Una sporca dozzina contro il logorio del pop moderno

Dal punk al cantautorato più storto, dall’hardcore al math rock, ma anche un pop nuovo e senza sofisticazioni: abbiamo scelto una manciata di artisti e band perfetta per il freddo che avanza. Pigliatevi ’sta sberla!

Stage diving alla Festa di Dischi Sotterranei a Padova - foto di Jackpack
Stage diving alla Festa di Dischi Sotterranei a Padova - foto di Jackpack

A costo di sembrare ancora una volta un pochino ridondante, ribadirò che parlare di musica non è mai un'attività neutra; figurarsi lo scriverne se, come dicevano i latini, "verba volant scripta manent". In questo senso, supporto e sussulto davanti alle tesi sibillinamente enunciate dal nostro inviato a Padova, Vittorio Comand, quando all'inizio della settimana scorsa ha parlato della Festa dei Dischi Sotterranei in quel del Pedro.

Scrivere di quel festival, così come scrivere queste mie ricapitolazioni di quanto è uscito di più “sommesso” negli ultimi quindici o trenta giorni, sono attività concrete e sovversive in quanto educative: è bastato che, vi occorresse una prova provata, col benestare della redazione, si spostasse la mia attenzione dai soli dischi ufficiali alle auto-produzioni e ai singoli per vedersi recapitati in autonomia decine di ascolti di alta qualità, per i quali l'infiocchettamento del prodotto discografico fatto & finito nulla può di fronte a decenni che hanno storicizzato l'indiscusso fascino della bozza a suon di adagio pre-meme “era meglio il demo!”.

video frame placeholder

Nei basement redazionali, dopo avervi dato l'assist per andarvi ad ascoltare i bresciani Kick, gioia e  rivelazione fedele alla Factory anche quando la Factory non c'è della due giorni padovana, in attesa di sentire qualcosa dei Rescüe Cat della nostra Vittoria Brandoni e della vostra prossima boyband satanica preferita, gli Eucarestia, con due post-it bene appuntati sul frigo per il nuovo album dei bolognesi krishnacore Corpo Estraneo e la ristampa rimpolpata del seminale Sguardo Realtà degli iconici Indigesti, una tra le radici del hardcore italiano degli anni '80, per iniziare la sfilza di nomi di potenziali Saranno Famosi, apriamo le danze dei buoni consigli de noantri con la tripletta composta dalle tre C: Casx, Claudym e Le Cose Importanti. Con buona pace di quelli che ai piani alti necessitano delle Annalisa o peggio mi sento Elodie per sculettare noi continuiamo a ballare sui Joy Division (e a celebrarne l'ironia) e ci va anche bene così.

Di tutte e tre finora ne ha parlato abbastanza poca gente che, quando mi è capitato di intercettarne i nomi (tirando in ballo paragoni con Beach House, Lauryn Hill e perfino i Salem), mi sono sentito compreso come quando dico che sono di Roma e l'altro non mi chiede “Ma Roma Roma?!”. Casx ("Si legge Casper") torna con un nuovo singolo, Bianca, dopo le otto tracce di Nessuno vuole essere mio amico, dove evoca vaghe ascendenze di witch-house in quello che per un periodo veniva detto shoegaze, il tutto col cantato sempre più imbronciato della media.

video frame placeholder

Claudym oltre essere una cantante è un'illustratrice e si vede, il suo progetto è pura estetica contemporanea che passa con nonchalance da Billie Eilish a Bjork, a piacimento, ma è anche una che sa il fatto suo e coverizza i Verdena (Razzi arpie inferno e fiamme) in un contesto t/rap dove di Ferrari si conosce solo la macchina. Così, se il nuovo singolo Uomini Alfa appare più dilaniante alla luce dei recenti fatti di nera, l'intero appeal di Claudym si posa sull'idea che fu di Balzac di una creatura condannata a comprendere la felicità e, come tante altre, costretta a vedersela sfuggire in ogni momento.

De Le Cose Importanti per ora esiste soltanto un sussulto, Rami e tempesta, cruda fragilità irrisolta alla Kimya Dowson con vezzi queercore alla Laura Jane Grace senza avere mai sentito una nota degli Against Me! e chissà cosa ci riserva il debut-concept quando arriverà.

