Six Day Sonic Madness - Guardia Sanframondi (BN)



Le cose belle spazzano via tutto, ed entrano in simbiosi con l'ambiente.

(Babalot)

Il Six Day Sonic Mandness non può essere definito un festival, almeno nell'accezione più normale del termine. Il numero di gruppi è piuttosto limitato – sono 42 band divise in 6 giorni – i ritmi sono più calmi, ci sono pochi giornalisti o addetti ai lavori, non ci sono backstage lussuosi, aree internet e zone vip con open bar. E' una festa: sei giorni di musica in un paese che per il resto dell'anno non fa quasi nulla.

Guardia Sanframondi è tutto un saliscendi di scale di pietra. In alto c'è il Castello, più in basso c'è una piazzetta con due bar e più in basso ancora c'è una serie infinita di case, chiese e altre piccole abitazioni. Fino all'ultimo giorno di permanenza non capisci quanta gente ci vive realmente, la prima impressione è che sia un borgo disabitato, poi inizi a sentire rumori di televisioni, incontri qualcuno in mezzo ai viattoli. A fine settimana hai la sensazione di aver vissuto in uno dei paesi più vivi e attivi del centro sud anche se non ricordi nemmeno la faccia di un abitante del posto. Il Six Days è così districato: più in fondo, in una chiesa sconsacrata, c'è la mostra iconografica di Andrea Pazienza, più su, in una casa, sono esposte le foto vincitrici delle premio fotografico Caterina Farassino – fotografa ufficiale del SDSM, scomparsa nel 2005 - salendo ancora si arriva in una piazzetta dove ci sono i concerti pomeridiani e più in alto, nella terrazza del castello, ci sono i concerti serali. Quattro punti nevralgici attorno ai quali si conosce gente, si ascolta musica, si chiacchiera, si organizzano eventi estemporanei, si beve molto. E' impossibile fare queste scalinate di corsa. Tocca farle molte volte al giorno. Il passo, inevitabilmente, si rallenta. Pian piano il metabolismo e le abitudini si modificano. Si cambia. Probabilmente si migliora.

Quando ero piccolo mi innamoravo di tutto, correvo dietro ai cani.

(De Andrè – Bubbola)

I concerti del pomeriggio sono un'occasione per bere vino, fare conversazione, mangiare taralli e godersi la tranquillità della vita di paese. Il sole non se va mai via fino alle nove. I cani si accucciano sotto il palco o girano tranquilli per la piazza. I vecchi sono seduti fuori vicino ai tavolini del bar e cercano di capire che cosa sta accadendo - per la decima volta in dieci anni – a Guardia Sanframondi.

Si parte alle sei, all'inizio c'è sempre un reading. Sono tutti molto diversi tra loro: c'è chi si fa accompagnare da un chitarrista acustico, chi sperimenta con pedali e effetti vari, chi legge sopra basi elettroniche suonate dall'iPod. Segnalo quello di Andrea Alessandro Di Carlo e Xabier Iriondo, mi sembra sia il più riuscito: le frasi "piccole" di Di Carlo si intrecciano bene ai rumori – anche loro piccoli e solo in pochi momenti "ingombranti" – di Iriondo. Distorsioni digitali/analogiche. Sfere che rotolano sulle corde di una steel guitar facendo suoni tipo Game Boy. Esplosioni più dirompenti – che fanno scappare i cani - quando serve il grande botto. Davvero molto bello.

Solitamente dopo il reading segue un concerto acustico o elettro-acustico: tra i tanti, sicuramente i più interessanti sono Musica da Cucina con il suo post-rock suonato con le stoviglie. I Polvere: post folk psichdelico tra l'acustico e l'elettrico. Pola che lascia da parte il computer ed esegue il suo ultimo album ( "Pola" uscito per la Ionik Recordings, NdR) in formazione a tre. Athebustop, cantautore a metà tra Thom Yorke e Damien Rice. La giornata si chiude, poi, con un live di musica elettronica: i più convincenti sono i Pira666 & Math64: 8 bit violento e tamarro (se non sbaglio infilano anche una cover degli Iron Maiden). Notevole anche la tecno minimale di Obsil o le improvvisazioni dei Montagma. Va citato il live act di Poe, progetto di Marco Messina e Barbara De Dominicis. Un set piuttosto ostico dove l'ex 99 Posse si sbizzarrisce nell'equalizzazione di beat appuntiti e bassi acid mentre lei si lancia in vocalizzi e in sperimentazioni vocali. Non proprio adatto alle fascia preserale, ma comunque importante. Messina è sempre stato un punto di riferimento per la scena musicale del sud, averlo in questo decimo anno del Six Day Sonic Madness è come raggiungere un traguardo prefissato da tempo (così mi dicono gli organizzatori).

