Come pogare in salotto col ritorno del thrashcore

Storia e gloria della musica più veloce e aggressiva d'Italia, il thrashcore dai Raw Power ai Krangs e ai Danny Trejo, per tirare fuori bandane , skate e ricominciare a pogare (per ora in casa)

Gli Slander live ai tempi degli assembramenti
Gli Slander live ai tempi degli assembramenti
10/08/2021 - 09:55 Scritto da giorgiomoltisanti

Confrontandomi con quella che è la mia “bolla sociale” nei giorni precedenti alla scrittura di questo articolo, mai avrei creduto di dover partire con uno spiegone. E invece “Ma poi che è di preciso il thrashcore?” è stata una delle domande più frequenti che mi sono sentito porre. Giustamente, tra l'altro, vista la confusione che fa mettere nel calderone dei discorsi gruppi, anche validi, come Game Over e National Suicide e Anal Slave of Satan, assai poco core e molto thrash. Oppure, alla rovescia, inserendo A.I.D.S., UralKrangs in una raccolta, anche questa apprezzabile e appassionata, intitolata (però) inequivocabilmente Italian Thrash Annihilation (Planet K, 2021) e quindi trattata sopratutto sulle pagine metal-oriented.

Dice Wikipedia: "Il thrashcore è una variante più veloce e più aggressiva dell'hardcore punk nata negli USA all'inizio degli anni Ottanta. Si tratta di una forma di hardcore punk più rapida, ma differente da quest'ultimo per il frequente utilizzo del blast-beat e una strutturazione diversa dei riff, più vicini al thrash metal che all'hardcore”. Io direi definizione perfetta, che potrebbe essere ampliata solo dicendo che molti gruppi thrashcore trattano soprattutto antimilitarismo e ribellione, in linea con la maggior parte delle band HC, e sono talvolta collegati alla cultura degli skaters o a quella straight edge.

 

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Questo garbuglio di opinioni e la confusione che ne deriva non è fatto recente. Pure prima non tutto era chiaramente thrashcore come per i ferraresi Madhouse. Ricordo di ambigue recensioni già di Negazione, Upset Noise e perfino degli Extrema (per via di una cover di Too Drunk To Fuck dei Dead Kennedys) in cui, a seconda del recensore, le descrizioni andavano dal thrash al punk al metal, gettando il vostro affezionato in uno stato d'ansia che metà bastava. Ma erano altri tempi, tra gli '80 e i primissimi '90, nulla di che spartire con la Babele di adesso, tempi duri, in cui un guizzo “avanti” di troppo o una definizione sbagliata, ed eri bollato per sempre come poser. Fortunatamente le cose sono cambiate.

Una locandina dei Raw Power
Una locandina dei Raw Power

Così, se da un lato si è consolidata l'idea di chi suonasse cosa, e nessuno si sarebbe sognato di dire che gli Abnegate di Marco Trentacoste (poi produttore, tra i vari, de Le Vibrazioni e Giusy Ferreri!) suonassero thrashcore, nonostante fossero ispirati da varie sonorità, dall'altro i toni si sono abbassati da quando i Raw Power, effettivi prime-mover (insieme a pochi altri) del genere, e che erano stati in tour all'estero con D.R.I. e Corrosion of Conformity, con Minor Threat e Venom, hanno sdoganato questa abitudine, iniziando a dividere sfacciatamente palchi italiani (non hanno mai smesso) con gruppi punk come NOFX e/o metal come CathedralKyuss. Ricordo fosse il 1995. Quindi non mi stupisco se oggi i veneti Ohuzaru, i toscani Kiju o i cremonesi Lacerhate da qualcuno siano ritenuti thrashcore, sebbene siano palesemente fastcore i primi e qualcosa-metal gli altri.Qualcuno mi ha anche citato i grinder Merciless Precision, per dire.

Tra le notizie migliori di quest'ultimo periodo c'è stato un ritorno di fiamma del fenomeno thrashcore. Un fatto che dovrebbe solo allietarvi, che forse non vi fa saltare sulla sedia solo perché eravate troppo piccoli per ricordare il fomento di una decina d'anni fa o perché la calma degli ultimi anni vi ha indotto a un senso di mesta rassegnazione, di fronte a svariate uscite che su carta  assicuravano quel sound e poi lo rifilavano solo di rimbalzo (penso agli Underball) o promettenti uscite (penso al Ep dei bolognesi Spoiled) mandati in vacca dalla precarietà della scena in toto.

Slaughter in the Vatican
Slaughter in the Vatican

Ma io me ne ricordo bene e saprei come accoglierlo se tornasse: col sorriso come l'ho lasciato nel 2017. Anni di reale fermento e sincero entusiasmo: la nascita, poi l'evoluzione e il dignitoso scioglimento dei veneti Slander, gli Eat You Alive nati da una costola degli Antisexy, la scena lucchese di Nido Di Vespe e Devastator, quella bolognese degli ED di Future Primitive e dei Reanmaniacs di Undead Thrash Revenge; i MuD che collaborano con Mauro Codeluppi dei Raw Power, i Methedrine che celano Lucio Drusian e Stefano Bonanni degli Upset Noise in formazione. Anni in cui non ci sono solo Milano (per esempio con i Death Before Work) o Roma (per esempio con i Coloss) a sfornare band tenaci e da tenere d'occhio, ma anche Alessandria, Andria o Genova, con i Deep Throat, i G.M.C. o gli Slaughter In Vatican (“A Giò, si nun sai che sentitte sentite questi!”, mi disse una sera un tale che avevo conosciuto passandomi i The Krushers da Agrigento, e lasciandomi letteralmente di sasso), in cui le chitarre sui palchi (oltre le armoniose forme delle SG e delle Telecaster) ricominciano a essere appuntite - e a scatenare un massacro più o meno collettivo sottopalco. I segni di questa rinascita scalpitano già da qualche anno. Interrotte, neanche a dirlo, da quella pandemia che ha fermato tutto.

Già nel 2019, i Carlos Dunga con Oltre Quella Linea, gli Ural di Just For Fun e gli Shenanigans su The Rock'n'Roll Summer Camp Vol. 1 avevano scosso la baracca con brani dai riff trascinanti, cambi di tempo, accelerazioni, groove sempre ben in vista, così da rendere difficile non ciondolare la testa a tempo o far partire il mosh, insomma il meglio dei due mondi e riversato come fosse ancora il 1985 dei D.R.I. o giù di lì... ma nel momento più sbagliato di sempre.

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Nel 2020 ancora qualche scossa più assestata: i padovani AntiSexy del piccolo culto del 2006 La Vita Fa Schifo Poi... Muori fan uscire l'Ep E Ti Reincarni , i monzesi Wargame l'Ep Perpetual State Of Panic, i romani Taste The Floor regalano una Born Again nella geniale compilation Hit Mania Violence, e poi ci sono soprattutto gli album a tutti gli effetti di Definite (Exist To Persist) e Abduction (Killer Holidays On Planet Earth), i primi più votati alla parte “core” e i secondi più alla parte “thrash” ma entrambi nella misura in cui i capisaldi del crossover tra le due entità (Suicidal Tendencies, Siege, S.O.D...),  continuano a essere i maggiori punti di riferimento per tutta la durata del disco.Due vere mine che dovreste avere già consumato.

E il 2021? Faccio solo due nomi ma che credo rendano il punto delle situazione: Danny Trejo e Krangs. Distorted Reality (Indelirium Records, 2021) ricompatta la creatura Danny Trejo, che negli ultimi quattro anni era stata un po' trascurata dai sei di base a Venezia. Per chi ancora non li conoscesse, i Danny sono dei simpaticoni con belle facce da sberle dediti a un urticante miscela di thrash metal e hardcore punk dritta ed efficace, dinamica e fresca (cosa non evidente per entrambi i generi messi in campo), con un particolare amore per i film di serie B intuibile fin dalla scelta dei titoli (Nuclear Holocaust II: Lord Petri Strikes Back). Alla quarta uscita in dieci anni, si affidano a pezzi brevi (otto in quindici minuti...) ma ben costruiti e corazzati, tra sparate velocistiche sostenute dal solito Ferra (già con i Discomfort), una rallentata cool per tirare il fiato (Prisoner Of Your Head), un buonissimo guitar-work sostenuto da tre ferri e la voce urlata di Netti.

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I Krangs, da Roma, invece debuttano e alla grande con It Just Gets Faster (FOAD Records, 2021). L'approccio è in apparenza più cazzone (l'iniziale BxExExRx) ma, come un libro non si giudica dalla copertina, un gruppo non si giudica dalla prima canzone. I Krangs, rispetto a molti altri loro colleghi, conservano infatti una vena piuttosto punk nichilista che li rende capaci di produrre testi di denuncia e di protesta (Fuck White Priority, Against Reality...) che bene si alternano brani come We Hate This Song: speriamo la mantengano nelle uscite future. Anche qui il minutaggio è risicatissimo (neanche quindici minuti...) ma devastante, denso nell'amalgama e piacevole nella struttura.

Quindi se il thrashcore sta tornando, non può che farci piacere, se queste sono le premesse. E quando lo sento dire in giro m'immagino sempre quelli che all’epoca erano felici e contenti che riprendono a girare con il loro look colorato e sorridente; che tornano i testi che alternano voglia di divertimento e critica costruttiva, le bandane (che in fondo non se ne sono mai andate), gli skate (come prima), i tremila side-project tra le varie crew... Intanto ascoltate queste dritte, stappatevi un paio di birre, alzate il volume e vi ritroverete a pogare da soli in salotto.

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L'articolo Come pogare in salotto col ritorno del thrashcore di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2021-08-10 09:55:00

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