È un'italiana la miglior produttrice UK dell'anno

Marta Salogni ha vinto il premio come miglior producer UK dell'anno, dopo aver lavorato con Björk, Bon Iver, FKA Twigs, Animal Collective, Frank Ocean e tanti altri nomi incredibili. La sua è una storia di gavetta, umiltà, abnegazione e successo, senza mai considerare un piano B. Conosciamola meglio

Marta Salogni, al centro, mentre vince il premio
Marta Salogni, al centro, mentre vince il premio

Il Music Producer Guild inglese ha annunciato la lista completa dei vincitori del 2022 MPG Award, che proclama i migliori professionisti nel campo di registrazione, ingegneria del suono, produzione di album e tutte quelle mansioni che fanno suonare perfettamente un disco ma stanno di solito dieci passi indietro rispetto all'artista, i cui nomi non sono troppo conosciuti fuori dalla cerchia degli addetti ai lavori.

Il premio come miglior producer UK dell'anno se l'è portato a casa Marta Salogni, che aveva già vinto nel 2018 l'MPG come miglior sound engineer rivelazione e nel 2020 come miglior producer rivelazione dell'anno. Una soddisfazione immensa per una delle migliori professioniste del mondo - inteso senza alcuna distinzione di genere, come dovrebbe essere ogni lavoro. Questo è il primo livello, quello più superficiale ma profondamente radicato nel pensiero popolare, che vede tutti i lavori di backline o produzione musicale più adatti ai maschi che non alle femmine, salvo poi scontrarsi con la realtà che vede sempre più professioniste lavorare a vari livelli nel settore.

 

 
 
 
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Quindi, la notizia che Marta Salogni abbia vinto il premio maggiore in un ambito storicamente maschile fa ben sperare per tutte le ragazze che vogliano lavorare al mixer. In più, la soddisfazione è enorme perché Marta è un'italiana di successo nel mondo. Partita dalla provincia, da Brescia in cui frequentava il Magazzino 47, il centro sociale locale e la sede di Radio Onda D'Urto come attivista, presto si appassiona al vecchio mixer dell'impianto fai da te, come racconta in questa intervista

Lì incontra Carlo Dall'Asta, la persona che si occupava della regia mixer, che la prende sotto la sua ala e le insegna il mestiere: microfoni, cablaggio, componentistiche, tutto il pacchetto su come svelare la magia che riesce a controllare il suono tramite l'ingegneria. Dai sedici anni in poi, dopo scuola, va al Magazzino 47 a preparare il set del palco - spesso tornandosene a casa prima dei concerti perché non ancora patentata. Una storia come tante resa unica da un'abnegazione fuori dal comune

Dopo la maturità parte per Londra dove impara la lingua e frequenta il corso di tecnico del suono con una sola cosa in testa: riuscire a lavorare nel settore. Dopo il corso inizia subito a lavorare in uno studio partendo dalle mansioni più umili (tipo preparare tè e caffè), affiancando chi si occupava di sound design o mixava l'audio per film e documentari. Dopo aver imparato a mixare con Pro Tools e a gestire il suono, Marta si mette alla ricerca di uno studio in cui poter lavorare e inizia allo State of the Ark, partendo di nuovo dal basso con la manutenzione, ma intanto assorbe tutto. 

 

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Un'attitudine che l'ha portata a crearsi il suo quartier generale, Studio Zona, dopo aver lavorato con David Wrench con il quale ha iniziato a registrare dischi di un certo spessore. Oggi gli artisti coi quali ha lavorato sono un elenco da sogno per ogni professionista del settore: Björk, Bon Iver, Animal Collective, FKA Twigs, Anna Meredith, Frank Ocean, M.I.A., The xx, Tracey Thorn, Bloc Party, Goldfrapp, White Lies, Alessandro Cortini... praticamente la line up del festival più figo del mondo. 

Queste sono le sue parole mentre descrive l'esperienza con una dea come Björk sull'album Utopia del 2017, per cui è stata contattata in un modo piuttosto improbabile: un messaggio LinkedIn di Derek Birkett di One Little Indian, l'etichetta della cantante islandese: "È stata una sorpresa totale e forse l'unico motivo per cui LinkedIn sia mai stato utile! Non riusciva a trovare il mio indirizzo mail e voleva mettermi in contatto con Björk perché facessi un paio di mix. Non ci credevo".

E ancora: "Mi sono chiusa in studio per quattro giorni e ho realizzato così tante versioni che quasi mi sono persa. Volevo davvero che a Björk piaceesse ciò che le ho mandato. Alcuni giorni dopo ho ricevuto una email dal suo team in cui mi diceva quanto aveva amato il tutto e che voleva che facessi l'album". E ancora: "Björk si è davvero impegnata per farmi sentire parte della famiglia, veniva ad ascoltare il mix e poi la sera andavamo a fare una nuotata o a guardare un film, o a cenare da qualche parte. È stata bravissima a darmi la libertà di esprimermi".

 

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Leggendo le sue interviste traspaiono tre caratteristiche fondamentali per chi si appresta a svolgere un lavoro così importante, oltre le ovvie skill tecniche: costanza, umiltà ed empatia. La costanza ti fa andare avanti anche quando sembra di non procedere nella carriera e non ti fa demordere nei momenti più duri. L'umiltà fondamentale per non sentirsi arrivati in un mondo pieno di professionisti del settore, l'empatia per entrare in sintonia con l'artista e lavorare al meglio insieme. 

Una storia di gavetta e di successo, che parte dai palchi improvvisati delle scene DIY della provincia di Brescia e che riesce a far contare anche i lavori più umili ("Se non sai quanto zucchero devi mettere nel loro caffè, come farai a mixare il loro disco?"), fino al riconoscimento internazionale. Una role model per tutte le ragazze che si apprestano a fare il suo lavoro, un esempio per tutti i professionisti della musica. Cercate anche i suoi live in cui usa i registratori a nastro per creare musica originale, decisamente interessanti. Clap hands! 

 

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L'articolo È un'italiana la miglior produttrice UK dell'anno di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2022-06-14 10:14:00

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