Spazio 211 - Torino

(X-Mary - foto di Zero.eu)

E' solo alla seconda edizione ma si è imposto fin da subito come una manifestazione lungimirante, con la precisa intenzione a diventare un punto di riferimento non solo per il Piemonte: 40 band, tre palchi e un'ottima affluenza di pubblico. Abbiamo chiesto a Fabio Battistetti - presente al festival con il suo progetto Eniac - di raccontarci questi tre giorni.



No Fest!: non è la negazione del festival o del resto, ma è l'affermazione (c'è il punto esclamativo) di esperienze musicali importanti realizzate al di fuori degli schemi consueti. Il luogo del festival, Via Cigna 211, ha tutto un suo significato, è qui che 15 anni fa quando c'erano solo le sale prova e la sala anziani, scoprii l'autoproduzione (Suck Cops Factory) e tra quel che accadeva negli scantinati ed il gruppo che apre il festival, c'è un continuum perchè se ogni azione è la conseguenza di una precedente, beh ce ne sarebbe da raccontare, sui musicisti in cartellone. La prima immagine che vi mando è quella del duo Otot Zafrol che si diverte allegramente a suonare i propri brani folkish punk; poco dopo attaccano I Treni All'Alba, particolarmente ispirati dalla dimensione agreste e rilassata che hanno di fronte.



(I Treni All'Alba)


Il palco all'aperto, intitolato a Fred Buscaglione ha offerto solo i primi due set, dopo di che si è passati a quello interno dedicato a Ronnie James Dio, qui i Vulturum aprono le porte alle tenebre col suono possente di due batteristi e con la profondità degli arpeggi del chitarrista; l'impeto dei tre lascia l'aria perturbata tanto che la partenza dei Father Murphy fatica nei primi due brani, dopo di che ritrovano la magia e ci trascinano ad una messa nella campagna del Texas al calar del sole ed il loro rito si compie in pieno.



(Vulturum)


Seguono i Fauve! Gegen a Rhino che piazzano in mezzo al palco un mixer, un synth, rullante e timpano, dietro ai quali si posizionano tre ragazzi dall'aspetto timido, ma che dopo un introduzione soffusa iniziano a picchiar duro facendo il verso al barocco dei Matmos ed alla psichedelia in 4/4 dei Fuck Buttons. I torinesi Dvdisk faccio fatica a seguirli nonostante fossi curioso della loro esibizione perchè il loro set up è composto da due proiezioni, laptop e batteria, invece rimango perplesso perchè oltre a chiari rimandi al passato (Mgz e Disciplinatha) non vi ho trovato nulla di che e la loro comunicazione visiva era anch'essa un po' troppo retrò. Intanto la sala si è riempita, ed i Buzz Aldrin capiscono al volo che è ora di far circolare l'adrenalina e forzano già dal primo brano la coniugazione del post punk verso una cadenza garage, dando al pubblico la possibilità di iniziare a muoversi; resisto alla stanchezza del venerdì sera e mi faccio ipnotizzare dai Lush Rimbaud, che scaricano a terra la tensione al suono con una chitarra trainante e un'organo degno di echeggiarmi i fasti degli Zen Guerilla (per chi se li ricorda). Un'altra immagine peculiare di un festival come questo è l'area dei banchetti delle etichette che fungono un po' da Box per musicisti, amici ed avventori dove il clima è sempre di festa, mentre son lì sento i Dub Pigeon attaccare, sul palco Deian e Spaccamonti attendono indicazioni da Mc Ezra alle prese con un Moog mentre il batterista lo segue quasi fosse alle prese con un brano drum'n'bass, la differenza la fanno le chitarre, man mano che entrano riempono il suono di intensità e corposità e così i brani filano via lisci. C'è molta attesa quando è il turno dei Movie Star Junkies, freschi della pubblicazione del secondo album, "A Poison Tree", che suonano quasi per intero senza risparmiarsi, incitati da un pubblico entusiasta. In chiusura arrivano gli X-Mary, che a Torino han fatto breccia nel vecchio cuore hardcore della città, i loro concerti sono sempre un bel momento di partecipazione collettiva e così è anche stavolta, tutto sotto la direzione dell'istrionico cantante.



