Stellan Veloce nel buio che trema

Violoncellista di origine sarda, ora a Berlino, con "Complesso spettro" porta le sue visioni in un disco tetro e affascinante al tempo stesso. Free jazz, post rock, classica contemporanea e pure le launeddas della sua terra, per due suite di sperimentazione pura da cui farsi rapire

Stellan Veloce - foto di Silvia Maggi
Stellan Veloce - foto di Silvia Maggi

Nome svedese, origine sarda, casa berlinese. Sono pochi gli elementi biografici che Stellan Veloce, violoncellista, lascia dietro di sé. Perché alla fine non serve, sarebbe tutto un ricamare attorno a quello che deve essere centrale nel discorso, anche se può capitare che ce lo si dimentichi, ossia la musica. E per Stellan lo è, tanto che la percezione che l'individuo scompaia all'interno è accentuata dal titolo del suo disco d'esordio: Complesso spettro, pubblicato lo scorso aprile per l'etichetta Hyperdelia.

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Qualcosa, però, sappiamo. Come la sua appartenenza al collettivo Y-E-S.org, o le collaborazioni con l'allucinato pop di Peaches, Kat Frankie, Dear Reader, fino alla ballerina Sheena McGrandles. Ora arriva il suo debutto vero e proprio con un progetto personale, all'interno di un disco composto da due lunghe suite – rispettivamente 18 e 16 minuti – in cui l'unico, lugubre punto di riferimento è proprio il violoncello di Stellan, che si snoda attraverso forme sonore rarefatte e eterogenee. E in cui vale la pena addentrarsi, o quanto meno provare a farlo.

Il lato A è Brackish, che già dai primi secondi ci porta nelle sfilacciate struttura di Stellan, qui alla guida delle improvvisazioni di un ensemble internazionale – composto da Andreas Dzialocha, Julia Reidy, Earl Harvin e Bridget Ferrill – per ore, poi arricchite da un lavoro di taglia-e-cuci con una serie di registrazioni provenienti da vari angoli del mondo.

C'è proprio una sensazione di risveglio in mezzo all'oscurità che accompagna le prime battute del brano, con il passo incerto che tremola in mezzo a sporadiche rullate, cigolii dissonanti, arpeggi crepuscolari di chitarra, echi taglienti che fendono l'aria. Viene a crearsi una terra di mezzo tra classica contemporanea, free jazz e lacerazioni post rock, con stratificazioni libere che plasmano scenari imperscrutabili immersi nel buio. È questa la forma del Complesso spettro, ectoplasma fluido che ribolle nell'oscurità e vibra irregolare. Fino a bruciare negli ultimi, affannati minuti del brano.

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Dall'altra parte c'è Briny, che in maniera simile evoca ambientazioni cariche di tensione, anche se ben più distese e smussate. Qui l'arrangiamento appare ben più minimale, un quasi drone dalla spiccata componente emotiva, umana, che si riflette nell'intreccio allentato di corno, launeddas, basso, harmonium e – ovviamente – violoncello.

Elementi molto differenti e atipici tra loro, con tanto di strumento tipico delle radici di Stellan, che proietta le ombre sonore in un ambiente raccolto e meno angosciante, mantenendo però un costante grado di nervosismo. Un collage sonoro astratto di cui riusciamo a cogliere solo i singoli momenti, mentre nell'insieme rimane un organismo enigmatico, sfuggente e affascinante.

Stellan fuori fuoco - foto di Silvia Maggi
Stellan fuori fuoco - foto di Silvia Maggi

L'esplorazione avviata con Complesso spettro sembra essere per Stellan Veloce il primo snodo fondamentale di un percorso, un punto di partenza che si immerge in un universo freddo e tetro, per scoprirne i meccanismi più misteriosi. Sono visioni che Stellan ha avuto modo di elaborare nel corso della sua carriera, fino ad affrontarle in prima persona adesso, con un progetto capace di portare chi ascolta dentro a un disco difficile – Complesso, appunto – in maniera graduale, quasi delicata. Fino a stregare chi ci si trova invischiato dentro.

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L'articolo Stellan Veloce nel buio che trema di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2022-07-20 10:39:00

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