Un'eclissi di I'M Not a Blonde

Chiara e Camilla, le due anime della coppia electro-pop, dialogano tra loro sul buio e la luce, le tenebre e la speranza tra cui mai come oggi dobbiamo imparare a fare sintesi. Loro ci sono riuscite nell'album "Welcome Shadows, This is Light"

Da sinistra Camilla e Chiara - tutte le foto sono di Alessia Cuoghi
Da sinistra Camilla e Chiara - tutte le foto sono di Alessia Cuoghi

Il buio, poi la luce. La dicotomia eterna, che fa parte delle nostre esistenze sin dal primo respiro. Dalle ombre alla luce e le speranze si muovono anche le I'm Not a Blonde, duo electro-pop di base a Milano composto da Chiara Castello e Camilla Benedini. L'8 aprile è uscito per INRI/Metatron This is Light, il loro nuovo Ep, realizzato con il sostegno di Italia Music Lab, che segue e completa Welcome Shadows, uscito a dicembre 2021. Insieme, i due EP costituiscono l’album Welcome Shadows, This is Light, il quarto nella discografia del duo. Dai tormenti alla speranza, dall'inverno alla primavera: il lavoro di Chiara e Camilla racconta un dualismo che sempre si terrà e lo fa dando spazio alle emozioni, lasciandole fluire. Lo fanno anche in questo dialogo, in cui raccontano il loro rapporto con il buio e la luce.

CAMI: Chia ma ti rendi conto che sono usciti i nostri 2 Ep, passati due anni da quando abbiamo iniziato a lavorarci? Perché alla fine uno non si rende conto di quanto lavoro c’è dietro ad un disco. Il risultato è che quando oggi devi raccontare del tuo album, e quindi di una parte di te, dei tuoi pensieri, perché l’hai fatto cosi etc. In realtà stai parlando di una te che oggi già non esiste più, o solo in parte. Perché in questi due anni qualcosa è successo, sei cambiata , il mondo attorno a te è cambiato... certo guardando bene non è cambiato poi tanto ne l’intorno, né la mia visione… Cioè allora mi sembrava incredibile che arrivasse un virus e ci chiudessero in casa, e tutte le mie libertà fossero limitate, di avere paura di abbracciare i miei amici e la mia famiglia, che saremmo tutti potuti morire cosi, per una cosa invisibile. Eppure, nonostante ora la paura per il virus se ne sia andata, la mia paura della morte è ancora qui. E non credo sia dovuto alle notizie della guerra in Ucraina, ma credo sia proprio una cosa che sempre mi porterò dentro, quella sensazione che un giorno le persone a cui voglio bene non ci saranno più e io non gli ho detto delle cose, o fatto delle cose che tanto avrei voluto fare. Non ho fatto abbastanza insomma.

CHIA: Insomma mi stai parlando di WHITE ROSES? Quando esattamente l’abbiamo scritta? Quando sentivamo il quotidiano lamento delle sirene delle ambulanze fuori dalla finestra? Ok io sono la parte “Luce” del nostro duo, ma cosi, con questo tema, mi metti subito alla prova. Non è facile essere positivi davanti al tema della morte e comunque la positività non toglie mica il dolore. Il dolore rimane sempre e comunque. Più che positività quello che mi piace provare a fare, è cambiare il mio punto di vista sulle cose, uscire un po da me, immaginarmi diversa, più ampia, immaginare un’altra possibilità, che includa molto di più di quello che sappiamo.

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CAMI: Sì, sì, lo so che tu sei quella positiva, che non hai la vista monolocale come la mia, ma a 360 come i camaleonti. Un po' come in 2 FISH quando mi dici “don’t be afraid of the deep … if you just could see beyond you and me“, proponi di buttarmi e accogliere anche l’imprevisto, perché meno pianifichi e più la vita ti sorprende. Ma non è facile. Ci sono dei momenti in cui ci riesco e accolgo questo concetto ed altri che faccio più fatica e non riesco a vedere la morte se non come la fine di tutto.

CHIA: Ma sai io cerco di pensare alla morte come indispensabile parte della vita perché senza di essa non ci sarebbe la vita, come la notte senza il giorno e come la luce senza il buio, vabbé ok ora mi dici che sono concetti difficili, rimaniamo piú semplici... sono come due parti indispensabili che insieme creano un qualcosa che è più della loro somma, come me e te che insieme siamo I’m Not a Blonde, credo che le nostre canzoni siano qualcosa di piú... oltre a noi. Comunque su questo concetto del “cambio di punto di vista” mi ricordo ho cominciato a rifletterci uno dei giorni di marzo del primo lockdown, nei lunghi silenzi di quei giorni in cui cercavo ristoro nella musica e ho ascoltato Both Sides Now di Joni Mitchell, e ho sentito risuonare qualcosa e credo mi abbia ispirato alla riflessione sul vedere un po di luce anche nella fatica di quel momento. Quello stesso giorno ho scritto il testo di Speak Loud.

CAMI: Pensa che mentre tu vedevi la luce io mi leggevo 1984 di Orwell (ride). Non so come mai, dev’essere una sorta di meccanismo masochista, che mi ha fatto venire la voglia, in un momento cosi spaventoso come quello del primo lockdown, di leggere un libro cosi cupo e angosciante. Però è stato interessante, ci ha portato a fare tante riflessioni rispetto al mondo in cui viviamo, ai giudizi e alle imposizioni, la fatica di essere noi stesse, soprattutto ripercorrendo le nostre storie di quando eravamo adolescenti, la scoperta di noi stesse, della nostra sessualità e la voglia di esplorare, di buttarsi nelle cose, ma convivendo con la paura di non essere accettate. Secondo me nella musica del nostro pezzo 1984 queste emozioni si sentono tutte. Tu però sei riuscita ad accogliere la parte più fragile di te vero?

CHIA: Sì, credo di sì. O comunque ho fatto del mio meglio per farlo, MY BEST. Che poi fondamentalmente significa accettare il fatto che dentro di me ci sarà sempre quella parte “piccola, infantile, fragile” che ogni tanto si fa sentire e ha bisogno di essere accudita e rassicurata…credo di aver imparato a non guardare dall’altra parte sperando che sparisse perché non mi piaceva ma le ho teso la mano dicendole di venire a sedersi vicino a me. Sto facendo pace con queste parti di me “come sit with me take a look at yourself then look at me again, we did the best of what we could…”. Tu invece sei accogliente con quelle parti di te?

CAMI: Penso di aver imparato a farlo abbastanza, ma c’è voluto del tempo e del lavoro su di me. Soprattutto ho dovuto imparare a vederle queste parti piccole, perché spesso neppure le riconosci. Senti solo che qualcosa ti sta ferendo e la vuoi allontanare ma non ti rendi conto che quella cosa è dentro te.

CHIA: Comunque chiacchierando mi tornano davvero in mente i ricordi del periodo lockdown, i tempi dilatati di quei giorni, e ricordo di non aver mai notato cosi attentamente la primavera nella sua evoluzione, dalla nascita delle prime foglie sui rami ancora spogli del giardino fino all’esplosione dei fiori sugli alberi con il loro tempi di crescita diversi. Non sapevo neanche di avere cosi tanti tipi di fiori sugli alberi del nostro giardino… e osservando la natura al di fuori del mio piccolo mondo di Chiara che fa la sua vita fatta di piccole gioie e dolori quotidiani, mi ha ricordato una cosa ovvia, ma che forse nel periodo pre covid avevo un po dimenticato, e cioè che esiste un mondo, microscopico ed enorme allo stesso tempo che si muove, evolve cresce e vive tutti i giorni a prescindere da me , e di cui io comunque, consapevole o no, faccio parte, come piccola particella, come una cellula, con la mia piccola parte all’interno di un corpo più grande che è quello del nostro pianeta. Questo mi dà un senso di legame con gli altri e di fiducia sul futuro e lo so che è davvero difficile sostenere questo pensiero in questo ultimo periodo storico, ma questo è il mio istinto e tu lo so hai una visione un po più incazzata su come vanno le cose ultimamente.

CAMI: Be' altro che ultimamente… sono più di 100 anni che questo povero mondo lo stiamo sfruttando e spolpando a più non posso come se la sua forza di rigenerarsi fosse infinita e soprattutto a nostra disposizione… Abbiamo poco da fare i galletti noi, non mi stupirebbe che un giorno la natura si liberasse di noi… Ho la sensazione che nonostante le esperienze e la conoscenza si sia ampliata cosi tanto, l’essere umano non abbia capito che fa parte di una “società”, di un tutt’uno con gli altri e la natura. L’individualismo e l’esteriorità sono proprio figli di questo secolo: ”they can label theirself green“ diciamo in Winter is Not Coming, no? Comunque questa conversazione sembra quasi una seduta psicanalitica (ride), per fortuna incanaliamo tutti questi pensieri nella musica, altrimenti saremmo una palla mostruosa e mentre scrivo sta andando un disco (Meg - Imperfezione) che mi piace sempre tantissimo e che trovo allo stesso tempo leggero e profondo e che ho ascoltato proprio all’uscita dal lockdown.

CHIA: Be' direi che realizzare questi due EP è stato proprio il risultato di questa nostra seduta psicanalitica, il nostro atto psico-magico condiviso con gli altri. In realtà ci siamo date questi due personaggi, Luce (io) e Ombra (tu), per parlare di noi, ma anche per confrontarci su temi e emozioni universali che sono dentro ognuno. Alla fine ci siamo trovate a non avere mai una risposta così netta, ma piuttosto fatta di sfumature come forse è appunto la vita.

CAMI: A me ha aiutato e speriamo sia stato di aiuto, anche in una piccola parte, per qualcun altro. A questo punto propongo che ci andiamo a bere una birretta: finalmente è arrivata la primavera.

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L'articolo Un'eclissi di I'M Not a Blonde di I'm Not a Blonde è apparso su Rockit.it il 2022-04-21 11:14:00

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