(Buzz Aldrin)


La seconda giornata si apre con la pioggia, così tutti i concerti vengono spostati all'interno senza che la scaletta subisca particolari ritardi (qui il plauso va agli organizzatori). I Nurse! Nurse! Nurse! provano a cacciar via il maltempo con esplosioni sonore di basso/batteria in mezzo a pause piene di tensione, dopo di loro arriva sul palco Jonathan Clancy e cambia registro, esegue semplicemente canzoni, accompagnato da un bassista: dalla mia vista sparisce il palco e compare una distesa deserta dove His Clancyness mi accompagna nell'attesa che passi un qualsiasi automezzo pronto a raccattarmi. Passa un vecchio camioncino mezzo arrugginito ed al volante c'è Mr Occhio che con un sorriso mi fa "Monta dietro!" e si parte: guida calzando ai piedi delle scarpe con su un paio di maracas e batte il tempo con le stesse su un rullante ed una cassa, ha una chitarra sgangherata quanto il fantomatico automezzo e mi strilla le sue ballate di donne e storie andate a male. Rientro nella dimensione reale quando gli Shipwreck Bag Show stanno posizionando gli strumenti, tra i presenti c'è curiosità nell'assistere ai preparativi conoscendo gli strani strumenti che Xavier Iriondo usa; attaccano secchi ed incantano, il suono che tirano fuori dalla batteria, dal Mahai Metak e dagli effetti è compulsivo quanto ricco ed in alcuni brani Roberto Bertacchini canta con impeto ed immediatezza, peccato che la loro esibizione subisca più interruzioni per problemi elettrici. Seguono i due set elettronici del festival il primo è il mio, Eniac, e per ragioni di conflitto d'interessi salto; Wolther Goes Stanger si presenta in duo con macchine e percussioni, ma non rende come sui dischi, anzi a tratti mi sembra di ascoltare solo un attacco compulsivo di percussioni, dalla sua c'è il fatto che il soundcheck è stato fatto giusto prima di iniziare.



(Inferno)


Nel frattempo nell'area esterna dedicata al Prof. Bad Trip inizia la Comic Battle, un contest tra fumettisti e disegnatori che raccoglie intorno una folla entusiasta nel seguire l'evolversi delle storie disegnate che per i primi 4 classificati significheranno la pubblicazione di un volume per Eris Edizioni, la casa editrice dall'etica "open" che ha organizzato la battle. Intanto sul palco di Dio (R.J.) si sono esibiti: i Jumpin Quails che nonostante l'impeccabile esecuzione non mi hanno lasciato alcun che; i Miranda che con umiltà hanno espresso il loro mondo retro-futuristico, direi al pari dei Buzz Aldrin ma un po' più spastici nel ritmo. I Luminance Ratio suonano nel momento in cui la sala è al massimo della capienza ed incollano i presenti a se, creando uno stato di tensione fatto di dissonanze e feedback manipolando chitarre ed effetti. Lo stato di tensione rimane lì nell'aria ed i Lento lo fanno loro trasformandolo in un intenso e costante groove post hardcore. Tra la pioggia ed il tono che la serata ha preso, temo possa giungere l'Apocalisse, invece i Canadians aprono il cielo e finiamo da Arnold's nel video di "Buddy Holly" degli Weezer. Alla volta degli Inferno scatta come per gli X-Mary il delirio tra il pubblico: loro scagliano saette metalliche una dietro l'altra quasi senza mai fermarsi.

Il terzo giorno ci accoglie un cielo grigio ma il colore arriva dai gruppi che esibiscono nell'area esterna sotto al pergolato, apre il duo Skulla e Mr Green con delle scassatissime ballate che riprendono vecchi canti anarchici, dopo di che l'Hobocombo esegue un raffinato ed emozionante tributo a Moondog. I King Suffy Generator suonano mentre cade la pioggia, ma per loro è come se splendesse il sole e firmano così un altro bel quadretto del No Fest! Si passa al palco interno e gli Aucan inondano la sala con un mare di watt e megahertz con la potenza dei synth e delle chitarre fulminanti, non si può fare altro che rimanerne impressionati; i Lucertulas non rimangono spiazzati e saturano il suono con un impatto più nervoso ed essenziale. Stefano Pilia si presenta da solo con la chitarra ed elabora fraseggi di elettro acustica prima di lasciarsi andare verso stratificazioni di distorsione. Be Maledetto Now! con due soli synth raggiungono uno stato di tensione al pari di quello ascoltato con i Luminance Ratio evidenziando il lato più psichedelico. I RUNI sanno che questa è una festa ed allora si divertono, tralasciando un po' il loro background sui generis per puntare all'essenza e va bene così! Gli ZEUS! e Dogs For Breakfast invece non concedono sconti e spingono sulla fisicità del post hardcore rabbioso ed aprono la strada al monolite Last Minute To Jaffna, praticamente ineccepibili. Il gran finale vede inscenarsi il teatrino di Musica Per Bambini che in quattro mosse raccoglie sotto al palco tutto il pubblico rimasto per uno spettacolo esilarante che riassume tutto il festival in un concentrato di gag e canzoncine.


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L'articolo Spazio 211 - Torino di Redazione è apparso su Rockit.it il 2010-06-18 00:00:00

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