono cambiare all’improvviso: potresti perdere il lavoro, oppure affrontare altri imprevisti, e per ottenere il rinnovo serve dimostrare di avere tutto a posto. Ricevere finalmente la cittadinanza significa poter vivere con maggiore serenità, senza il terrore continuo di essere espulsi o di diventare 'irregolari'. È una liberazione. Quel 'semplice' pezzo di carta diventa qualcosa di essenziale, perchétutto questo stress ti logora e ti consuma" Ho sempre avuto l’impressione che lo Stato italiano metta alla prova gli stranieri, come se volesse testarli per capire quanto siano disposti a sopportare pur di diventare cittadini. Il trattamento che si riceve è spesso umiliante: ti rimbalzano da un ufficio all’altro, ti fissano appuntamenti a orari precisi, ma poi passi otto ore in coda solo per sentirti dire che devi tornare un altro giorno. È un’esperienza frustrante e degradante, specialmente se non rientri tra gli stranieri 'privilegiati'".
L'autore di hit come Itagliano(uno dei suoi primi pezzi, ironici come sempre, dopo aver preso la cittadinanza) eQuartieri del sonno, canzone dedicata alla sua città natale, Kharkiv, bersagliata dalla guerra, dice di essere proprio questo: "Io, in effetti, sono uno di questi stranieri privilegiati. Faccio parte di un nucleo familiare in cui alcuni membri sono cittadini italiani: mia madre e io siamo ucraini, ma mia sorella e mio padre acquisito (il marito di mia madre) sono italiani. Grazie a questa situazione, a me e a mia madre è stato concesso fin da subito un permesso di soggiorno illimitato. Quindi, per fortuna, abbiamo avuto pochissimi contatti con la realtà quotidiana della questura. In questo senso, l’ottenimento della cittadinanza per me non ha rappresentato uno stravolgimento radicale: è cambiato poco. Ora posso votare e godere di qualche vantaggio in più. Ma la cittadinanza resta comunque un riconoscimento importante. Ti consente di partecipare alla vita politica, di avere voce in capitolo nel Paese in cui vivi e paghi le tasse. Ti rende più competitivo nella ricerca del lavoro, ti aiuta a trovare casa più facilmente. Insomma, ti trasforma — anche se non completamente — in un cittadino di 'serie A'. Forse non al 100%, perché le origini restano e si sentono, ma sicuramente ti avvicina a esserlo".
Tommy Kuti, rapper nato in Nigeria nel 1989 ha fatto diversi video, tra l'ironico ed il serio, sulla questione. Ha vinto, quando si chiamava Mista Tolu uno dei concorsi di Arezzo Wave.Da sempre la sua musica è un mix di culture. Tommi dice “per me fare musica è un atto di espressione, ma anche di rappresentanza. È il mio modo di raccontare la mia storia, quella dei miei amici, della mia community, e di chi non si è mai sentito davvero rappresentato in Italia. Dentro la mia musica ci sono le mie origini nigeriane, la mia crescita in provincia, i sogni che avevo da ragazzo e tutte le difficoltà che ho affrontato per diventare l’uomo e l’artista che sono oggi. Ogni canzone è un pezzo di vita reale: il razzismo subito, le insicurezze da figlio di immigrati, ma anche l’orgoglio di avercela fatta senza scendere a compromessi, soprattutto su un tema come la cittadinanza. È assurdo che ragazzi nati e cresciuti qui debbano aspettare 18 anni per essere riconosciuti dallo Stato".
Poi una nota biografica: "Io per fortuna ho ottenuto la cittadinanza da ragazzino, e non ho dovuto affrontare l’esperienza estraniante che hanno vissuto alcuni miei amici, ovvero quella sensazione di non essere riconosciuti fino ai 19 come parte del Paese in cui si è cresciuti. Come dico in #afroitaliano, 'la prima volta che ho detto Ti amo, l’ho fatto in Italiano'. Con o senza cittadinanza sono, siamo sempre stati italiani”.
Tre storie e punti di vista diversi di chi in Italia vive e canta con passione e di chi ha voluto raccontarci un pezzo di sé in vista dell'appuntamento dell'8 e 9 giugno.
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L'articolo "Siamo sempre stati italiani": gli artisti "2G" parlano del Referendum sulla cittadinanza di Andrea Cegna è apparso su Rockit.it il 2025-06-04 08:28:00
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