Proseguiamo: i Neraneve mi avevano mandato il video di Ologramma due mesi fa quando ancora neanche pensavo di scrivere queste righe. Lo avevo ignorato alla grande: contagiato dalla sindrome dell'“odio l'autunno” avevo fatto come quelli che pensano poter evitare l'inevitabile sostituendo però i tre di Frosinone alle foglie sugli alberi. E mentre ero là a teorizzare come fermare la mass despression ungarettiana loro hanno tirato fuori una auto-produzione (“Che è esigenza anche espressiva”) omonima tra le più ammalianti nel nostro scenario nugaze. Militi ignoti della scena, in cinque brani concentrano melodie e cantati affogati nel riverbero, con drum-machine di vivo sostegno.

video frame placeholder

Nella speranza che quest'anno i Maya c'abbiano preso per un opinion cheerleader dell'apocalisse come me è praticamente impossibile non citarvi almeno i primi singoli del lavoro en solo di James Jonathan Clancy. Già negli His Clancyness e Brutal Birthday, boss di Maple Death e Improved Sequence (assieme a Gianluca Cerri) esordirà, a febbraio, con un album a suo nome strabordante di ospiti speciali, Sprecato. Titolo del secolo, anticipato da Precipe e Had It All, tracce che sanno di Scott Walker in un'epoca in cui servirebbe ancora uno Scott Walker. Il cowboy alieno dedito a un folk cosmico pre-Armageddon di cui non sapevamo avere bisogno.

Le foto di Eugenio Sournia spezzano il cuore in '99 per una assurda somiglianza al fu Mark Sandman. Continuando a fomentare la fuga dei cervelli, Emma Nolde ne ha prodotto il primo lavoro solista e il frontman dei Siberia risponde con un EP che coniuga la vecchia scuola dei Sergio Endrigo e dei Piero Ciampi con la nuova degli Appino e dei Renga (prima che avesse un mutuo da pagare, figli da iscrivere a nuoto e soprattutto iniziasse a piacere a mia madre) in un nuovo modo di viversi sia il cantautorato indie che il proprio dolore di vivere.

Proseguiamo la nostra ascesa verso la crème degli un-popular group coi romani AlGot e from Bologna with love i Big Cream. È tropicale il nu-tradizionalismo con il quale i primi sciolgono in rima le soluzioni math e le aperture post, in questo secondo lavoro intitolato Ouch il suono che pulsa è mischiato a canzoni quasi jazz-core e influenze subliminali di carezze world-punk 2.0 (qualcuno ricorda i Yeasayer?) e sprazzi di elettronica alla Thrill Jockey: in scivolata uno degli album minori migliori di non-post di questo 2023 alla fine.

video frame placeholder

Gli orgasmici (dai che ci eravate arrivati!) Big Cream scrivono il proprio manifesto Sticazzista con il doppio singolo Quiet Quitting/Doppelgänger; un post-punk situazionista come quello usato un tempo sul Mucchio per descrivere sia band statunitensi come i Dinosaur Jr che inglesi tipo gli Happy Mondays, un inno allo slakerismo un tempo osannato da quella generazione venuta su a pane e Harmony Korine e che è cosa buona e giusta non si assopisca nella cultura dell'iper-produttività in cui ora siamo immersi. A fare tifo e cori c'è anche Costanza Dalle Rose (Koko Moon, Be Forest), con la quale i Big Cream hanno diviso l'esperienza del SXSW.

Non c'è due senza te, i Tiger! Shit! Tiger! Tiger! escono con il singolo, Stones, che mi lancia con una catapulta medievale in tema di recupero 90's, una canzone bellissima e bangheggiante che farà scapocciare tutti gli orfani degli anni d'oro della Sub Pop. Dalla forma alla sostanza, concludiamo questa gitarella alzando il pogo con quattro novità punk ebbasta.

"Take it Dee Dee: One two three four": grande ritorno per i torinesi Madbeat che con il nuovo disco La ballata dei bicchieri vuoti hanno definitivamente aperto le porte alla New Wave Of Turin Punk Hardcore; avevano già raccolto consensi coi singoli e ora confermano le aspettative con il pacchetto completo di dieci nuovi brani, energici ed emozionanti, capaci di unire l'attitudine Oi! a inflessioni rock di metà anni 2000 senza indispettire né gli skinhead che gli indie che, di quanto sono permalosi entrambi, è già un mezzo miracolo.

video frame placeholder

Sempre più convincenti i The Hurricanes da Cagliari che, pure loro dopo un paio di canzoni non passate inosservate alle orecchie più attente, giungono all'esordio, Ghostwriting, con un'estetica che ricorda gli Interrupters e un sound che si rifà ai Rancid era Radio, la marcia in più è data da uno storitelling capace e personale che ha nel racconto della propria terra il punto di forza.

Chiudono in cazzimma l'EP omonimo dei Guasto e il singolo dei Packers: i primi fanno punk italiano vecchia scuola come potevano farlo Derozer, Pornoriviste o Crummy Stuff e fa scendere una lacrimuccia pensare che ci sia ancora chi sollazzi le nuove generazioni di ventenni in questo modo, i secondi da Pesaro nei 3 minuti di Wasting Time dimostrano che si può ancora fare hardcore melodico in Italia senza fare venire voglia a chi ascolta di buttarsi a destra.

---
L'articolo Una sporca dozzina contro il logorio del pop moderno di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2023-11-27 10:39:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia