Da Twitch ai dischi è un attimo: pregi e difetti (tanti) di questo nuovo trend

La nuova wave emo-sad-punk, e non solo, è passata dalla piattaforma di streaming alla discografia, saltando tutto quello che c'è in mezzo. Merito (o colpa) dell'abbattimento dei requisiti tecnici per suonare e delle bolle che consegnano pubblici già pronti alle etichette

09/03/2022 - 09:59 Scritto da Simone Stefanini

In ordine di tempo, l'ultimo fenomeno musicale che riguarda giovani artisti e nuovi trend passa da Twitch. Dalla piattaforma di streaming alla discografia, spesso, passano ben pochi giorni di sala prove. Svariati nuovi "progetti", perlopiù emo - punk - post trap o acustici stanno usando (più spesso è il contrario, direbbero i meno integrati tra gli esperti di comunicazione) uno dei mezzi che più di altri in questo momento dà la possibilità di essere conosciuti e seguiti da migliaia se non milioni di fan, poi producono un pezzo ben conoscendo i gusti del proprio pubblico, con la garanzia di essere seguiti anche in quella direzione.

Non è una novità, è già successo con il cinema, con l'editoria libraria e altrove. Ma i numeri del "fenomeno" stanno diventando interessanti anche in Italia, anche per la musica. Niente di scandaloso, ci mancherebbe, stanno solo perfezionando un trend che per altro funzionava già ai tempi di YouTube, pensate a quanti sono passati da fare i video delle cover in cameretta alla discografia senza mai aver fatto un concerto o suonato con una band. Un trend che dura da 15-20 anni e che oggi funziona perfettamente con il "social" viola, cioè da quando Twitch è diventato, per un sacco di giovanissimi, la nuova tv e i creatori di contenuti le nuove star.

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Se un tempo la musica si rivolgeva al pubblico e al limite si creavano le divisioni di genere, quindi di gusto (pop, metal, dark, dance etc.), oggi le bolle sono perlopiù di pubblico personale, tirato su con le proprie dirette e con quelle della propria crew di persone affini. Collettivi digitali che creano contenuti per la piattaforma, coinvolgendo in prima persona gli utenti che si sentono parte integrante del progetto, abbonandosi e sovvenzionando i canali per poi sentirsi tra i primi ad aver supportato gli artisti. Twitch in questo garantisce una possibilità di "ingaggio" altissima (motivo per cui piace anche a noi).

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Quello che accadeva prima dell'internet 2.0 ai concerti o comprando i demo in cassetta per posta, oggi segue il solco tracciato da MySpace, Bandcamp, SoundCloud implementandolo con il linguaggio social-televisivo che simula vicinanza, che ha incrementato la sua potenza nelle lunghe giornate in lockdown negli ultimi due anni. Con le nuove tecnologie che permettono il dialogo in tempo reale, oltre alla creazione di "metaversi" più reali del reale, è stata abbattuta anche la soglia di ingresso alla musica, che prima ha sempre resistito. Se una cosa ha i numeri per funzionare, poi, ci pensa la discografia a rendere possibile l'impossibile. 

C'è stato il periodo in cui gli influencer di ogni campo, pure i tronisti facevano serate, ospitate in tv e pubblicavano libri, scritti ovviamente da ghost writer. La musica non ha mai ceduto troppo a questo processo (ok, c'è stato Rovazzi), perlomeno non quella che viene dal basso. Oggi invece questo processo è applicabile in toto anche ai prodotti musicali. A volte vengono fuori delle figate, o per lo meno prodotti con un qualche interesse artistico, altre volte chi arriva dalla Rete e non da una "gavetta" musicale più che sembrare un cantante sembra un cosplayer. Un cosplayer pensato (a cominciare dalla propria immagine) per funzionare.

Per tutta una nuova generazione di fruitori di musica, il rock o il rap del passato non sono stati vissuti, quindi è come se non fossero mai neanche esistiti. Quando i nuovi rapper trapper o i punkster emo sad che oggi proliferano – e che magari originariamente erano dei gamer e oggi invece hanno una potentissima "tv privata" per ogni loro istanza – copiano look, slogan, frasi, capelli, video di quelli precedenti, estremizzando il tutto in modo da far sembrare il vecchio una pallida imitazione del nuovo, trovano un terreno fertile, quasi vergine. E comunque i follower sono ampiamente fidelizzati, e questa è la cosa più preziosa (e monetizzabile).

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Va detta un'altra cosa, per essere onesti e un filo meno "tromboni": la musica senza tecnica di base esiste dalla fine degli anni '70 (e per altro ci ha sempre attirato), dal punk e dall'hardcore che la usano come protesta, dalla sperimentazione in cui il suono è visto come mezzo per esprimere un concetto o da semplici ragioni economiche, basti pensare a tutti i progetti nati negli anni '80 del pop o nei '90 della dance in cui sul palco stavano dei modelli o dei ballerini che prestavano la faccia mentre a cantare erano i vocalist che non comparivano mai. Den Harrow e Corona, per fare due nomi.

Corsi e ricorsi storici con la sostanziale differenza che oggi spesso vince la quantità dei numeri a dispetto della qualità del prodotto. Ma questa è una logica dominante nel nostro tempo e che sta persino sopra a Twitch, uno strumento che ha degli aspetti rivoluzionari e fantastici e che riesce a creare palinsesti alternativi alla tv generalista e on demand. E così, invece che i palchi di provincia, ci troviamo con questo luogo virtuale – spoiler: domani sarà un altro – come nuovo "vivaio" in cui i talent scout e gli a&r delle etichette vanno a pescare per proporre nuovi artisti a rischio zero, perché già forniti in partenza di un pubblico. 

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L'articolo Da Twitch ai dischi è un attimo: pregi e difetti (tanti) di questo nuovo trend di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2022-03-09 09:59:00

Tag: punk Twitch

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