Dopo cena ci si sposta sulla terrazza del Castello. 4 gruppi a sera: uno "giovane", una band straniera e un paio di headliner più conosciuti. Impressionante la risposta di pubblico per gli A Toys Orchestra, delle vere e proprie star: la gente conosce le scalette a memoria – persino i bis – le ragazzine impazziscono per Enzo Moretto, e ogni tanto parte qualche apprezzamento un po' sopra le righe su Ilaria D'Angelis. Stessa cosa per il binomio Three second kiss, Uzeda. E' come assistere ad una messa: loro suonano, tutti ascoltano in estasi. Ottimi anche i Jennifer Gentle: forse quanto di più insolito e freak potesse capitare a Guardia San Framondi. La folla è in delirio, si scatena anche sui pezzi più sghembi e imballabili. Esulta manco come se avesse davanti il miglior gruppo americano degli anni '60. Il concerto finisce con un gran casino e la buona parte degli spettatori sul palco. Buona la performance degli Amari. Un po' sottotono i Giardini di Mirò, è l'ultima data del tour e si percepisce un po' di stanchezza. Più che in forma i Tre Allegri Ragazzi Morti, energici e convincenti nonostante una platea non così accesa. Solite conferme da My Awesome Mixtape, Mojomatics e Bachi Da Pietra. Tra i "giovanissimi" si fanno notare i Camera 237 e i Farmer Sea. I gruppi stranieri – fatta eccezione per gli Oneida - non sono così emozionanti, la maggioranza è di ambito post-rock/math, tutti un po' troppo freddi. Gli Oneida invece spaccano, dritti e grossi, propongono 50 minuti tirati e ipnotici. Nonostante la loro "Sheets Of Easter" sia ridotta a soli 6 minuti – su disco ne dura 14 – l'effetto lobotomizzante arriva comunque.

Non riesco ad invidiare le regine.

(Babalot)

Gli Uzeda hanno finito da poco, la torta per i dieci anni è già stata tagliata. Poco dopo tutti sono sporchi di panna (me compreso). Ci sono bastoni di carta che sparano coriandoli, gente che si abbraccia ubriaca, gli organizzatori fanno gli ultimi sforzi per mantenere un po' di sobrietà. La festa continua al campeggio per il party finale. Si monta un banco dj e si lega qualche cassa sopra agli ulivi.

Si parte in sordina: la gente arriva a rilento e ballano in pochi. Poi Depeche Mode, New Order, Raputre, tecno tedesca e electro sempre più cattiva. Alle 5 del mattino è un delirio disorganizzato di ragazzi agitati. E' buio, i volti li distingui appena. I Shirt Vs T-Shirt – duo di dj cosentini che ha seguito tutto il festival – non mollano, caricano il pubblico e tengono alto il ritmo. Alle 6,30 inizia ad essere chiaro, si intravedono i corpi, qualche viso, ti accorgi che ci sono persone ovunque, persino sugli alberi. C'è voglia di divertirsi: un entusiasmo del genere l'ho visto in pochi altri posti. Verso le 7 il dj mette "All About This" dei Disco Drive, sembra l'inno nazionale. La gente salta urlando, ho paura che gli alberi cedano da un momento all'altro. Mezz'ora dopo il padrone del campeggio obbliga i dj a spegnere la musica. Io ho panna secca un po' dappertutto, sono impolverato e pieno di rametti di ulivo nei capelli. Arriva un ragazzo e mi dice: "Non ci serve nulla, scrivilo nel tuo articolo". Me lo ripete almeno una decina di volte. "Non ci serve nulla, capito?" Mi dice che è un'ottima frase per spiegare ai "miei lettori" cos'è il Six Day Sonic Madness. "Non Ci Serve Nulla". A loro basta questo per essere felici – dice – a loro non servono droghe, "amori leggeri", soldi. Basta la musica. La voglia di stare assieme.

Effettivamente "NON CI SERVE NULLA" può spiegare bene l'anima di questo posto. Non si può paragonare il Six Day Sonic Madnes alle altre grandi manifestazioni Italiane. E' una festa di paese dove sono invitati qualche gruppo più o meno "famoso". Ma c'è tipo di passione diversa, c'è un amore forte nel fare le cose, un'attenzione ai dettagli, una voglia di essere caldi e gentili, un attitudine così umana. Un'attitudine che si trova raramente in un festival. E non importa se ci sono pochi addetti ai lavori. Se non c'è l'area internet. Se in albergo l'acqua calda c'è solo per i primi minuti e poi diventa gelata. E' una settimana dove lo star bene con la musica ha priorità su tutto. La musica ritorna ad essere semplicemente una cosa bella e importante. Non dico che si dovrebbe vivere sempre così, ma almeno sei giorni l'anno si. Uno dei più belli non-festival italiani. Forse il migliore.

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L'articolo Six Day Sonic Madness - Guardia Sanframondi (BN) di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2007-07-24 00:00:00

COMMENTI (1)

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  • utente34323 15 anni fa Rispondi

    che ricordi!!!
    e quel campeggio *.*
    è stato amore a prima vista