Un coro di voci matte per il DR. MARTENS FEST

Lo show apocrifo di Montag all’evento del 28/10 a Milano presented by MI AMI promette di essere irripetibile: con lui un coro ben poco professionale, con l'obiettivo di portare sul palco chi di solito ci sta sotto. Perché la dimensione collettiva crea sempre magia, anche con la voce

Montag a MI AMI 2023 - foto di Mirko Pirisi
Montag a MI AMI 2023 - foto di Mirko Pirisi

Artless Choir. È questa l’inedita formazione che accompagnerà Pietro Raimondi aka Montag, cantautore bergamasco che abbiamo già visto alla guida dei Giallorenzo e di mille altri progetti musicali, sul palco del Dr. Martens Fest presented by MI AMI il prossimo 28 ottobre all’Ex Macello (qui i biglietti). Qualcosa di totalmente apocrifo, una performance di spontaneo e irripetibile situazionismo. L’Artless Choir è un coro improvvisato, formato da persone a lui vicine, dove musicisti e cantanti in incognito si trovano fianco a fianco con amici, parenti, fan. Qualcosa di mezzo matto, come solo Pietro sa essere, che abbraccia una piccola grande comunità, come solo Pietro sa fare.

D’altronde, la dimensione collettiva del coro ha sempre il suo fascino. Nella musica pop non sono rare le infiltrazioni di questo tipo: è qualcosa di trasversale, che va da Toto Cutugno che si esibisce con il coro dell’Armata Rossa a Lo Stato Sociale che a Sanremo porta con sé il Piccolo Coro dell’Antoniano, ma pure dalle armonie vocali dei Beach Boys a Bud Spencer e Terence Hill in “Altrimenti ci arrabbiamo”, se vogliamo prenderla ancora più larga. Pure Calcutta ha aperto il suo nuovo album “Relax” con un brano a cappella, intitolato proprio “Coro”, una sorta di giocoso canto alpino velato di malinconia. 

Quella del Dr. Martens Fest presented by MI AMI sarà l’unica occasione per sentire le canzoni di Dati, il disco d’esordio di Montag pubblicato lo scorso aprile, in questa versione collettiva, disordinata e a suo modo magica. E trovarsi ad annullare la barriera invisibile che il palco mette tra artista e pubblico, fino a trovarsi insieme in un’unica voce. Ecco com’è nata questa idea e cosa dobbiamo aspettarci, raccontato dallo stesso Montag.

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In verità non potevo fare un concerto con la batteria e non volevo fare l’ennesimo chitarra e voce della mia vita. Fare una cosa a metà, mezza stilosa mezza di necessità, non mi andava. Così, invece di un concerto, il 28 Ottobre al Dr. Martens Fest ci sarà una specie di caciara. Ho appiccicato il nome di “coro” a un gruppo di tiratx in mezzo, circa 30 persone, che si accolleranno di cantare dal vivo alcune canzoni dal mio ultimo disco. Ci sono amici e qualche entusiasta del suddetto disco: quello che normalmente è il pubblico di un mio concerto. Il fatto è quindi che il pubblico sarà sul palco a performare - e spero anche ad ascoltarsi reciprocamente.

Alla parola “coro” ho associato poi “artless”, che vuol dire contemporaneamente “senz’arte” e “ingenuo”, perché non vi aspettiate un’esibizione degna di un conservatorio o del migliore Coro Alpino. Per quella mezz'ora di esibizione non voglio di mezzo l’ingombranza dell’”arte” nella sua accezione più esatta, tecnica, artistica. Vedetela proprio come un’invasione di campo del pubblico sul palco.

La prima volta che ho cantato in un coro era il coro delle scuole elementari. Insistetti per farne parte nonostante la maestra di musica non avesse notato in me particolari doti canore o sensibilità armonica. Era difficilissimo seguire gli altri ma al contempo tirare dritto con la voce giusta. Non mi ricordo poi se abbiamo mai fatto un’esibizione pubblica, forse a Pasqua in una chiesa, boh. Fatto sta che da lì in poi il mio rapporto con la musica cantata assieme è sempre stato quello: desiderare molto di fare parte di qualcosa, poi far casino per farmi notare e poi ritornare al mio posto, e tendere le orecchie per non perdere il punto quando gli altri ti stanno guardando veramente male. 

Forse anche per la fatica che è stare dentro ad un coro ho poi mosso ogni mio sforzo con la musica nella direzione di scrivere canzoni il più presto possibile, senza manco saper fare il barrè. Dire la mia e imprimerla su qualche supporto elettromagnetico senza mai dover aspettare il mio turno o il permesso di strillare. Con i majno, i GIALLORENZO e con i lavori che svolgo e ho svolto nella musica, ho sempre poi avuto modo di tornare in un coro: fare il mio in un’espressione che non è solo mia.

Ultimamente mi sto rendendo conto che la dicotomia, la separazione tra espressione di sé e gesto armonico collettivo è una robaccia che c’è soprattutto nella mia testa. Mentre in realtà un coro è innanzitutto un ribaltamento di questo fatto qui: che in pochi si suona e in tanti si ascolta, che chi canta e chi ascolta siano persone diverse, con ruoli e gerarchie diverse, che l’essere autore di qualcosa ti dia un qualche tipo di privilegio su chi invece quella cosa la fruisce. Al contrario, per cantare insieme occorre davvero ascoltarsi e per ascoltare davvero occorre mettersi dentro con i propri affaracci in quello che qualcun altro canta, se no cosa lo paghi a fare un biglietto.

Per me, il massimo piacere di scrivere musica leggera è sentire amici e sconosciuti che la cantano. Così provo a mettere questa cosa sul palco per farvela vedere. Chissà cosa viene fuori. L’unica cosa che so è che a sto giro non servirà essere particolarmente intonati per essere invitati dalla maestra di musica a far parte del coro.

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L'articolo Un coro di voci matte per il DR. MARTENS FEST di Redazione è apparso su Rockit.it il 2023-10-26 14:50:00

Tag: live MI AMI

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